Nella periferia popolare a sud ovest della capitale, a pochi chilometri dal grande raccordo anulare, sorge un imponente complesso formato da due edifici gemelli e speculari alti nove piani e lunghi 980 metri. Si chiama Nuovo Corviale, meglio noto come Corviale e chiamato più “affettuosamente” il Serpentone. Avrebbe dovuto essere, almeno nelle intenzioni dei progettisti (siamo nei ruggenti anni ’70) un’eccellenza dell’edilizia popolare, un luogo di aggregazione, con i suoi ballatoi e spazi comuni, seminterrati e via dicendo. Invece, la fame dell’indigenza e l’impossibilità di portare a termine quanto iniziato, hanno trasformato questo smisurato colosso in un pubblico imbarazzo. E’ proprio qui, in questi spazi occupati da storie di povertà, immigrazione e abusivismo che un gruppo di coraggiosi coltivatori di anime, ha deciso di costruire un campo di calcio ma anche di vita: il “campo dei miracoli”, il primo centro di calcio sociale al mondo. Un esperimento attraverso cui il calcio e lo sport diventano vero strumento di educazione, un modo di “cambiare le regole del calcio per ridiscutere le regole del mondo”, come dice gioioso il giovane e solare Massimo Vallati – fondatore di Calciosociale.

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