Non è semplice parlare del Sudafrica oggi. Farlo, significa affrontare un tema difficile e denso di chiaroscuri. La democrazia sudafricana è giovane: conta appena 25 anni ed emerge da una storia densa di ferite. Un passato duro a morire, che per certi aspetti fa ancora parte del presente. Ne abbiamo parlato con Titi Nxumalo, Console Generale del Sudafrica a Milano in occasione di una sfilata di abiti realizzati dalla giovane stilista sudafricana Onela Joni.

Onela, di cui abbiamo parlato in un recente articolo, è portavoce di un’imprenditoria giovanile dinamica, caratterizzata da un profilo mentale internazionale, ma allo stesso tempo dalla voglia di trasformare le proprie idee in un motore che contribuisca alla crescita del proprio paese d’origine.

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Ciò che emerge è l’immagine di una realtà in movimento, difficile da decifrare per chi non faccia parte del contesto. Quali sono i problemi principali del Sudafrica, oggi? Su che binari scorre la transizione tra passato e modernità per quanto concerne settori come le energie rinnovabili e – per esempio – la moda? Quanto è realmente rappresentativo l’esempio di una giovane imprenditrice come Onela all’interno del contesto attuale? Abbiamo parlato di tutto questo con la Console, Titi Nxumalo:

 

A che livello risulta evidente il divario tra ricchi e poveri e cosa sta facendo il governo in merito?

In Sud Africa le differenze fra ricchi e poveri sono molto evidenti. È una cosa che abbiamo ereditato dal periodo dell’apartheid. Il governo, da parte sua, sta facendo molte cose: costruisce case, supporta gli studenti meno abbienti perché possano frequentare l’università. Detto per inciso, infatti, nelle università il numero  degli studenti di colore è aumentato e questo rappresenta un aspetto importante. Il supporto del governo riguarda anche la distribuzione di cibo nelle scuole. In linea di massima posso dire che il governo sta cercando di ridurre il gap tra i più ricchi e le classi meno abbienti cercando di convogliare un numero sempre maggiore di investimenti stranieri per dare una spinta a diversi settori, fra cui – in primis – l’ambito manifatturiero. Cosa che, in prospettiva, comporterà anche una crescita dell’occupazione. Attualmente il livello di disoccupazione giovanile è davvero alto. Rispetto ai giovani, spesso il governo si sta facendo garante per aiutarli nella realizzazione i loro progetti in termini di business. Davvero, la lista delle cose che il governo sta facendo in questo senso è lunghissima… ma ci vuole tempo.

Tempo, appunto: molte critiche si concentrano appunto su questo aspetto. All’indomani dell’avvento della democrazia, molti speravano che la transizione fosse più rapida.

Siamo giovani. Sono passati appena 25 anni dalla fine dell’apartheid. 25 anni non sono nulla. Se pensiamo alla situazione in cui sono alcune nazioni europee come la Svezia – per esempio – non possiamo tener conto del fatto che alle loro spalle hanno una storia molto più antica della nostra.

Parliamo di energie rinnovabili: cosa si sta facendo in Sudafrica per sviluppare questo settore? Da un punto di vista climatico il contesto di partenza dovrebbe essere favorevole…

In realtà il discorso andrebbe allargato. Non è solo nell’ambito delle energie rinnovabili che il Sudafrica sta facendo qualcosa. All’interno della nostra rete energetica, stiamo includendo diverse fonti. La nostra rete, per dirla in altri termini, non si concentra su un unico tipo di energia: le includiamo praticamente tutte perché lo sviluppo del settore manifatturiero necessita di una quantità di energia davvero notevole. Impossibile, quindi, concentrarsi solo sulle rinnovabili.

Abbiamo appena assistito a una sfilata delle creazioni di Onela Joni, giovane imprenditrice del settore moda. Che ruolo gioca questo settore all’interno dello sviluppo economico del Sudafrica?

Attualmente il contributo di quest’ambito non è particolarmente rilevante. Come spiegava Onela, la moda in Sudafrica è appena agli inizi. Oggi come oggi la nostra lotta si concentra su ambiti diversi: le disuguaglianze, la disoccupazione e un sacco di altre cose. Non dico che il Sud Africa stia trascurando la moda ma di certo, al momento, quest’ambito non rappresenta per noi una priorità. Tra le emergenze ci sono ancora troppe cose che rivestono un’importanza davvero primaria soprattutto nell’ottica di ridurre il divario tra ricchezza e povertà… se portiamo avanti il settore moda all’interno di un contesto in cui la maggioranza è povera, come farà la popolazione a comprare i vestiti? La moda costa. Detto ciò – lo sottolineo ancora – non stiamo affatto trascurando l’ambito. Quando iniziative come quella di Onela vengono sottoposte all’attenzione del governo, ricevono un supporto concreto. Il discorso, piuttosto, è un altro: quando manca il pane, è chiaro che non possiamo metterci a parlare di vestiti!

All’interno di un contesto in cui le esigenze primarie giocano ancora un ruolo di primo piano, possiamo parlare dell’emergere di una classe di giovani imprenditori?

Bè, avete appena visto una di loro! Come imprenditrice, Onela è venuta su in Italia. Il governo aiuta concretamente i giovani imprenditori: certo, il supporto può non essere abbastanza ma si tratta comunque di qualcosa. Un punto di partenza che conta: tieni presente l’alto tasso di disoccupazione giovanile. Se non ci sono altre opzioni, il governo finanzia i progetti che vengono presentati, in modo tale che la loro concretizzazione possa generare lavoro e impiego per altri giovani creando un circuito virtuoso.

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Martina Fragale

Martina Fragale

Giornalista pubblicista dal 2013 grazie alla collaborazione con BuoneNotizie.it, di cui oggi sono direttrice. Mi occupo di temi legati all’Artico e ai cambiamenti climatici; come docente tengo corsi per l’Ordine dei Giornalisti e collaboro con l’Università Statale di Milano.

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