Lo sport più famoso del globo sta muovendo i primi passi verso una più attenta sostenibilità. Presa coscienza dell’impatto mediatico, il calcio sta iniziando a muoversi verso un’impronta ambientale più ecologica. Un segnale verso una soluzione che possa rendere meno dannoso l’intervento umano.

L’impatto ambientale nel calcio

Il calcio inquina, e non poco. Il gioco più popolare del mondo infatti, per via del grande seguito mediatico di cui gode, genera circa 750 mila tonnellate di rifiuti l’anno. Tuttavia, non è possibile stabilire con esattezza il reale impatto ambientale sull’ecosistema locale o globale. L’analisi dell’impronta ecologica che stabilirebbe con precisione il fenomeno, infatti, dovrebbe essere ricavata in base a tutte quelle attività che hanno luogo all’interno e all’esterno dello stadio. Ovvero riscaldamento, illuminazione, erogazione di cibo, uso di bevande, ecc. Difficile, quindi, avere tra le mani un’ecological footprint chiara e precisa delle grandi kermesse calcistiche in fatto di sostenibilità. Sapendo che, in media, sono circa 4 miliardi le persone appassionate al Bel Gioco, il tutto si fa decisamente complicato.

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Ridurre le emissioni di anidride carbonica, contenere e limitare l’utilizzo della plastica per gli snack da stadio, consumare acqua e bevande in modo consapevole, ma anche ridurre lo spreco di cibo, sono solo alcune delle misure da adottare per garantire una migliore impronta ambientale in occasione dei matchday. A tal proposito, giusto citare lo studio condotto in ambito europeo da Geoff Walters e Richard Tacon nel 2011, intitolato “Corporate social responsibility in European football”.

Sostenibilità: il primo passo

Oltre ad evidenziare un certo impegno in fatto di sostenibilità da parte dei club, la ricerca ha sottolineato un aspetto fondamentale. Allora, infatti, le istituzioni calcistiche si stavano avviando verso una più attenta iniziativa sul tema della difesa ambientale. Stando ai dati emersi, infatti, il 50 % dei team europei si impegnava già ai tempi per una corretta attività di riciclo dei rifiuti prodotti durante le partite, e non solo. Il 47% circa, invece, dedicava parte delle proprie energie alla riduzione di diverse tipologie di sprechi. Insomma, un piccolo segnale in un mare di indifferenza.

In fatto di sostenibilità, dunque, il calcio ha iniziato a muovere i primi passi verso una strada poco battuta nel corso degli anni. Per risalire ad un segnale concreto ed effettivo, però, è necessario tornare al 2018. Cinque anni fa, infatti, l’Unione Europea stimava che un singolo spettatore producesse quasi un chilo di rifiuti il giorno della partita della propria squadra. A tal proposito, sempre dalla UE nasceva “Life Tackle, un progetto nato e mirato a ridurre l’impronta calcistica sull’ambiente.

Appoggiato anche dalla FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) attraverso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, il progetto Life Tackle si occupa di indagare i processi di smaltimento dei rifiuti prodotti durante lo svolgimento dell’evento partita, e di studiare il corretto utilizzo energetico dei maggiori impianti sportivi europei.

Le iniziative dei club

Nel corso degli anni, poi, alcuni club hanno posto l’accento sulla questione della sostenibilità attraverso alcune piccole iniziative. Spicca l’esempio del Forest Green Rovers. La squadra avente sede a Nailsworth, infatti, è il club più green al mondo. Acquistato nel 2010 dall’imprenditore britannico impegnato nel campo dell’energia verde, Dale Vince, il team ha sin da subito intrapreso una rigorosa politica ambientale. Oltre ad essersi dotato di un autobus elettrico, il club inglese ha fornito magliette e parastinchi in bambù ai propri giocatori, ma anche progettato un nuovo stadio interamente in legno.

Insomma, l’esempio del Forest Green Rovers, riconosciuto dall’Onu come la prima ed unica società calcistica a emissioni zero nel 2018, è lampante. Il calcio, infatti, può e deve sfruttare la propria immensa popolarità per veicolare o generare un impatto positivo sulle comunità di appassionati di tutto il pianeta. La condivisione dei valori e la messa in atto di azioni concrete che possano creare un raggruppamento coeso verso una medesima direzione, quella della sostenibilità, dev’essere un obiettivo. In tal senso, però, sarà sempre più determinante il ruolo della comunicazione digitale, volta a coinvolgere tifosi e supporters in iniziative a difesa dell’ambiente.

Infine, giusto citare l’esempio dei tifosi giapponesi durante l’ultima Coppa del Mondo FIFA in Qatar. Al termine della sfida inaugurale del torneo fra Qatar ed Ecuador, infatti, i supporters del Sol Levante hanno ripulito gli spalti dello Stadio Al Bayt di Al Khor. Un gesto forte e disarmante malgrado la sua estrema semplicità, ovvero, rispettare il luogo di cui si è ospiti. Insomma, la tutela dell’ambiente, parte anche dall’educazione del singolo.

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Antonio Di Bello

Antonio Di Bello

Studente universitario con esperienze lavorative in ambito comunicativo e giornalistico. Amo raccontare tutto ciò che circonda il mondo del calcio, della pallavolo e della Formula Uno. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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