Da diversi anni, sentiamo parlare di sostenibilità, di lotta agli sprechi e di economia circolare. Nell’ultimo biennio, a seguito dell’evento pandemico che ha provocato un notevole crollo dei consumi, lo stile di vita dei cittadini è cambiato. Ciò ha portato il consumatore verso una maggiore attenzione all’atto dell’acquisto nell’ambito dell’abbigliamento.

Perciò l’acquisto diventa responsabile, non solo dal punto di vista etico ed ecosostenibile, ma anche per ragioni economiche. Il settore della moda, già in forte difficoltà prima dell’arrivo della pandemia, ha subito una repentina battuta d’arresto.

L’evento mondano che premia la moda sostenibile

Lo scorso 24 marzo, presso i San Vicente Bungalows di Los Angeles, si è celebrata la serata a favore della moda green ecosostenibile. Come ogni anno, dal 2017, durante l’evento Green Carpet Fashion Awards, viene assegnato un premio di riconoscimento agli stilisti che si distinguono maggiormente a favore di una cultura del tessile più sostenibile.

Livia Firth, direttore creativo e fondatrice della società di consulenza globale sulla sostenibilità Eco-Age, insieme all’attivista ed ex modella Bethann Hardison, hanno accolto gli ospiti al party esclusivo. Durante l’evento sono stati consegnati i premi a quattro personalità che esprimono al meglio l’anima dell’evento. Tra questi, lo stilista Tom Ford, la stilista Bethany Yellowtail, la fondatrice di Brother Vellies Aurora James e Color of Change (la maggiore organizzazione online per la giustizia razziale negli Stati Uniti).

Novità dall’Ue per promuovere l’economia circolare

La Commissione europea ha presentato un pacchetto di riforme a favore dell’economia circolare. Ciò comporterebbe la totale riciclabilità dei capi di abbigliamento per contrastare il fenomeno del fast fashion a vantaggio del riutilizzo e del riciclo dei capi. Secondo l’Ue, l’abbigliamento sostenibile dovrà diventare la regola e non più l’eccezione. Il settore tessile dovrà rispettare gli standard della qualità per evitare l’impiego di materiali dannosi come il poliestere. Entro il 2030 dovrà essere completata questa rivoluzione che riguarderà non solo i produttori, ma anche i consumatori e i Governi nazionali.

I brand sostenibili che da anni producono “eticamente”

Una delle pioniere nel settore fashion attenta all’ambiente è la britannica Stella McCartney. Nel 2011 presenta la sua prima collezione priva di derivati animali. A dimostrazione del suo impegno a favore della moda green ecosostenibile, la stilista ha creato un tessuto simile al camoscio oltre alla decisione di utilizzare poliestere riciclato, cashmere rigenerato e altre fibre naturali o sintetiche.

Lo storico marchio Timberland è da sempre attento alle questioni etico-ambientali. Nato nel 1952 negli Stati Uniti, il brand propone capi green ed ecosostenibili mantenendo fede all’artigianalità che contraddistingue l’azienda. L’utilizzo del PET riciclato derivato dalle bottiglie di plastica e l’invenzione da parte del brand di calzature scomponibili totalmente riciclabili confermano il costante impegno nella lotta agli sprechi.

L’azienda newyorkese Mara Hoffman, ideata nel 2000 dall’omonima stilista, rappresenta uno degli esempi più evidente nel panorama della moda green ecosostenibile. La casa di moda non è solamente attenta all’utilizzo di tessuti e materiali ecologici, ma anche al processo produttivo che tuteli l’ambiente (incluso il riciclo dei capi usati).

I marchi italiani ecosostenibili

Il tema della sostenibilità ormai fa parte del panorama della moda internazionale, tanto che gli stilisti si impegnano a coniugare estro e creatività in chiave “eco”.

Nitto, la maglieria eco di alta qualità

E’ il caso del brand Nitto di Giorgia Colleoni. La stilista di Bergamo ha deciso di produrre in Brasile i suoi capi di moda green ecosostenibile per la maglieria, utilizzando materiali che siano il più possibile durevoli.

Grazie a un’accurata selezione delle materie prime, come il cotone per l’estate e l’alpaca per l’inverno, la Nitto fornisce al cliente un kit di riparazione per la possibile fuoriuscita di fili dal capo di maglieria. L’obiettivo è puntare a prodotti senza stagionalità e che assicurino al consumatore una resa duratura nel tempo.

Progetto Quid, ecosostenibilità made in Verona 

Il Progetto Quid è una cooperativa sociale nata a Verona nel 2013 grazie ad Anna Fiscale. Essa si basa sul recupero del 90 per cento di tessuto italiano per le collezioni, mentre il restante 10 per cento proviene da Spagna, Inghilterra e Croazia. Inoltre il brand acquista materie prime da aziende storiche o da grossisti per dare nuova vita ai capi.

Wråd, da start up a promoter cultura sostenibile nel mondo

Il marchio Wråd di Matteo Ward nasce nel 2015 come start up. Oggi non è solo un marchio commerciale, ma è promotore di sensibilizzazione sociale dei consumatori. Oltre a ciò, Wråd ha deciso di collaborare con realtà come Fashion Revolution e Cittadellarte Fashion B.E.S.T. per fare rete allo scopo di diffondere la cultura della m ecosostenibile.

Le aziende di moda straniere green

Tamaris, le calzature nel rispetto dell’ecosistema

Per la prossima primavera estate Tamaris, brand nato nel 1995 in Germania, propone calzature in Bloom, un materiale derivante dall’alga nato per contrastare un importante fenomeno ambientale.

L’eccessiva diffusione di alghe priva l’acqua di ossigeno: in tal modo vengono rilasciate tossine che danneggiano l’ecosistema. Il Bloom usa le alghe per trasformarle in una resina contenente un alto quantitativo di additivi biologici. Ciò comporta l’abbandono del petrolio e di altre materie prime nocive per l’ecosistema.

Ecoalf, sostenibilità a favore dell’inclusione femminile

Ecoalf, marchio spagnolo nato nel 2009, presenta una collezione chiamata “US” che vuole rappresentare inclusione e sostenibilità per tutte le donne. I capi realizzati sono in lino, viscose e cotone totalmente sostenibili e ogni capo è definito con caratteristiche che contraddistinguono l’universo femminile.

Tra queste vi sono Gioia, Uguaglianza e Ottimismo. Particolari le tinture utilizzate provenienti dal mondo naturale, come i gusci delle noci e le bucce delle melagrane. Inoltre sono stati impiegati minerali come l’ematite e il lapislazzulo per creare sfumature che richiamano la natura.

A che punto è la moda sostenibile?

Ma come è la situazione attuale della moda? Se da una parte vi sono influencer che dettano moda a favore dell’acquisto di capi sostenibili, dall’altra la cultura tra i consumatori a comprare “eco” non è ancora entrata a far parte delle nostre vite.

Il fenomeno del fast fashion promosso negli ultimi anni dalle multinazionali del settore ha generato il trend della moda veloce. L’acquisto del capo più in voga del momento è alla base di un consumismo radicato nella società. Cambiare direzione si può. La strada è ancora lunga, ma i segnali sono positivi e vanno nella direzione di una sempre più crescente attenzione a tutela dell’ambiente.

Elisabetta Majocchi

Elisabetta Majocchi

Elisabetta Majocchi, laureata in Informazione ed Editoria ho collaborato con testate scrivendo di cultura, costume e società. Appassionata di attualità, politica e sostenibilità, oggi scrivo per BuoneNotizie.it grazie al Laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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