È in arrivo la stagione estiva anche nell’Artico e con essa aumentano traffico navale e connesse possibilità di sversamenti di petrolio. Lì dove per gli umani è difficile agire, la natura dà la risposta principale: uno studio dell’Università di Calgary mostra come anche nelle gelide acque dell’Artico alcuni batteri possono decomporre petrolio e diesel e arginare naturalmente l’impatto del danno provocato dall’inquinamento da idrocarburi.

Insostenibilità dei combustibili fossili

Solo un mese fa, l’affondamento della petroliera Xelo al largo delle coste tunisine aveva fatto piombare alcuni Paesi mediterranei nella paura per un eventuale disastro ambientale simile a quello sofferto dal Perù a gennaio e, ogni volta che accade un evento di tale portata, sorgono nuovamente i dubbi sulla sostenibilità della società contemporanea.

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Se da un lato il mondo occidentale inizia o tenta di proiettarsi nell’era green, quantomeno idealmente, dall’altro c’è da fare i conti con i danni ambientali di oltre un secolo di sfruttamento di combustibili fossili. Una condizione con cui l’umanità, si ipotizza, dovrà fare i conti purtroppo almeno fino al 2050. Il loro consumo oltre ad aver aumentato le temperature globali ha devastato sovente terre e coste. Per questo il mondo della ricerca prova anche a cercare soluzioni.

Durante lo sversamento della piattaforma Deepwater Horizon, tra i rimedi, furono utilizzati anche agenti chimici considerati cancerogeni per l’essere umano ed altrettanto inquinanti l’ambiente da rischiare la sostituzione di un danno con un altro. Dinanzi al deterioramento dell’ecosistema, il mondo della scienza ha provato a comprendere anche quale possa essere la capacità di risposta della natura alle catastrofi ambientali dettate dagli sversamenti di petrolio.

I rischi nell’Artico

Gli stessi batteri studiati già dal 2006 dal Cnr in Italia, Alcanivorax borkumensis, sono stati ritrovati in grandi quantità proprio nel mare inquinato dalla Horizon e studiati successivamente dall’Università del Texas, che ne ha sequenziato il dna ed osservato l’azione in temperature oceaniche. C’era però una questione aperta per quanto riguarda le gelide coste polari.

Con l’apertura delle rotte artiche e un mare libero dai ghiacci per periodi più lunghi durante l’arco dell’anno, effetto del cambiamento climatico, la possibilità di sversamenti di idrocarburi è diventata meno remota. La regione è diventata ancor più strategica sia per l’estrazione che per il trasporto degli idrocarburi. Una risposta per la salvaguardia ambientale adatta alle basse temperature dell’Artico andava ricercata e sembra averla trovata un ricercatore del luogo.  

Lo studio di Sean Murphy sui tre batteri

Nel 2021 l’Università di Calgary in Canada ha scoperto tramite sequenziamento genomico che i batteri Paraperlucidibaca, Cycloclasticus e Zhongshania hanno un grande potenziale per il biorisanamento da idrocarburi: pare infatti che siano capaci di scomporre le molecole di petrolio e diesel scindendole e assorbendone alcune componenti elementari per sostenere le proprie funzioni biologiche. Tale dinamica permette di biodegradare, anche se molto lentamente, i combustibili fossili.

La scoperta è arrivata dall’attenzione al proprio territorio data da Sean Murphy. Lo studente, cresciuto nella regione canadese più a rischio ambientale, era rimasto profondamente turbato dai danni causati dalla tragedia della Horizon, e aveva l’intenzione di trovare delle strategie di mitigazione dell’eventuale danno ambientale in un territorio remoto e dal difficile accesso.

Assieme al proprio supervisore, il professore associato di geomicrobiologia Casey Hubert, Murphy ha sperimentato artificialmente una fuoriuscita di petrolio ricostruendo le condizioni climatiche del mare artico, con temperatura media di 4°C, e osservato la risposta biologica nel tempo. L’evoluzione dell’esperimento ha portato Murphy e il coautore dello studio “Biodegradazione del diesel e del petrolio greggio da parte delle comunità microbiche adattate al freddo nel mare del Labrador” ad affermare che le tre tipologie di batterio rappresentano effettivamente la risposta primaria “sul lungo periodo” della natura a un eventuale sversamento di idrocarburi.

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Pasquale De Salve

Pasquale De Salve

Sono laureato in Filosofia e scrivo per passione. Qui scrivo di ambiente, politica, diritti e qualche volta anche di altro. Cerco di intendere il mondo per quello che è, ma di utilizzare quelle poche parole che ho a disposizione perché possa migliorare. Il suo cambiamento, però, dipende dallo sforzo di ognuno di noi!

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