Ricreare parti nel corpo umano senza intervento è il futuro della chirurgia fatto di gel, stampanti 3D e raggi infrarossi.

Si chiama Intravital 3D Bioprinting ed è una ricerca Made in Italy che può rivoluzionare il futuro della medicina. Il professor Nicola Elvassore è lo sviluppatore della ricerca e fa parte del VIMM, Istituto Veneto di Medicina Molecolare. In collaborazione con l’Università di Padova, decine di ricercatori e giovani studenti, da lui coordinati, hanno dato vita nel 2015 a un progetto di medicina rigenerativa, ricostruttiva e non invasiva che è sul punto di diventare realtà (qui la presentazione del progetto diffusa dall’ateneo patavino).

Cos’è Intravital 3D Bioprinting

L’obiettivo della ricerca è creare la tecnologia che consenta di ricostruire tessuto vivente all’interno del corpo qualora fosse danneggiato. Questo potrà accadere attraverso una stampa in tre dimensioni ed evitando la chirurgia. In breve, si inietta la struttura solida (un gel) nel corpo presso la parte danneggiata, lo si modella con un raggio infrarosso replicando un modello disegnato da una stampante 3D e si aiuta così la formazione di un nuovo tessuto là dove il tessuto è leso. Con le stesse proprietà chimiche.

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L’idrogel è un solido a base d’acqua dalla consistenza di un budino. La start-up Onyel, spin-off dell’Università di Padova che è parte del progetto, è recentemente diventata proprietaria di tale sostanza al fine di studiarne gli effetti.

Basta un gel

Si inietta all’interno del corpo l’idrogel costituito da acqua e molecola specifica. La molecola presenta una sensibilità alla luce, il che consente ai raggi di individuare la regione sensibile composta dal gel. Il raggio, muovendosi nello spazio, crea il solido pianificato. “Riesco a costruire degli oggetti all’interno del corpo esattamente dove voglio a partire da un gel iniettato”, afferma lo sviluppatore della ricerca, Nicola Elvassore.

Le possibili applicazioni

La ricerca ha raggiunto una svolta passando dalla teoria alla pratica: in così poco tempo si sono avuti risultati sorprendenti, tali da applicare il bioprinting sul tessuto muscolare di un topo con successo.

Finora la tecnica è stata testata su tessuti animali rispettando la direttiva italiana sulla protezione degli stessi emanata dal ministero della Salute. Contando sulla volontà di buoni investitori e sulla raccolta di cospicui finanziamenti, si passerà all’applicazione sui pazienti nel giro di tre anni e questa tecnologia diventerà realtà.

La sfida a colpi di stampanti 3D

Le operazioni realizzabili tramite l’Intravital, afferma il professor Elvassore, sono molteplici. Alcune, come la ricostruzione della cornea, di un vaso arterioso o di un tessuto muscolare come quello delle corde vocali, sono più veloci da sviluppare e già in cantiere. Altre applicazioni hanno bisogno di uno studio minuzioso e prudente: questo è il caso delle microlesioni al cervello che rappresentano la vera sfida della medicina di precisione e del progetto.

Mai più interventi invasivi

L’idea è quella di risolvere problematiche differenti che hanno in comune l’elevata precisione d’esecuzione e l’invasività d’approccio; perciò la tecnica nasce come ausilio di tecniche esistenti. L’applicazione dell’Intravital 3D bioprinting aiuterà bambini, anziani e coloro che sono più esposti a complicanze di un intervento invasivo. “Ci sarà un beneficio enorme. Vediamo un futuro brillante, ma abbiamo una grossa responsabilità. Ci lavoriamo giorno e notte” conclude il professor Elvassore.

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Flavia Santilli

Flavia Santilli

Studio presso l'Università degli Studi de L'Aquila. Ho collaborato con diverse testate. Sportiva agonista e istruttrice di nuoto. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista. E tu cosa stai aspettando?

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