Secondo un’indagine condotta nelle imprese aderenti alla “Spesa in campagna” della CIA, dopo il risparmio (82%) e la ricerca di cibi sani (73%), ad attrarre gli italiani dai contadini è proprio la singolarità di questi sapori (52%) legati a tradizioni fortemente locali.
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SostieniciSi va dal cacio “marcetto” abruzzese al liquore di sambuco siciliano, dall’annona calabrese al sedano nero di Trevi, alla focaccia di barbarià del cuneese: sono più di 1.000 i sapori “dimenticati” nelle pieghe del nostro paesaggio rurale, che risultano i più richiesti dagli “habitué” della spesa in campagna, che fanno i loro acquisti nelle 3.000 aziende che ancora perseguono tenacemente la tradizione.
Per il 47% del campione, inoltre, la spesa in campagna è un’ottima occasione per passare qualche ora all’aria aperta insieme alla famiglia e, soprattutto, ai bambini.
Questi tutti i motivi alla base del crescente successo della spesa in campagna. Ed è proprio grazie al successo della “spesa dal contadino”, che queste aziende “di nicchia” e questi sapori tradizionali riescono a sopravvivere.
Dopo il “boom” del 2011, che aveva fatto segnare un incremento del 15%, i primi sei mesi del 2012, sottolinea la CIA, confermano questo trend. Da gennaio a giugno 2012, a scegliere i prodotti delle aziende agricole sono stati già oltre 2 milioni di italiani: un piccolo esercito di consumatori attenti e consapevoli, che opta per la qualità e la tracciabilità degli alimenti, senza dimenticare le esigenze del portafoglio.
Secondo l’identikit tracciato dalla CIA, l’appassionato della spesa in campagna ha circa 40 anni, un titolo di studio elevato e almeno un figlio piccolo. Il livello di scolarizzazione è molto alto, con il 25% di laureati. Tra questi, il 33% sono insegnanti, il 24% impiegati e il 19% pensionati. Per il resto, nel 9% dei casi si tratta di liberi professionisti, nel 5% di imprenditori e nel 3% dei casi di studenti.
Secondo i calcoli della CIA, su un budget medio mensile per alimentari e bevande di circa 467 euro a famiglia, la “spesa in campagna” fa spendere circa 140 euro in meno. Cifra che, moltiplicata per dodici mesi, si traduce in un risparmio annuo di almeno 1.680 euro per nucleo familiare.
Non è cosa da poco, quindi, soprattutto se si considera che la crisi economica ha costretto una famiglia italiana su tre a “tagliare” il carrello alimentare, mentre tre italiani su cinque hanno dovuto modificare e “ridimensionare” il menù quotidiano e oltre il 39% ha scelto di rivolgersi quasi esclusivamente agli hard-discount e alle promozioni commerciali per acquistare il cibo.
Per approfondire l’argomento, sul sito della CIA è disponibile un’interessante tabella dei prodotti agroalimentari italiani d’eccellenza”dimenticati”.