Il 99% dei bambini con difficoltà sono ben inseriti nel nostro sistema educativo. E’ la percentuale più alta tra i paesi UE.

Quando si parla dei cosiddetti bambini BES, i bambini con bisogni educativi speciali, ci si riferisce a un ampio raggio della popolazione (che risulta tra l’altro in costante crescita). Rispetto al tema scuola e disabilità, alcuni Paesi nello specifico, registrano un tasso elevato di alunni che necessitano un’attenzione “particolare” e mirata. Per esempio, in Scozia arrivano a ricoprire il 25,12 % della popolazione, in Slovacchia e Islanda il 15%, in Lituania il 13,38%. Sono numeri significativi che richiedono interventi specifici.

Da una raccolta dati permanente del Ministero dell’Istruzione in collaborazione con l’European Agency, organizzazione indipendente a sostegno dei ministri in materia di istruzione inclusiva, emergono numeri interessanti nell’ambito della scuola primaria e secondaria. L’Italia in primis, seguita da Malta e Scozia, risulta tra i paesi Europei con la percentuale maggiore di educazione inclusiva.

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Cosa s’intende per “istruzione inclusiva” a scuola e chi se ne occupa

Probabilmente è una definizione che non compare troppo spesso nelle nostre ricerche, e altrettante poche volte se ne sente parlare. Ma è un argomento che merita la giusta attenzione proprio per il ruolo attuale che ricopre.

Per istruzione inclusiva si intende l’attuazione delle condizioni favorevoli al diritto allo studio e al raggiungimento del successo formativo di tutti gli studenti. La scuola è tenuta a pensare e progettare in risposta al bisogno di ciascun alunno.

Victoria Soriano è team leader dell’European Agency e nel suo intervento al Convegno “La ricerca di vita autonoma nelle disabilità intellettive e relazionali” tenutosi presso l’Università degli studi dell’Insubria, spiega: “l’inclusività è un processo di cambiamento che deve focalizzarsi su tutti gli studenti, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno una disabilità. Diversamente si rischia di originare un processo di esclusività che non porterebbe benefici”.

La Dott.ssa Patricia Perez-Gomez spiega però come l’Unione Europea e le istituzioni governative o scolastiche abbiano sì competenze in politica di sostegno, ma le raccomandazioni non sono mandatarie. È quindi essenziale rispetto alla questione del rapporto della scuola e della disabilità  l’intervento di associazioni che lavorano al loro fianco per un supporto costante.

L’intervento dell’UE nell’istruzione inclusiva

La DG Reform (direzione generale per il sostegno alle riforme strutturali) di cui la dottoressa Gomez ne è la team leader, è un esempio di collaborazione con la commissione europea.

Il pilastro Europeo dei diritti sociali, approvato nel 2017 è la base sulla quale la DG Reform erge il proprio statuto. Il primo principio recita: “Ogni persona ha diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, al fine di mantenere e acquisire competenze che consentono di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro”.

Il supporto si concretizza con il “Technical support instruments” (TSI) che prevede un programma di riforme personalizzato per le istituzioni dei vari Stati membri dell’UE. Se un paese quindi lo desidera può richiedere il sostegno che non consiste nella distribuzione di fondi, ma in aiuti tecnici.

Tra i supporti si prevedono anche interventi per l’attuazione di una riforma legale o del quadro normativo di riferimento, come per i paesi di Cipro (già approvate due modifiche), Polonia, Grecia e Portogallo.

Scuola e disabilità: dati alla mano

Dal 2017 a oggi: 40 sono i progetti in serbo; 7 quelli in fase di realizzazione; 2 i progetti già realizzati e 5 i Paesi che ne hanno fatto richiesta.

Nell’approccio inclusivo nel mondo legato al tema scuola e disabilità, i numeri mostrano come l’UE sia proattiva nel migliorare la propria performance nel sostegno dell’istruzione inclusiva. L’Italia, nello specifico, ha raggiunto ottimi risultati: il 99,12%.

Grandi passi sono già stati fatti, altri devono devono ancora compiersi per poter alzare il livello medio di intervento. L’importante è che il cambiamento avvenga. “E deve avvenire su tre livelli differenti” sottolinea la Soriano, “quello legislativo, normativo di precisione (il contenuto deve essere chiaro), e l’effettiva messa in pratica”.

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Chiara Bigarella

Chiara Bigarella

Chiara Bigarella collabora con BuoneNotizie.it grazie allo stage annesso al percorso di formazione dell’Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo per diventare giornalista pubblicista

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