La storia dell’umanità insegna che i progressi si ottengono grazie all’esplorazione di nuove esperienze e a tentativi di apprendere nozioni fino a quel momento sconosciute. Sviluppare comportamenti e competenze innovativi è un processo che inevitabilmente porta con sé un margine di rischio e la possibilità di commettere degli errori.

L’errore all’interno delle organizzazioni e nella gestione delle risorse umane è spesso oggetto di biasimo e demonizzazione.  Cambiare il paradigma culturale permette di utilizzare l’insuccesso come elemento strategico nella formazione e nella guida dei processi aziendali, generando un vantaggio competitivo unico capace di determinare il successo dell’intera impresa.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

La cultura dell’errore nel corso della vita dell’uomo

La psicologia insegna che in età infantile il bambino vive uno sviluppo composto dal continuo avvicendarsi dello schema: tentativo, errore, correzione. L’unica strada per apprendere le varie dinamiche della vita è quella di provare e sbagliare. Questo atteggiamento è perfettamente naturale e gode della benevolenza dei genitori e degli educatori che rivestono un ruolo correttivo e di indirizzo nello sviluppo cognitivo ed emotivo dei giovani.

Con l’avanzare dell’età l’errore passa da essere percepito come diritto a diventare uno sbaglio attribuito a mancanze imperdonabili. Le persone che affiancano l’individuo che commette un errore perdono la benevolenza caratteristica della formazione infantile e subentrano sensazioni di frustrazione, di giudizio e di colpevolizzazione.

La paura di una valutazione negativa genera ansia da prestazione o paura di commettere un errore e in alcuni casi diventa la causa principale dell’immobilismo del soggetto spaventato. Adottare rigidamente regole prestabilite, attenendosi meccanicamente a schemi ritenuti sicuri, diminuisce la probabilità di commettere errori, ma di pari passo stronca il progresso e la crescita personale.

I motivi dietro agli errori delle risorse umane

All’interno di un’organizzazione, la cultura dell’errore è una tematica cruciale nella gestione delle risorse umane. Alcuni tipi di leadership, legati a modelli obsoleti, stigmatizzano l’errore e, di fronte ai fallimenti del proprio team, mettono in pratica reazioni controproducenti, come la ricerca di un colpevole e la categorizzazione del problema come un misfatto di cui il dipendente deve pagare pegno.

Un corretto approccio alla guida delle risorse umane dovrebbe procedere diversamente, interrogandosi in primis sulla causa dell’errore. Se è vero che il fallimento può avere una accezione positiva, è vero anche che non tutti gli sbagli sono uguali. L’Harvard Business Review parla di una serie di motivazioni come causa dell’errore sulle quali il management dovrebbe interrogarsi per comprendere a fondo le ragioni e soprattutto i rimedi da porre in essere.

Si possono ricondurre i motivi per cui si raggiunge un insuccesso a tre grandi cluster: la mancanza del soggetto, la mancanza del processo e l’incertezza latente. L’inattenzione, la mancanza di abilità e la devianza, intesa come scostamento volontario della persona dalle raccomandazioni, sono imputabili alla categoria delle motivazioni dovute a mancanze del personale. I rimedi in questo caso possono comprendere una maggiore formazione e l’uso di strumento come le check list, in ausilio ai compiti delle risorse umane. 

Nel secondo gruppo rientrano gli errori dovuti a processi eccessivamente complessi, poco chiari o addirittura inadeguati, che l’organizzazione ha messo in atto risultando inefficace. Soluzioni per questo cluster di errori sono la revisione delle procedure aziendali, coinvolgendo il personale, e una ridefinizione delle logiche di lavoro, dei compiti da seguire e degli obiettivi assegnati ai diversi attori coinvolti.

L’ultimo gruppo di errori riguarda l’incertezza del contesto di mercato, il voler verificare una tesi di cui non conosciamo la probabilità di successo e i test esplorativi, cioè degli esperimenti volti all’approfondimento e allo studio di soluzioni su cui risultati non si hanno ancora dati. In questo cluster l’errore è parte integrante del lavoro, un elemento chiave da gestire che determina il successo o l’insuccesso di un prodotto, di una strategia commerciale, di una intera azienda.

La gestione dell’errore nelle risorse umane

Dopo aver analizzato le motivazioni dell’errore, il management si ritrova con delle informazioni preziose e con delle opzioni diverse per guidare le proprie risorse umane alla soluzione che più si ritiene corretta. Si apre la fase della gestione dell’errore con il team di lavoro.

Un dipendente che ha timore di riconoscere i propri sbagli tenderà a nascondere i risultati negativi e non ne parlerà apertamente e in modo sereno, ricorrendo al silenzio o, se messo alle strette, a giustificazioni e tentativi di evitare la conseguenza del danno.

Questa dinamica genera demotivazione, ansia e a lungo andare stasi nelle routine lavorative. L’atteggiamento manageriale giusto è quello del dialogo formativo, scevro da giudizi e del confronto con i dipendenti orientato al riconoscimento, all’accettazione e alla comprensione dell’errore, come elemento naturalmente presente in ogni attività umana.

Creare una cultura dell’errore non significa legittimare e tollerare comportamenti sbadati o svogliati, ma far sentire i propri dipendenti adeguati, anche di fronte agli sbagli, in modo da velocizzarne l’analisi e giungere alla conoscenza e alla capacità di discernere quali strade siano proficue e quali invece convenga abbandonare.

La consapevolezza è il risultato più nobile dell’errore, una risorsa di inestimabile valore e che guida nell’esplorazione di idee innovative, superando i propri limiti, quelli dell’organizzazione di appartenenza, puntando al miglioramento costante di se stessi e di conseguenza del proprio lavoro. Con le parole di Samuel Beckett, drammaturgo e scrittore irlandese: “Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio”.

Leggi anche:

Welfare aziendale: la risposta delle aziende al carovita

Formazione e lavoro: si può essere se stessi e fare carriera. La storia di Fabiana

Condividi su:
Chiara Bastianelli

Chiara Bastianelli

Laurea in Economia e Direzione Aziendale. Project manager in una società di consulenza strategica per le imprese. Appassionata di aziende, finanza e letteratura.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici