Da vent’anni a questa parte la crisi ambientale è salita in cima alle nostre priorità. La consapevolezza, la trasparenza e l’azione sono determinanti al fine di ristabilire un sano equilibrio ambientale sulla terra. È molto importante porre l’attenzione su tutte quelle produzioni che danneggiano l’ecosistema, oggi parleremo del settore tessile. Porre le basi per la maturazione e la crescita della moda sostenibile è il primo passo per ridurre le emissioni dannose prodotte da questo settore e dalle migliaia di tonnellate di rifiuti che ogni anno produciamo in questo specifico campo. In questo senso la sostenibilità deve entrare a far parte della nostra quotidianità. Ogni passaggio di lavorazione, nel mondo della moda, sarà ecologicamente determinante: dalla scelta delle materie prime, alla distribuzione, allo smaltimento.

Giocare in anticipo sulla moda sostenibile può salvarci la vita

Sarebbe quasi un sogno riuscire a prevedere l’impatto che un prodotto potrà avere sulle nostre vite e sull’ambiente circostante ancor prima della scelta delle materie prime di produzione. La prevenzione, come nella medicina anche nella sostenibilità, sta diventando la nuova mission di migliaia di brand in tutto il mondo. Sulla scia del “prevenire è meglio che curare” si muovono realtà che puntano a ridurre l’impatto del ciclo vitale di un prodotto a partire dalla scelta delle materie prime che influenzano del 55% l’intera emissione.

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L’industria della moda è la più impattante sull’ambiente e molte aziende se ne sono accorte. Da anni è in corso la transizione sostenibile e si sta sperimentando una sorta di allungamento del ciclo vitale di un articolo. Giocare in anticipo significa capire da dove arriva ma anche dove arriverà il prodotto. Perciò già dalla scelta delle materie prime si deve avere un piano ben preciso su come smaltire o riutilizzare la merce. Ad esempio nel campo della moda stanno nascendo molti modelli di centri di raccolta e smistamento, sistemi di riciclo, servizi di second-hand e riutilizzo.

Arriva il primo indicatore di sostenibilità di un prodotto della storia

Si chiama Carbon Footprint di Prodotto (CFP) ed è stato adottato per la prima volta dal marchio Zordan come indicatore di sostenibilità degli arredi prodotti e destinati ai punti vendita. La CFP misura le emissioni di GHG (greenhouse gases) generate per la realizzazione di un prodotto. “Ogni cosa che produciamo ha una Carbon Footprint, ovvero un effetto sulle emissioni di gas serra” afferma Alfredo Zordan, intervistato da Buone Notizie. Misurando la CFP si può quantificare l’impronta che lascia il ciclo vitale di un prodotto e comparare il valore delle emissioni rispetto a modalità alternative di produzione. “Lo strumento creato da Zordan non ha precedenti” afferma il Direttore Commerciale dell’azienda.

Così diventa fondamentale far conoscere la Carbon Footprint, come spinta dell’innovazione per una vita più sostenibile anche nel campo della moda. La mission dei diversi marchi in giro per il mondo deve essere soltanto questa, senza dimenticare quanto la trasparenza nei confronti del cliente sia importante. Per effettuare il calcolo della CFP si scompone il ciclo di vita del prodotto e si quantificano le emissioni a partire dalla scelta delle materie prime fino alla consegna al consumatore e al fine vita. La trasparenza è un passo fondamentale di questo processo di trasformazione in una società sostenibile.

Acquistare significa scegliere e questo porterà necessariamente a delle conseguenze. Informare il cliente gli permette di compiere delle scelte consapevoli” conclude Zordan.

L’UE spinge verso una moda il più sostenibile possibile

Come già accennato, la trasparenza verso il cliente è diventata parte del processo di sostenibilità. Il percorso delle aziende di distribuzione verso la moda sostenibile inizia spesso da materie prime e packaging, ma raggiunge la massima espressione al momento della vendita, quando si procede ad informare il cliente del ciclo vitale del prodotto che sta acquistando. La comprensione porta alla consapevolezza e qui viene messa in moto la macchina della sensibilizzazione alla sostenibilità sul campo. In quest’ottica l’Unione Europea ha dato il via a dichiarazioni, sotto forma di marchi posti sull’etichetta, che possano garantire l’impatto favorevole di un prodotto per l’ambiente: questi sono i Green Claims. La dichiarazione ufficiale attesta che la composizione di un articolo, il modo in cui è fabbricato o prodotto, il modo in cui può essere smaltito e il suo impiego vadano incontro alle politiche di sostenibilità adottate dal Paese.

L’ecologismo di facciata è un ostacolo alla sostenibilità

Naturalmente con il fenomeno del Green Claim è cresciuta di pari passo la pratica del Greenwashing, testualmente “ecologismo di facciata”: ciò avviene quando i Claim non possono essere verificati o non sono reali quindi c’è “appropriazione indebita di virtù ambientaliste finalizzata alla creazione di un’immagine verde“. Questo avviene molto spesso nell’ambito della moda sostenibile o finta sostenibile. A partire da fine marzo 2022 è arrivata la prima ordinanza regolatrice per punire penalmente coloro che praticano Greenwashing. È un traguardo importantissimo per ripulire la strada intrapresa verso un’economia circolare ed ecosostenibile. Infatti l’associazione no profit Save the Planet ha costituito una commissione apposita con il compito di passare al vaglio possibili azioni di comunicazione ingannevole e non trasparente verso i consumatori.

L’Unione Europea ha stabilito queste norme seguendo l’esempio del “Fashion sustainability and social accountability act” americano; secondo il quale, per legge, tutte le aziende di moda hanno l’obbligo di rivelare le loro politiche, i processi e gli impatti dei prodotti come impegno ambientale e sociale. Questo a riprova di come, seguendo l’orma della cooperazione per un fine comune, si possa trasformare il mondo in un sistema avanguardistico ed ecosostenibile.

La Camera Nazionale della Moda italiana e il Sistema Moda Italia in prima linea per una moda sostenibile

L’associazione della Camera Nazionale della Moda italiana (CNMI) promuove e coordina il settore moda e la formazione dei giovani stilisti italiani. Dal 2010 è scesa in campo come sostenitrice di un’economia circolare nel settore della fashion sustainability. Infatti, durante la Milano Fashion Week, è stata promotrice del progetto “Designers for the Planet”. Il programma è dedicato ai brand emergenti che hanno fatto della sostenibilità la componente fondamentale delle proprie collezioni.

In Italia, a livello normativo, si stanno facendo passi da gigante per quel che riguarda la necessaria rivoluzione della moda sostenibile. Prima di tutto già da due anni è stata estesa la responsabilità del produttore su tutto il ciclo del prodotto fino al suo smaltimento. Dal primo gennaio 2022 per legge è obbligatoria la raccolta differenziata del tessile, in anticipo di tre anni sul resto d’Europa. Da marzo infine si sono allargate le politiche di trasparenza in tutta Europa e i marchi dovranno dimostrare legalmente di seguire una strada green. La federazione del Sistema Moda Italia (SMI) ha annunciato il lancio di un consorzio chiamato Retex.green. I brand aderiranno su base volontaria al progetto come produttori responsabili. Con la creazione di Retex si metteranno le società di moda in condizione di essere le principali artefici del processo di riciclo e circolarità. Ciò avrà un risvolto positivo per i brand, aumenterà la loro credibilità e rappresenterà un fattore comunicativo e di sensibilizzazione importante.

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Flavia Santilli

Flavia Santilli

Studio presso l'Università degli Studi de L'Aquila. Ho collaborato con diverse testate. Sportiva agonista e istruttrice di nuoto. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista. E tu cosa stai aspettando?

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