Le immagini della vicina guerra Ucraina-Russia continuano a turbare l’Europa. Si stanno compiendo scelte, fino a poco tempo fa impensabili: armamenti europei, giovani ucraini che lasciano le loro case per andare al fronte e molti profughi in arrivo.

Le circa 236.000 persone di nazionalità ucraina residenti in Italia si stanno attivando: molti si recano a Kiev, altri aiutano i loro connazionali con raccolte di materiali da distribuire a chi scappa. “La giungla della storia è tornata, l’Italia non intende voltarsi dall’altra parte” ha detto Draghi nella comunicazione al senato il 1 marzo, giorno di inizio primavera in Russia.

Con Buone Notizie, abbiamo raccolto per voi tre storie: dall’Ucraina, con Petro che si è recato al fronte; da Venezia con Natalya di Mosca, che teme per i suoi connazionali e Alina, la cui famiglia in Polonia sta aiutando i profughi che arrivano al confine.

Petro: tornare in Ucraina è il mio dovere

“Mi chiamo Petro, sono italo ucraino – racconta in una videochiamata Petro – ho 27 anni e non ho mai imbracciato un fucile, ma so che devo tornare nel mio Paese d’origine e aiutare i miei connazionali in questa guerra fra Ucraina e Russia. Sono arrivato con un transfer e da due giorni mi trovo in un rifugio di una zona periferica di Kiev, con altre persone. Mentre viaggiavo verso l’Ucraina, ho visto il percorso inverso di chi scappava al confine con la Polonia. Mi sono sembrate scene già viste, ma mai assimilate: donne, bambini, anziani, avvolti in giacche pesanti e con grandi zaini, che camminavano fra le file di macchine ferme e senza più conducenti. 

La situazione a Kiev è di paura, ma c’è grande determinazione e orgoglio per il presidente Zelensky. Si separano le famiglie: le madri portano i bambini al confine, a volte per tornare indietro e restare in Ucraina. In questi giorni molte persone preparavano molotov, rifugiandosi al suono degli allarmi, per poi continuare, decise a combattere le scelte russe.

Mi sembra di essere in uno stato di dormiveglia costante: a volte non credo di essere qui. Fra qualche giorno andrò con altri ragazzi dove ci sarà bisogno. Sto imparando come tenere in mano un fucile e cosa fare. Non so se sarò utile oppure no, ma so che sono qui, nel posto giusto a fare la mia parte. Fino a una settimana fa ero a casa, con la mia famiglia, ora sono pronto a combattere per loro”.

Natalya: la Russia ha sbagliato ad attaccare l’Ucraina , ma la xenofobia non deve prevalere

“Mi chiamo Natalya, ho 54 anni, sono di Mosca – si presenta Natalyav– e vivo a Venezia da oltre trent’anni. Mi sento italiana e russa. Oggi però essere russo sta diventando un marchio a fuoco. Ho sfilato alla marcia contro la guerra, tenevo in mano un cartello con su scritto “Siamo russi, siamo contro la guerra”. Questo è quello che voglio che le persone capiscano: ciò che sta accadendo in Ucraina non è condiviso da tutte le persone che vivono in Russia e le grandi azioni che si stanno riversando sui miei connazionali sono davvero violente. 

Ieri, mia sorella che vive a Mosca, non ha potuto prelevare contanti, perché le carte di credito sono state bloccate. Passeggiando per Venezia, ho sentito molti discorsi da bar, da cui emergeva che molte persone fossero contro i russi; questo non può fare altro che incrementare fenomeni di xenofobia. Mi rendo conto che in Russia, vi sia una fortissima strumentalizzazione mediatica, e non c’è la visione che abbiamo noi in Italia e nel resto d’Europa, ma questo non ci deve discriminare. 

Nel mio piccolo sto organizzando raccolte fondi, spalla a spalla con ucraini, polacchi, rumeni e italiani. Cerchiamo di aiutare tutti gli sfollati e renderci disponibili per accogliere chi fugge dall’Ucraina

Alina: al confine fra Ucraina e Polonia per accogliere chi fugge

“Sono Alina, sono nata in Italia da genitori polacchi – dice Alina – i miei genitori sono tornati a Cracovia e ora sono al confine fra Polonia e Ungheria per accogliere chi fugge e fra poco li raggiungerò. Sono molti (ndr: circa 520.000 secondo UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) gli sfollati e i rifugiati che scappano in direzione di Polonia, Romania e Moldavia.Gli ucraini scappano, ma nello stesso tempo molti ritornano a casa dopo aver messo al sicuro i più deboli.

La situazione è grave, ma mi emoziona vedere quanta cooperazione si stia creando. Con la Chiesa Ucraina di Venezia stiamo organizzando delle raccolte di materiali da portare al confine. Lo stesso avviene in tutte le città d’Italia. Questi gesti sono la conferma che l’Italia e l’Europa sono unite, pronte ad aiutare chi è in difficoltà. Ciò che sta accadendo, nella sua drammaticità, dimostra che siamo tutti legati alle problematiche che la guerra sta causando, che gli Ucraini non sono soli. 

Un elemento su cui stiamo puntando è quello di non discriminare chi arriva dalla Russia. Stiamo lavorando con uomini e donne russi che condannano questa guerra: non dobbiamo creare fenomeni di xenofobia. Lo stesso per coloro che arrivano dalla Bielorussia: in molti stanno cambiando atteggiamento nei confronti di coloro i cui Paesi hanno delle relazioni con la Russia, ma dobbiamo ricordare che le scelte politiche non sono le scelte di un popolo”

Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, archeologa, antropologa, viaggiatrice e sportiva, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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