Il vaccino per il Covid 19, ora disponibile per chiunque in Serbia, è un’opportunità di cui è importante valutare pro e contro.

Fin dal principio della campagna vaccinale avviata quest’anno, la Serbia si è distinta come uno dei Paesi meglio organizzati e veloci nell’inoculare il vaccino per il Covid 19 – quinta nel mondo dietro Israele, Emirati Arabi e USA e seconda in Europa dopo il Regno Unito – al punto tale da aver deciso prima di condividerlo con i suoi “vicini” meno fortunati nella penisola balcanica, poi di “aprire le porte” a tutti, stranieri compresi.

L’invito a manifestare il proprio interesse per la vaccinazione – così sintetizza il questionario da compilare come primo step per la prenotazione del vaccino per il Covid 19 – è comparso sul portale serbo eGovernment eUprava fin dall’11 gennaio scorso rivolto ai cittadini serbi e non. Nella pratica però è solo verso la fine di marzo che – forti di una copertura già notevole della propria popolazione – il Paese ha annunciato di avere decine di migliaia di dosi in scadenza da dover consumare necessariamente e così ha iniziato ad accogliere l’arrivo massivo di stranieri, tra cui molti italiani, specie dal Friuli Venezia Giulia.

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Una soluzione alla portata di tutti (o quasi)

Come riporta l’Ambasciata italiana a Belgrado l’iter è piuttosto semplice e immediato: è sufficiente accedere al portale ufficiale del sito governativo e fare domanda. Non ci sono discriminanti per la priorità di accesso: età, sesso né l’essere parte di una categoria sociale più a rischio per stato di salute o attività svolta. Basta inviare la propria “candidatura” per essere ricontattati nel giro di 48 ore dalle autorità sanitarie locali e concordare l’appuntamento.

Una volta sul posto, si firma il consenso alla vaccinazione – controfirmato da un medico del centro vaccinale in cui ci si reca – e con quel certificato si torna a casa dopo la somministrazione.

Di fronte alla prospettiva di potersi accaparrare l’immunità vaccinale prima dei tempi previsti nel proprio Paeseper giunta indicando in prima persona a quale vaccino sottoporsi – risultano irrisori il fatto che il questionario sia disponibile solo in lingua serba, che sia necessario indicare un numero di telefono valido nel Paese e persino la quarantena obbligatoria di 14 giorni al rientro con successivo tampone.

Il vantaggio della Serbia spiegato in pillole

Le ragioni del vantaggio della Serbia su altri Paesi sono molteplici e di varia natura. Innanzitutto la questione pratica di aver stretto accordi bilaterali con le case farmaceutiche con determinante anticipo, tale da assicurarsi un quantitativo significativo di vaccini, senza distinzioni di sorta, con l’acquisto tempestivo di due vaccini dall’Ovest del mondo  – Pfizer-BioNTech e AstraZenecae due dall’EstSputnik V e Sinopharm.

Questa disponibilità quantitativa e qualitativa rende senz’altro evidente come il vaccino sia divenuto un’arma geopolitica dal potere inestimabile, specie in un Paese che è oggettivamente un crocevia di interessi contrapposti.

La Serbia infatti, non essendo membro dell’Unione Europea ha meno vincoli istituzionali e ha trasformato quella che per molto tempo è stata una lacuna, in una opportunità. Non a caso, il suo status formale di Paese con maggiori difficoltà e risorse più limitate, ha permesso di beneficiare di 57.600 dosi dal fondo COVAX, il programma internazionale promosso dall’OMS per favorire l’accesso equo ai vaccini anti Covid.

Non ultimo il dato demografico. La Serbia ha una popolazione di  7 milioni di abitanti, meno di due terzi della Lombardia per intenderci.

Le insidie dietro l’angolo: il fenomeno nascente del turismo vaccinale…

Il desiderio della Serbia di accrescere il proprio potere contrattuale nel panorama internazionale è comprensibile e lecito, come lo è il tentativo di attirare quanti più turisti possibili e con essi potenziali investimenti e ricchezza nei propri confini.

Tuttavia, questo modus operandi, nasconde pericoli da non sottovalutare.

Il primo è che sta creando il precedente perfetto per incentivare il dilagare del cosiddetto “turismo vaccinale”, che promuoverebbe a livello commerciale una vacanza che nasce per ragioni di salute ma diviene obiettivo di lucro. A tal proposito si è espresso giorni fa proprio il responsabile del portale eUprava Mihailo Jovanovic, mettendo in guardia gli stranieri sui “viaggi-truffa” comparsi immediatamente su alcune agenzie in rete.

…e la tutela reale del diritto alla salute

Altro tema nodale è garantire il rispetto di un diritto inalienabile com’è quello alla salute e all’accesso alle cure sanitarie. In un Paese come il nostro, dove l’assistenza sanitaria è pubblica, è lecito interrogarsi su quanto una questione di salute possa demandarsi a delle precondizioni di partenza.

Che si tratti di avere qualcuno che ci aiuti nella procedura burocratica (in una lingua straniera non certo franca), di procurarci una scheda telefonica serba, o ancora di avere le risorse economiche e le condizioni di salute tali per permettersi di prenotare dall’oggi al domani un volo per la Serbia, pernottare e rientrare immediatamente, poco importa.

Davanti al problema reale della lentezza della campagna vaccinale, in prospettiva, si potrebbero sondare altre strade. Un’alternativa efficace è per esempio la richiesta di sospendere i brevetti e il monopolio per la produzione dei vaccini Covid 19, come proposto dalla campagna “No Profit On Pandemic – Right to Cure”, una petizione nata sull’onda delle rimostranze di India e Sudafrica ma che potrebbe comportare vantaggi notevoli per tutti potenziando la disponibilità e la diffusione dei vaccini. 

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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