Negli ultimi anni, molte aziende stanno evolvendo il modo in cui si relazionano con il popolo dei consumatori. Non si tratta più solo di realizzare e vendere beni. Le grandi realtà stanno dando sempre più importanza a valori e cause, associando questi elementi alla propria immagine e promuovendoli in varie modalità.
Per tali iniziative è stato coniato il termine di brand activism, ovvero le operazioni che le grandi aziende mettono in campo per impegnarsi in prima persona in questioni sociali e ambientali. Un vero e proprio movimento che sta assumendo i connotati non di una tendenza effimera, ma di una risposta più strutturale alle esigenze di consumatori sempre più consapevoli e impegnati.
Una strategia fondata su autenticità e coerenza
Le aziende ottengono svariati benefìci grazie al brand activism, strategia attraverso la quale riescono ad essere associate a concetti positivi e costruttivi. Questo incrementa l’appetibilità dei propri prodotti e servizi offerti sul mercato, ma in molti casi, l’efficacia di questa pratica può venire meno. I consumatori di oggi dispongono di strumenti per verificare le informazioni e, nel caso in cui ravvisano incongruenza fra valori dichiarati e pratiche reali, questi non esitano a penalizzare i marchi che percepiscono come manipolatori e opportunisti.
È dunque vitale che le aziende mettano in atto un allineamento fra causa sostenuta, prodotto, marchio e partner promozionale. Questo implica una scelta meticolosa degli ambasciatori del brand: non bastano i milioni follower di Instagram, serve soprattutto un impegno reale sui temi individuati, comprovato da fatti oggettivi. In caso contrario, le operazioni delle imprese vengono etichettate duramente di ecologismo, inclusività o attivismo di facciata. Pratiche che rientrano tutte sotto il termine-ombrello di causewashing – forma di marketing ingannevole -, con conseguenze spesso disastrose come, danni irreparabili alla reputazione dell’azienda, perdita di fiducia da parte dei consumatori e, in casi estremi, anche pesanti sanzioni legali.
Generazioni sempre più sensibili ed esigenti
Sono le generazioni dei Millennial (i nati dal 1981 al 1996) e della Gen Z (1997-2012) quelle che stanno catalizzando questo cambio di rotta. Si tratta delle generazioni cresciute in una fase di globalizzazione, digitalizzazione e connessione totale, elementi che hanno contribuito alla loro crescente sensibilità a temi quali la crisi climatica, le disparità sociali e i diritti umani. Per molti non sono più sufficienti slogan accattivanti e costose campagne propagandistiche: oggi chiedono soprattutto autenticità e concretezza.
Il ruolo degli influencer nel brand activism
Una recente ricerca dell’Università di Stoccolma ha evidenziato che gli influencer che associano l’attivismo alle proprie campagne promozionali ottengono un aumento del tasso di coinvolgimento dei contenuti, orientando con maggiore efficacia le intenzioni di acquisto dei propri follower. Ciò è reso possibile dalla mitigazione della percezione negativa normalmente associata allo scopo commerciale.
Questo è un fenomeno oggi ampiamente sfruttato dalle grandi aziende, che ingaggiano regolarmente personaggi di successo per promuovere i propri prodotti: lo vediamo ogni momento su ogni piattaforma social. Le sfere della responsabilità sociale e ambientale si confondono costantemente con quella dell’ordinaria vendita di beni e servizi. Un contesto in cui la consapevolezza del pubblico è posta in continua competizione con l’abilità dei creator di intrattenere, illudere e vendere per conto terzi.
Un nuovo rapporto tra azienda e consumatore
I professionisti del marketing e gli studiosi delle scienze sociali hanno più volte sottolineato che Il brand activism è principalmente uno strumento per vendere, ma deve essere letto necessariamente anche come un riflesso delle nuove dinamiche sociali, culturali ed economiche in atto.
In un contesto fluido e sempre più veloce, le aziende sono costrette a ridefinire il proprio ruolo, ponendo in equilibrio obiettivi economici privati con la responsabilità sociale. Proprio per questo, il successo in tale ambito è affidato sia a competenze strategiche sia a una profonda comprensione delle dinamiche umane e delle aspettative degli individui, da intendere un po’ meno come consumatori e più come persone con valori e ideali.

