Nel cuore di Torino, in un’aula piena di microfoni, copioni e sorrisi, accade qualcosa di straordinario che abbatte le barriere dell’autismo e apre all’inclusione. Il doppiaggio, solitamente riservato al mondo del cinema e della televisione, si trasforma in uno strumento educativo e relazionale per un gruppo di ragazzi nello spettro autistico.

È il progetto avviato da Teatro8, una scuola di formazione artistica torinese, che ha scelto di usare la voce come chiave per aprire nuove possibilità espressive e sociali.

Un’idea semplice, un impatto profondo per abbattere le barriere dell’autismo e favorire l’inclusione

L’iniziativa nasce nel 2023 a Torino grazie all’intuizione dei fondatori del centro, che lavorano da anni sull’educazione teatrale inclusiva. L’idea è stata sostenuta fin da subito da neuropsichiatri infantili e pedagogisti, che ne hanno riconosciuto il potenziale innovativo per abbattere le barrire dell’autismo e favorire l’inclusione di ragazze e ragazzi. Dopo una fase sperimentale durata sei mesi, il progetto è entrato a pieno regime all’inizio del 2024, coinvolgendo un primo gruppo di 12 ragazzi tra gli 11 e i 18 anni, con diverse diagnosi all’interno dello spettro.

«Il doppiaggio è uno strumento potente perché costringe a rallentare, ad ascoltare, a modulare emozioni e parole – spiega Laura Ferri, educatrice teatrale e coordinatrice del progetto – Sono tutte competenze su cui lavoriamo anche in terapia, ma che qui diventano gioco, narrazione, immaginazione. Grazie a questi progetti i ragazzi vivono nella completa inclusione e diventano più sicuri e responsabili».

Una metodologia integrata per abbattere i pregiudizi sull’autismo

Le lezioni si tengono ogni sabato mattina, in uno studio attrezzato all’interno del teatro. Ogni sessione dura circa 90 minuti e segue una struttura precisa: esercizi vocali e respiratori, lettura corale, doppiaggio su spezzoni di cartoni animati, con feedback Immediati e personalizzati. Gli educatori sono affiancati da una logopedista e da un’assistente alla comunicazione formata in Comunicazione Aumentativa Alternativa (ne abbiamo parlato qui), per facilitare l’accesso ai contenuti anche per chi presenta difficoltà linguistiche marcate.

«Abbiamo scelto scene brevi, con dialoghi emotivamente semplici ma ricchi di sfumature, come quelle tratte da Inside Out, Zootropolis, o Ratatouille – spiega Ferri – Lavorare su personaggi e contesti narrativi permette ai ragazzi di esplorare emozioni in modo indiretto ma profondamente coinvolgente. Spesso i testi mirano a ispirare, parlando di inclusione e rivincite».

Autismo e disabilità: la voce che apre cuore e mente con Teatro8

Autismo e disabilità: la voce che apre cuore e mente. Foto: Mikhail Nilov

Le voci che costruiscono legami e abbattono le barriere

Al centro del progetto c’è l’idea che l’inclusione non sia un atto simbolico, ma un processo concreto. «Qui posso essere me stesso – racconta Matteo, 15 anni, uno dei partecipanti – Quando faccio le voci dei personaggi mi sento libero, come se finalmente potessi dire quello che penso». Accanto a lui, Martina, 17 anni, aggiunge «All’inizio ero timida, ma ora aspetto il giorno della lezione con impazienza. Mi piace come gli altri mi ascoltano, senza interrompermi».

I progressi sono tangibili anche fuori dalla sala: maggiore autonomia, più fiducia in sé stessi, miglior gestione delle frustrazioni. «Mio figlio ha sempre avuto difficoltà a esprimersi in pubblico – racconta la madre di Tommaso, 14 anni – Ora prende l’iniziativa, propone battute, si diverte. È un cambiamento che ha sorpreso anche gli insegnanti».

L’autismo e l’inclusione partecipata

Il progetto ha ricevuto un primo sostegno dalla Fondazione CRT, che ha finanziato l’acquisto di microfoni, software e postazioni individuali. Oggi è in fase di ampliamento: l’obiettivo per la fine del 2025 è coinvolgere almeno 30 ragazzi, attivare un corso per giovani adulti e creare un piccolo festival di doppiaggio inclusivo, con proiezioni aperte alla cittadinanza.

Secondo gli organizzatori, la sfida più grande non è stata tecnica, ma culturale. «L’autismo è spesso letto in chiave di limite, sia nel mondo della recitazione che in quello dello sport – riflette Ferri – Noi vogliamo invece mostrare come ciascuno, con i suoi tempi e le sue modalità, possa portare valore, bellezza, creatività. E che l’arte, come lo sport, è uno dei modi più efficaci per farlo emergere».

Nel panorama delle iniziative legate all’autismo quella di Torino si distingue per l’originalità e l’impatto. È un esempio di come il linguaggio artistico possa diventare non solo uno strumento terapeutico, ma un motore di trasformazione sociale. Non solo: Torino pullula di iniziative inclusive (ne abbiamo parlato qui) e ci ricorda che, spesso, basta dare voce a chi non viene ascoltato per aprire spazi nuovi di comprensione e di convivenza.

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Edoardo Casolo

Edoardo Casolo

Sono appassionato di geopolitica, cinema e cultura, di viaggi e di industria video-ludica. Vicentino ma vivo a Venezia, città che ho amato dal primo momento in cui l'ho vista. Con il laboratorio di giornalismo realizzerò il mio sogno di diventare pubblicista.

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