I progetti educativi e di lavoro rappresentano un’opportunità di riscatto per i detenuti, ma non solo.

In molte carceri italiane si stanno portando avanti progetti di lavoro e di studio per i detenuti. L’ultimo rapporto di Antigone, l’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, evidenzia come bisogna investire sulle misure alternative al carcere. Le misure alternative, si legge nel rapporto, “producono sicurezza”. La detenzione da sola non basta infatti a scongiurare la recidiva.

Per facilitare gli inserimenti lavorativi dei detenuti c’è bisogno di continuare a investire in progetti educativi e sociali, con le cooperative sociali, con il mondo dell’artigianato e dell’industria. Ma anche in progetti per migliorare la vita interna al carcere, come il potenziamento delle dotazioni tecnologiche, delle infrastrutture per la didattica, delle attrezzature sportive, delle biblioteche, dei teatri e dei laboratori.

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L’appello delle istituzioni: con i progetti nelle carceri agevolare il reinserimento sociale

L’11 settembre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha visitato l’Istituto penale per i minorenni di Nisida (Napoli). In quell’occasione ha dichiarato: “Ci sono tante persone che sono state detenute e hanno poi avuto esperienze di successo nella vita; non succede solo nei film. L’importante è che la detenzione non si traduca in una macchia indelebile ma sia una cicatrice che scompare. C’è il dovere di agevolare il reinserimento nella vita sociale”.

Nello stesso senso va anche la riforma Cartabia. Uno degli emendamenti al disegno di legge di riforma del processo penale, voluto dalla Ministra della Giustizia e in approvazione alle Camere, disciplina il metodo della giustizia riparativa. La giustizia riparativa considera il reato in termini di danno alle persone. Da ciò consegue l’obbligo che l’autore del reato debba rimediare alle conseguenze della sua condotta. Il 15 settembre è stato firmato dalla Ministra il decreto di costituzione di una Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario, i cui lavori si concluderanno entro il 31 dicembre. Compito della commissione è la “rilevazione delle principali criticità relative all’esecuzione della pena detentiva e l’individuazione di possibili interventi per migliorare la qualità della vita delle persone recluse”.

L’istruzione in carcere

La scuola è il più importante dei progetti nelle carceri e rientra all’interno dell’istruzione per adulti. I corsi si suddividono in percorsi di primo livello (alfabetizzazione e licenza media) e percorsi di secondo livello, comprendenti l’istruzione tecnica, professionale e artistica. I detenuti che frequentano la scuola sono circa un terzo del totale. Nell’anno scolastico 2019/2020 gli iscritti erano il 33,4%.

“Ma non è stato sempre così”, spiega Anna Grazia Stammati, presidente del CESP e della Rete delle scuole ristrette, nel rapporto di Antigone. “Per raggiungere questi risultati ci sono voluti anni di impegno, sia da parte di una componente interna all’amministrazione penitenziaria, che da parte di quei docenti convinti da sempre della centralità dell’istruzione nell’esecuzione penale e del valore della cultura quale elemento di crescita e riscatto”.

Grazie alla maggiore offerta, anche il numero degli studenti universitari in carcere è raddoppiato tra il 2015 e il 2019. Si tratta in parte di studenti delle 27 Università presenti in carcere in pianta stabile, e in parte di studenti iscritti alle Università che non hanno sedi all’interno dei penitenziari. Ad oggi gli studenti universitari sono distribuiti in 70 istituti penitenziari.

progetti nelle carceri

Fonte: rielaborazione dati Ministero Giustizia

Ragazzi dentro: i progetti a Nisida

All’istituto penale per i minorenni di Nisida tutti i ragazzi presenti vengono inseriti in un percorso scolastico. La divisione dei ragazzi all’interno delle classi non avviene per età, ma per livelli e bisogni educativi. Inoltre, per evitare la partecipazione passiva alle lezioni, è previsto che ad ogni cambio d’ora siano i ragazzi a cambiare aula e non il docente.

Tra i corsi di formazione professionale ci sono il corso di pizzeria tenuto con il supporto dell’associazione “Scugnizzi”, il corso di ceramica svolto dalla cooperativa sociale “Nesis”, un corso di cucina e di pasticceria del progetto della onlus “Monelli ai fornelli”. Queste attività permettono ai ragazzi di svolgere attività lavorative remunerate e di imparare un mestiere.

All’interno dell’Istituto si svolgono anche laboratori tenuti da volontari. I ragazzi possono partecipare al laboratorio di canto, a quello teatrale o di arte presepiale, al corso per operatore edile e per operatore cinofilo.

Lavorare dentro e fuori il carcere

I progetti formativi nelle carceri riguardano principalmente i settori della cucina e della ristorazione, del giardinaggio, dell’agricoltura, insieme all’edilizia e all’elettrica. Questi settori rappresentano le comuni lavorazioni interne agli istituti penitenziari. Al 30 giugno 2020, l’81,5% del totale di coloro che svolgono attività lavorativa sono impiegati alle dipendenze della amministrazione penitenziaria e quindi nelle attività concernenti i servizi di istituto.

Inoltre, tra i 17mila lavoratori detenuti solamente 2.500 sono inseriti in un impiego alle dipendenze di un datore di lavoro esterno all’amministrazione penitenziaria.

Al Festival dell’Economia Carceraria, che si è tenuto a Roma a giugno, si è parlato proprio della grande forza riabilitativa del lavoro, dei progetti di formazione e dell’istruzione nelle carceri. Il Festival, promosso e organizzato da Semi di Libertà Onlus, ha dato vita a un laboratorio di idee e progetti per ripensare in modo efficace le attività nelle carceri.

Economia carceraria, la rete per supportare i progetti nelle carceri

Semi di Libertà Onlus è stata costituita nel 2013 per contrastare le recidive dei detenuti ed evitare che compiano nuovi reati. “Chi esce senza misure alternative torna in galera 7 volte su 10, chi ha imparato un lavoro 2 su 100”, recita il sito della Onlus.

Nel giugno 2018 Semi di Libertà ha creato la rete nazionale di Economia Carceraria per supportare i progetti produttivi nelle carceri. Sul sito Economia Carceraria vengono venduti i prodotti di diversi progetti di lavoro. Il portale è diviso per categorie dei prodotti, come creme spalmabili, pasta, tè e bevande o taralli pugliesi. Ogni prodotto è confezionato da un progetto lavorativo svolto nelle carceri.

Il progetto Campo dei Miracoli, per esempio, nasce dall’omonima cooperativa di Gravina in Puglia specializzata in prodotti da forno, con l’obiettivo di realizzare progetti di formazione e attività lavorative per i detenuti all’interno della Casa Circondariale di Trani. Fila Dritto, invece, è un brand di accessori in pelle prodotti artigianalmente da persone in esecuzione penale. Il progetto Semi Liberi, della cooperativa sociale agricola O.R.T.O., è un’unità produttiva agricola della Casa circondariale di Viterbo. I ragazzi ricevono formazione sia in attività agricole e vivaistiche, che in tecniche di controllo della qualità e di commercializzazione.

Una seconda opportunità per le donne di Made in Carcere

Il marchio Made in Carcere nasce nel 2007 e produce manufatti come borse, accessori, cuscini, bomboniere. Questi prodotti sono confezionati da 20 detenute nelle carceri del Sud Italia, alle quali viene offerto un percorso formativo con lo scopo di un definitivo reinserimento nella società lavorativa.

La filosofia principale di Made in Carcere è dare una “doppia vita per i tessuti” e una “seconda opportunità per le donne detenute”. Tra queste M., un’italiana di 63 anni, che ha scontato cinque anni e sei mesi nella sezione di massima sicurezza e adesso cuce borse, e F., che sta scontando tre anni e sei mesi e dopo due anni, grazie al lavoro, ha ottenuto la libertà vigilata.

Pubblica utilità: un progetto di giustizia riparativa

Tra i progetti nelle carceri sempre più attivi c’è il lavoro di pubblica utilità. Dai dati raccolti nel rapporto 2020 di Antigone emerge come questi programmi all’esterno del carcere siano attivi nel 31,8% degli istituti visitati. Si tratta di lavori come i servizi di manutenzione del verde, il decoro urbano, l’assistenza alla persona o la collaborazione alle attività di enti pubblici e sociali.

Il lavoro di pubblica utilità si fonda sul principio di giustizia riparativa e inclusiva. Quindi permette ai detenuti di pagare, almeno in parte, il proprio debito nei confronti della società e  di verificare inoltre il loro impegno e il rispetto delle regole. Questo tipo di lavoro è pagato dalla Cassa delle Ammende, un ente pubblico istituito presso il Ministero della Giustizia che finanzia progetti nelle carceri. 

I lavori di pubblica utilità sono ben visti dalle amministrazioni pubbliche, che faticano a mantenere il decoro delle città per gli scarsi fondi economici. E sono anche preferiti dai detenuti, soprattutto se associati a permessi o benefici. 

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Aurora Amendolagine

Aurora Amendolagine

Aurora Amendolagine, laureata in Scienze politiche e Relazioni internazionali con un Master in Comunicazione istituzionale. Lavoro in Rai da diversi anni. Giornalista pubblicista e tutor del laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista

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