L’influencer è un “personaggio popolare in Rete, che ha la capacità di influenzare i comportamenti e le scelte di un determinato gruppo di utenti e, in particolare, di potenziali consumatori, e viene utilizzato nell’ambito delle strategie di comunicazione e di marketing” (Treccani). In epoca Covid-19, quindi, come si deve comportare l’influencer? Deve tener conto della maggiore “influenzabilità” delle persone? Cercare dei modelli in rete è un comportamento sano? Quanto influisce la condotta del politicamente corretto sull’evolversi del ruolo dell’influencer? Buonenotizie.it ha intervistato Antonio Latella, presidente dell’ASI (Associazione Sociologi Italiani), per cercare di trovare delle risposte a tutte queste domande.

Influencer: da un grande potere derivano grandi responsabilità

Secondo Antonio Latella, gli influencer dovrebbero: «Essere responsabili e consapevoli che ogni loro gesto, ogni loro discorso potrebbe determinare il comportamento di migliaia di followers. Gli influencer, siano essi personaggi del mondo dello spettacolo, giornalisti, politici, intellettuali e, perché no, musicisti, attori e volti noti della tv, nel momento in cui si pongono davanti a una camera per esprimere liberamente il proprio pensiero, hanno l’obbligo di avvertire il peso della responsabilità per ogni loro parola, per ogni loro atteggiamento o consiglio. Quanto avvenuto in questi due anni di pandemia invita tutti a riflettere su quanto sia delicato il ruolo di certe categorie pubbliche nella costruzione della realtà sociale che non può assolutamente prescindere dalla responsabilità etica legata al loro ruolo».

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Dunque è positivo o negativo seguire un influencer? Antonio Latella risponde: «Gli effetti possono essere positivi ma anche negativi. Lo strumento ha in sé un valore “neutro”: sono i comportamenti umani ad attribuirgli valore. I social network hanno rivoluzionato il nostro modo di relazionarci con gli altri, proiettandoci in una realtà virtuale in grado di produrre emozioni reali. In questa società-mondo sempre più interconnessa, Facebook, Twitter, Instagram, Tik Tok, YouTube (e non solo) sono come uno specchio, una vetrina dove sono esposti modelli che diventano un simbolo per milioni di utenti, in particolare adolescenti, scatenando il desiderio di emulazione. I modelli da seguire rappresentano una sorta di antidoto alle paure per arrivare all’accettazione di sé e, al tempo stesso, per ottenere l’accettazione dal contesto reale».

Influenzabilità: chi, quanto, perché

Le persone sono storicamente – e per natura – in una qualche misura influenzabili. Oggi di più? Il presidente dell’ASI afferma: «Sì, a mio avviso le persone sono diventate più influenzabili. Occorre però chiarire cosa intendiamo con il termine “influenzabile”. Ovvero: la condizione di maggiore fragilità dell’individuo legata all’incertezza del presente e ai timori del futuro. Ma chi è influenzabile? Lo è chi non dispone di conoscenze sufficienti a orientarsi nelle difficoltà dell’oggi. Così la società finisce per polarizzarsi, ad esempio, tra pro vax e no vax, tutti mediamente privi di strumenti di valutazione scientifica e perciò tutti fortemente influenzabili. Chi è influenzabile non riesce a esorcizzare la paura che, spesso, diventa la causa di comportamenti ritenuti “irrazionali”».

Un altro tema attuale è la diffusa condotta del politicamente corretto, che sempre più spesso sembra sfociare in posizioni radicali. Può questo atteggiamento essere un’altra causa/conseguenza della maggiore influenzabilità delle persone? Secondo Antonio Latella: «È paradossale parlare di “radicalizzazione del politicamente corretto”, eppure è proprio questa la realtà. Per un verso, si impongono posizioni e visioni conformiste del mondo, che generano un appiattimento del pensiero e, a lungo andare, una riduzione della capacità di critica, specie tra i giovani. Per l’altro verso, si rischia di andare verso un dibattito pubblico sempre più contrassegnato da toni e giudizi moralistici che, storicamente, hanno rappresentato il terreno di coltura per società chiuse, involute e refrattarie al cambiamento. Ci sono momenti in cui sembra di essere finiti tra le pagine di un romanzo distopico, ma la distopia sta assumendo sempre più i connotati di una preoccupante realtà».

Il tema dell’influenzabilità è, in effetti, determinante nei romanzi distopici: non è forse proprio il Big Brother l’influencer per eccellenza? O come nella società creata da Bradbury, in cui è vietato leggere – cosicché le persone perdano la capacità di giudizio e si facciano influenzare solo da mezzi di comunicazione (la televisione, in particolare) approvati e controllati dal potere. O ancora in “Hunger Games”, dove il governo influenza le persone a tal punto da renderle passive di fronte a un’oligarchica eufemisticamente grottesca.

Ciò come ennesima riprova del fatto che il ruolo dell’influencer è delicato. Che assume una grande importanza. Che è da svolgersi (beneficiandone anche, nel caso) con giudizio: oggi più che mai.

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Sofia Greggio

Sofia Greggio

Sofia Greggio. Correttrice di bozze, editor e ghostwriter, ho seguito corsi di editoria come lettura professionale, scouting e consulenza editoriale e un master in scrittura creativa. Oltre al mondo dei libri, sono appassionata di civiltà orientali e infatti studio Antropologia all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna.

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