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Svizzera: paradiso fiscale sì, ma contro la corruzione

Da qualche anno la Svizzera ha deciso di trasformare la propria reputazione di forziere bancario degli affari (anche quelli loschi) di mezzo mondo, a quella di modello alla lotta contro l’iniquità e l’illegalità finanziaria. In che modo? Sequestrando i profitti rivelati illeciti da indagini condotte per conto proprio e restituendole ai paesi di origine. Esempi illustri ne hanno fatto le spese: tra questi, l’Italia ha beneficiato per 14,4 milioni di dollari, dovuti soprattutto a proventi mafiosi e a tangenti dei tempi di Mani Pulite.

La maglia nera va di diritto al dittatore nigeriano Sani Abacha, al potere per 5 anni dal 1993, che ha svuotato le casse dello stato africano per depositarle direttamente nel proprio conto in Svizzera e in vari paradisi fiscali del globo: 700 milioni di dollari il maltolto restituito.

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La filosofia di fondo che anima la svolta svizzera, è la considerazione che i profitti nella gestione di denaro illecito sono molto inferiori al danno che una banca può subire alla propria immagine e reputazione nei casi di esempi sopra descritti. Inoltre, e non per ultima, la lotta a questi tipi di corruzione aiuta lo sviluppo umanitario mondiale, nel solco della pacifista tradizione elvetica.

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