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Litografia Bulla a Roma: un viaggio lungo oltre 200 anni

litografia Bulla

Nel cuore della città eterna, nei vicoli senza tempo del suo centro storico, da oltre due secoli è attiva la litografia Bulla, punto di riferimento per artisti di fama mondiale.

Le pareti sono tappezzate da opere d’arte, in fondo alla sala principale sono archiviate pile di pietre utilizzate per stampare le varie edizioni nel corso degli anni e nell’intera bottega si respira il profumo senza tempo dell’arte.

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Quasi due secoli di attività

È subito evidente il torchio xilografico in ghisa del Settecento e prodotto dalla fabbrica bolognese Bendini, che non esiste più. “Purtroppo i prodotti di oggi non hanno una certa valenza, c’è troppa gente naif sia nel mondo dell’arte che in quello meccanografico”, ci confida Romolo Bulla.

Gli ambienti soffusi e vintage della bottega riportano indietro nel tempo, a quando gli artisti si accendevano una sigaretta sull’orlo della porta e si discuteva delle loro opere e della loro filosofia. A quando gli artisti avevano un ruolo fondamentale e “se intercedevano presso chiunque, erano in grado di ottenere tutto”. Per Romolo, la bellezza di questo lavoro sta nell’aver incontrato persone eccezionalmente stravaganti, uniche.

Il ruolo della bellezza nella società era riconosciuto, rispettato e fortemente voluto. Oggi nonostante la scarsa attenzione, le scarne per non dire nulle sovvenzioni alle botteghe di interesse storico-culturale, qualcosa resiste ed è frutto di passione e sacrifici.

Tecniche di stampa utilizzate dalla litografia Bulla

La litografia è nata nel 1798 in Germania e consiste nell’utilizzo di una pietra calcarea  che assorbe tutte le sostanze grasse (anche l’impronta di una mano) e liquide. Gli artisti disegnano con matite o con inchiostro grasso sulla pietra che viene assorbito finché il disegno non diventa un segno calcareo. Da qui, mediante l’utilizzo di torchi e rulli, si stampano le edizioni sui vari fogli. Insieme all’artista si procede alle prove di stampa, pietra dopo pietra, finché non viene fuori il risultato sperato (“visto si stampi” o “bon a tirèr”, l’ultima versione di una pubblicazione prima che essa sia mandata in stampa).

Il nostro lavoro – racconta Romolo – dipende dall’artista e vuol dire inventare assieme un’idea per poi riportare sulla pietra esattamente quello che si desidera. Una volta ottenuto il segno sulla pietra si possono fare più di un centinaio di copie. Tuttavia, nel mercato delle grafiche d’arte, gli artisti ne stampano meno per valorizzare i lavori”.

Quale futuro per le botteghe d’arte?

La litografia Bulla è solo una delle centinaia di botteghe nascoste nei centri storici delle città d’arte italiane. Continuano ad operare spesso in silenzio e, se non fosse per la tenacia di chi porta avanti antichi mestieri che si tramandano da generazioni, non sarebbero arrivate fino ad oggi.

Collaborare con una serie di giovani artisti, espressione della generazione attuale, potrebbe essere una buona pratica affinché questa realtà quasi parallela al mondo delle tecnologie in continua evoluzione e all’artificialità possa raggiungere una platea sempre più ampia.

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