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Pesca "in rosa" per la prima cooperativa di pescatori tutta al femminile

Secondo un’antica credenza, le donne in mare porterebbero sfortuna. Ma Rady (nella foto), fondatrice e presidente della prima cooperativa di pesca al femminile in Italia, non ci sta: “Tutte stupidaggini. La prima volta che sono salita su un peschereccio ho assistito ad una pesca miracolosa di orate”. Rady ha cominciato a lavorare per una cooperativa di pescatori professionisti come impiegata, ma oggi è lei stessa pescatore ed ha a disposizione un peschereccio per sè e le sue compagne di lavoro.

Radoslava Petrova, chiamata da tutti Rady, coordina un gruppetto di donne tra i 21 e i 50 anni, italiane e non, che ogni giorno escono in mare nella zona antistante Marina di Carrara, pescano e si occupano della distribuzione del pesce.

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Un gruppo di donne che non si spaventa di certo “davanti all’odore del pesce”. Qualcuna di loro è arrivata qui per passione, qualcun’altra per necessità, perché aveva perso il lavoro, ma non ha avuto paura di lanciarsi in una nuova avventura. “La pesca è una sfida quotidiana, ma è anche un grande amore”, spiega Rady, nata in Bulgaria 39 anni fa, ma cittadina italiana dal 2000.

Il mare è sempre stata la mia passione, racconta. “Quand’ero bambina passavo l’estate con mia nonna sul Mar Nero. Nel 1999 sono venuta in Italia. Facevo solo qualche traduzione dal russo, che parlo fluentemente, e scrivevo per una testata bulgara. Poi mi sono separata e ho ricominciato a lavorare”.

Ed è così che Rady inizia a collaborare con una cooperativa di pesca locale. “Facevo la segretaria, ma appena potevo aiutavo i pescatori. Il loro lavoro mi attraeva. Io e le altre donne ci occupavamo di tutto quello che seguiva la cattura del pesce. Nel 2010 abbiamo cominciato a proporre ricette e prodotti di gastronomia a base di pesce povero, ma comunque molto buono. Poi, lo scorso gennaio, è nata ufficialmente la cooperativa “Bio e Mare”.

La giornata delle 5 ragazze comincia molto presto: si esce in barca verso le 5,30 del mattino e si sta in mare un paio d’ore circa. Al ritorno si vende il pesce, 20-30 kg al giorno, ai distributori. “Non ci fa paura la fatica fisica. Certo, ci svegliamo all’alba, ma succede anche a chi fa l’infermiera o l’operaia. Le reti da pesca sono pesanti, ma oggi la tecnologia si è evoluta e poi c’è sempre qualche pescatore uomo a darmi una mano”.

Rady spiega che la cooperativa rosa “Bio e Mare” adotta un sistema di pesca sostenibile e rispettoso della fauna marina:“Usiamo reti larghe, che catturano solo i pesci adulti e che si sono già riprodotti. Facciamo la raccolta differenziata a bordo dei pescherecci e seguiamo la stagionalità del mare”. Il pesce che avanza viene utilizzato per la produzione gastronomica, completamente biologica. Tutte le ricette sono a base di prodotti locali, per garantire la filiera corta.

Il loro laboratorio di lavorazione biologica dei prodotti ittici è stato aperto grazie ad un finanziamento di 12.500 euro, vinti con un Bando del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali nel 2011. “Riforniamo oltre 100 gruppi di acquisto solidale, a cui consegniamo direttamente i nostri prodotti”, spiega Rady. “Seguiamo i clienti: so chi vuole il pesce sfilettato, chi lo preferisce al naturale. Mi piace accontentarli”.

Tra i sogni della cooperativa di pesca tutta al femminile c’è quello di avere una barca propria e di aprire un ristorante, naturalmente biologico. “Mi piacerebbe arredarlo con i mobili che realizzo con materiale riciclato”. E conclude: “Ora non si può, ma non smetto di crederci. Ci vuole pazienza, una dote che ai pescatori non manca”.

 

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