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Soluzioni contro la solitudine dell’era della comunicazione

Quella che noi viviamo è stata definita l’era della comunicazione. In effetti, siamo circondati da oggetti tecnologici che apparentemente si basano sul far entrare in relazione un Essere Umano con un altro. Social network, social media, smartphone, smartwatch, smarthome… Tutto smart, tutto “intelligente”… Per far comunicare i dispositivi tra loro, forse.

Ma non così tanto intelligente da mettere in interazione autentica le persone fra di loro. Creando, in questo modo, la solitudine. Che, stando a quanto riportato dal New York Times, è una vera e propria epidemia le cui conseguenze sulla salute sono paragonabili al fumare (ben) 15 sigarette al giorno; se cronica, potrebbe portare anche a un indebolimento del sistema immunitario, con un aumento del rischio di cancro. Per non parlare del fatto che più della metà dei 20.000 americani, intervistati nel sondaggio del Cigna US Loneliness Index 2018, ha sostenuto di essere isolata o emarginata.

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Un fenomeno che, contrariamente a quanto si possa pensare, riguarda più gli adulti tra i 18 e i 37 anni che la popolazione anziana.

La soluzione con un tè

Ma c’è qualcuno che ha deciso di dire basta a tutto questo. Con un metodo semplice. Il suo nome? Ankit Shah. Ecco la sua storia. Dopo essersi laureato al college, ha deciso di trasferirsi nella Bay Area di San Francisco. Dove si sentiva isolato, dato che non conosceva nessuna persona del posto. E cosa è accaduto? Si è rivolto ai suoi amici su Facebook affinchè loro potessero mettersi in contatto con i loro amici della Bay Area. E questo per poter sorseggiare un semplice tè con lui, un estraneo ai loro occhi.

Quello che è successo in seguito ha sorpreso lo stesso Shah: c’erano più persone che volevano bere insieme a lui un tè di quanto potesse immaginare. Altro aspetto sorprendente è stata la profondità della conversazione, non riversa su argomenti meteorologici, uno dei primi soliti argomenti usati per rompere il ghiaccio tra persone che non si conoscono affatto. Ma arrivavano a chiedersi che cosa volesse dire essere in imbarazzo. Oppure che cosa riuscisse a sorprenderli o, ancora, quale fosse la loro più grande paura.

Era l’inizio di Tea With Strangers, un’associazione diventata poi internazionale, che ha come compito proprio quello di favorire la nascita di conversazioni profonde tra cinque estranei per un tempo di 2 ore a incontro. E, per farlo, si avvale di un team di 450 volontari con il compito di accogliere gli estranei, formati tanto a fronteggiare le persone maleducate o ciniche quanto a diventare dei grandi conversatori. E così, durante questi incontri, il tempo scorre senza accorgersene. Senza, cioè, che possano risultare “pesanti” o noiosi. Col risultato di sentirsi un po’ meno estranei gli uni agli altri. E, perciò, un po’ meno soli.

La Gran Bretagna le sue soluzioni contro la solitudine

Inoltre, il problema della solitudine lo si sta cercando di risolvere anche in altri luoghi, come la Gran Bretagna. Un Paese che tra i suoi Ministeri annovera anche quello della Solitudine. Che ha, tra le sue mansioni, quella di creare delle occasioni di incontro tra persone. Per fare ciò, si rivolge a dei medici che prescrivono ai loro pazienti di partecipare a tutte quelle occasioni per stare insieme ad altri. Che siano gruppi artistici o lezioni di cucina, poco importa. Perché l’importante è stare insieme ad altri. Una strada funzionale, dato che in molti sostengono di aver tratto dei benefici da queste prescrizioni mediche.

Rimanendo nell’ambito del Regno Unito, un altro metodo semplice per fare nuove conoscenze e non rimanere soli è quello dei Chatty Cafe Scheme. Inventato da Alexandra Hoskyn, consiste nel riservare all’interno dei Caffè alcuni tavoli particolari a persone che intendono conversare con altre ma, in questo caso, senza l’intermediazione di un volontario. Un’idea e una messa in pratica funzionale anch’essa, dato che dall’Inghilterra si sta espandendo anche in Canada.

C’è da sperare che iniziative di questo genere possano essere realizzate anche qui in Italia.

Comunque, un altro modo per affrontare la solitudine potrebbe essere quello di “parlare” con l’intelligenza artificiale. Ma sarebbe un dialogo apparente, falso e sterile. Perché non si farebbe altro che “dialogare” con un oggetto. Illudendosi di stare in compagnia. Quando, al contrario, si continua ad essere soli, senza un qualcuno che sappia davvero ascoltare e che possieda uno dei sentimenti che rende l’Uomo umano. La prossimità. Che non è un sensore, come quello degli smartphone. Ricordiamocelo!

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