In questi giorni si sta discutendo sul ruolo che hanno avuto le MMA sull’omicidio di Willy Duarte. Ma il vero problema non può essere uno sport da combattimento, spesso grande strumento di inclusione sociale.

 

Sono giorni intensi quelli che sta vivendo l’opinione pubblica, scossa dal brutale omicidio Willy avvenuto a Colleferro, in provincia di Roma. Secondo una prima ricostruzione il giovane 21enne nel tentativo di sedare una rissa sarebbe stato accerchiato, aggredito e conseguentemente ucciso da almeno tre persone, attualmente in carcere con l’accusa di concorso in omicidio preterintenzionale.

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Tutto chiaramente da verificare anche se, in attesa di giudizio, rimangono sia le testimonianze che comproverebbero la situazione che ha portato alla morte del ragazzo, sia una prima autopsia, che parla di un quadro clinico politraumatico. Ma ad ampliare la discussione pubblica ci ha pensato la disciplina che alcuni degli accusati hanno praticato per anni: quella delle MMA, ovvero le arti marziali miste.

Cosa sono le Arti Marziali Miste?

Le arti marziali miste, tipicamente conosciute con l’acronimo MMA, sono uno sport che sta divenendo tristemente famoso in questi giorni a causa dell’omicidio Willy ma che ha radici antichissime. Stiamo parlando di uno sport da combattimento a contatto pieno in cui è consentito l’utilizzo di tecniche sportive tipiche di arti marziali quali il judo, così come di sport differenti quali kick boxing e lotta libera.

Uno sport il cui sviluppo è stato eterogeneo fino all’aprile del 2000, quando la California State Athletic Commission optò per un set di regole che favorirono l’istituzione delle “Unified Rules of Mixed Martial Arts”, ovvero le “Regole Unificate delle Arti Marziali”.

L’apice della popolarità è stato raggiunto alla fine del 2006 in occasione della sfida tra Chuck Liddell e Tito Ortiz, due lottatori americani che all’epoca erano rispettivamente campione dei pesi mediomassimi e precedente campione. Le MMA sono uno sport che negli anni ha anche saputo raggiungere importanti risultati dal punto di vista del pubblico presente agli eventi, in particolare in Nord America. Nel 2011 al Rogers Centre di Toronto furono quasi 56 mila gli spettatori, con un incasso record di 12 milioni di dollari.

MMA Omicidio Willy

Omicidio Willy: quanto sono pericolose le MMA?

L’opinione pubblica si è presto divisa a proposito del ruolo che hanno avuto le MMA nell’omicidio Willy. Quanto sono pericolose le discipline da combattimento come quelle che praticavano i ragazzi presunti assessori del ventunenne? Le correnti di pensiero sono state principalmente due.

C’è chi sostiene che gli sport da combattimento, specie i più “violenti” come le MMA, non siano da considerare sport per la loro natura: si parla di discipline che spingono l’atleta a mettere KO l’avversario, come se esso debba essere annichilito e come se una semplice vittoria non sia sufficiente.

C’è chi invece sostiene che la disciplina che tanti sport conferiscono, come per esempio quella della boxe e quella delle arti marziali, costituiscano una vera e propria “palestra di vita” che nulla ha a che fare con la violenza in sé. Una tesi che porta dunque ad una conseguenza: uno sport da combattimento non è di per sé pericoloso, bensì sono le persone potenzialmente ad esserlo.

Siamo sicuri che la causa dell’omicidio Willy siano le MMA?

Per un caso di sportivo da combattimento violento anche fuori dal ring ci sono migliaia di atleti che invece nella vita comune non hanno alcun tipo di problema, aspetto che sembrerebbe contrastare la prima delle due tesi precedenti. Siamo quindi di fronte alla classica situazione mediatica in cui ci si focalizza sulla dinamica sbagliata?

Tralasciamo per un attimo il fatto che sarebbero emersi dettagli secondo i quali i presunti aggressori avrebbero solamente appreso le basi delle MMA, non frequentando più la palestra da qualche anno. Tralasciamo anche il fatto che si sta valutando l’aggravante razziale per gli aggressori, in un periodo tra l’altro in cui il movimento Black Lives Matter sta evidenziando quanto il problema razzismo sia attuale. Ci si sta probabilmente ed effettivamente focalizzando sulla dinamica sbagliato: la vera causa di questo pestaggio è il modello sociale in cui i “carnefici” sono immersi. Un modello caratterizzato dall’idolatrazione del concetto di prevaricazione che, unito alla conoscenza di tecniche di lotta, può sì essere molto pericoloso.

Tuttavia, come sostenuto da molti in questi giorni, guai a prendersela con le MMA. Ecco per esempio un commento apparso sui social: «Se un omicidio viene compiuto con una forchetta allora dovremmo abolire le forchette?». Un conto è lo strumento, un conto è il suo effettivo utilizzo. E ci sono vari esempi virtuosi che si possono portare a sostegno di questa tesi. Uno su tutti: La Judo Star di Gianni Maddaloni.

MMA Omicidio Willy

Chi è Gianni Maddaloni?

Gianni Maddaloni è un ex judoka che da anni ha avviato un progetto di cui si è tanto parlato, sia nella sua regione sia sul piano nazionale. Ma prima di evidenziare i dettagli di questo splendido esempio di inclusione sociale, scopriamo chi è ‘O Maè, come viene chiamato dai suoi ragazzi.

«Quando ero piccolo questo», spiega Maddaloni in un’intervista a Ilcuoredelpaese.it, «era un posto dove i giovani non avevano lavoro, cultura, opportunità». Si sta parlando di Scampia, quartiere difficile di Napoli dove la Camorra e la droga rendono complicata la vita a tantissime famiglie. «A 16 anni andavo in giro in motorino ed ero un piccolo bullo», continua nel suo racconto, «rischiavo di fare le amicizie sbagliate e di finire in una brutta strada».

Poi arriva la svolta grazie all’incontro con Enrico Bubani, detto “Lupo”, suo maestro di judo, unita ad un’opportunità lavorativa che gli permetterà di mantenersi. Del suo maestro ha un ricordo splendido e le sue parole sono piene di gratitudine:

Lui mi ha insegnato il Judo: non come mettere a terra le persone. Mi ha insegnato le regole, attraverso lo sport. Mi ero innamorato di quello sport e del suo modo di fare. Lupo divenne come un secondo padre per me.

Gianni Maddaloni

Da lì l’amore per il suo sport non scemerà più e sarà trasmesso anche ai suoi tre figli. Pino ha conquistato la Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Sidney 2000, divenendo in seguito tecnico della Nazionale. Marco e Laura, invece, sarebbero diventati rispettivamente due volte campione europeo e tredici volte campionessa d’Italia.

Gianni Maddaloni

Gianni Maddaloni (© Twitter)

Judo Star: un modello di inclusione sociale

Quello della Judo Star di Scampia è un modello di inclusione sociale per eccellenza che mette al centro uno sport da combattimento come il judo. L’obiettivo di Maddaloni è quello di insegnare la disciplina e il rispetto delle regole che tanto sono importanti in un’arte marziale come quella giapponese per fare in modo che siano fatti propri dai suoi allievi anche nella vita. Questa la mission di Judo Star:

Io ho trovato l’uomo giusto al momento giusto. Ora faccio in modo che anche i ragazzi trovino uomini giusti al momento giusto.

Gianni Maddaloni

Un sostegno che dunque oltre che sportivo anche umano, empatico e sociale. «Do la paghetta ad alcuni ragazzi che alleno», ha raccontato Maddaloni a La Gazzetta dello Sport, «per tenerli lontani dai soldi facili della Camorra», anche se «ora è più dura». Risultati comunque importanti per lui, con decine e decine di ragazzi pronti a seguire i suoi insegnamenti e ad essere guidati da colui che chiamano ‘O Maè.

Stiamo parlando di un modello economicamente dispendioso ma che, oltre ad essere socialmente determinante per la vita dei suoi ragazzi, ha anche evidenziato la generosità di personaggi più o meno pubblici, pronti ad aiutare il fondatore della palestra a continuare nel suo progetto. «Qui si combatte sempre», spiega Maddaloni, «anche quando non ci sono i soldi per pagare le bollette della luce». Il suo racconto continua poi citando anche alcuni dei donatori:

Ce l’avrebbero staccata cento volte, se poi grazie a Dio non ci fosse stato quel bonifico provvidenziale di diecimila euro portato dall’inviato de Le Iene Giulio Golia. Non saremmo più aperti da un pezzo se ogni mese non fossero arrivate le lettere con dentro i 200 euro spediti da Maria di Taranto, i 200 euro di Antonella (una dirigente del Banco di Napoli) o della signora Anna dall’America.

Gianni Maddaloni

Cosa ci ha insegnato l’omicidio Willy?

L’omicidio Willy ha avuto una duplice valenza. In primis ci ha dimostrato quanto l’educazione, il rispetto delle regole e la cultura siano importanti oggi giorno, specie in contesti sociali in cui la crescita individuale viene minata da situazioni ambientali sfavorevoli. Nel caso della palestra Judo Star di Maddaloni si parla per esempio del quartiere di Scampia.

Ma non solo. L’omicidio Willy ci ha anche insegnato quanto sia sbagliato giudicare qualcosa non tanto in funzione della sua essenza quanto del suo utilizzo. È il caso degli sport di combattimento, tanto citati dai media quanto percepiti da larga parte dell’opinione pubblica come la vera causa dell’aggressione. Come a dire: «Se non avessero praticato le MMA non sarebbe accaduto nulla».

E invece no. L’esempio di Gianni Maddaloni ci insegna quanto gli sport da combattimento possano essere un enorme veicolo di inclusione sociale. Un veicolo di rispetto della disciplina e delle regole che tanto può fare per chiunque li pratichi, specie se in condizioni sociali difficili.

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Matteo Calautti

Matteo Calautti

Esterofilo e curioso osservatore di politica e attualità. Fondatore di Liguria a Spicchi e responsabile della comunicazione del Comitato Regionale Liguria di pallacanestro. Scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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