La Battersea Power Station di Londra, una volta centrale a carbone elettrica (in disuso da 25 anni) sarà convertita in un edificio sostenibile tecnologicamente avanzato che produrrà energia rinnovabile

Il principale colosso mondiale attivo nell’ambito della ricostruzione e dello sviluppo ha dichiarato un decisivo stop ai finanziamenti per la costruzione di nuove centrali elettriche a carbone. La decisione tira le fila di un percorso piuttosto lungo: già nel 2009 la Banca Mondiale aveva iniziato a riconsiderare le proprie strategie per il decennio 2011-2021 e Robert Zoellick (attuale presidente) aveva più volte espresso la necessità di riallineare i criteri di finanziamento con gli obiettivi del cambiamento climatico. Ciononostante – e nonostante la costante partecipazione della banca ai summit sul clima – (non è un caso che l’attuale decisione sia stata resa nota parallelamente alla Conferenza di Bangkok), lo stop al finanziamento alle centrali inquinanti si è fatto attendere a lungo: ne sono stata una spia più che esauriente le frequenti manifestazioni ambientaliste davanti alle sedi del colosso bancario a Roma, Parigi, Madrid, Londra, Berlino e Washington.

La risoluzione attuale ha suscitato reazioni tutt’altro che univoche: se – da una parte – la dichiarazione marca un significativo giro di vite, dall’altra uno dei suoi corollari ha suscitato aspre critiche. Robert Zoellick ha infatti specificato che verranno operate delle eccezioni per le centrali elettriche dei paesi più disagiati: in pratica, sarà ancora possibile per la World Bank, finanziare la costruzione di centrali elettriche inquinanti nei paesi del terzo Mondo. L’eccezione è stata motivata in base alla necessità di garantire accesso all’elettricità a popolazioni che non dispongono delle risorse necessarie per sviluppare sistemi basati su fonti di energia alternative. Le organizzazioni ambientaliste hanno però sottolineato che questa politica consentirebbe a World Bank di attuare delle eccezioni particolarmente consistenti, considerata l’attenzione che il gruppo bancario ha sempre riservato alle imprese del Terzo Mondo: risale infatti all’anno scorso lo stanziamento di 3,75 miliardi di dollari per la costruzione della centrale elettrica a carbone di Medupi, finanziata dalla compagnia sudafricana Eksom. Questo, unito al fatto che nel 2010 World Bank abbia stanziato 6,6 miliardi di dollari (cioè il 116% in più rispetto all’anno precedente) per la costruzione di centrali elettriche inquinanti, getta qualche ombra sulla recente risoluzione pubblicizzata da Zoellick, giustificando lo scetticismo con cui è stata accolta la decisione.

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Nonostante le inevitabili zone d’ombra – tuttavia – la decisione di World Bank si configura come un risultato altamente positivo, non solo per le conseguenze concrete che determinerà (in questo campo, la strada da percorrere è ancora lunga), ma anche perché testimonia in modo esauriente quanto possa essere concretamente determinante la pressione esercitata da una diffusa coscienza civile.

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Martina Fragale

Martina Fragale

Giornalista pubblicista dal 2013 grazie alla collaborazione con BuoneNotizie.it, di cui oggi sono direttrice. Mi occupo di temi legati all’Artico e ai cambiamenti climatici; come docente tengo corsi per l’Ordine dei Giornalisti e collaboro con l’Università Statale di Milano.

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