I giovani italiani non sono affatto “bamboccioni”. Anzi, sono più pragmatici e determinati dei loro genitori. In materia di lavoro, danno più importanza agli aspetti relazionali che alla carriera, sono più propensi ad accettare lavori manuali e a trasferirsi per lavoro. E, nonostante l’attuale quadro negativo , i giovani non si arrendono: 9 su 10, infatti, considerano la perseveranza il fattore più importante per trovare impiego.

E’ quanto si evince da una recente ricerca intitolata “I giovani italiani e la visione disincantata del mondo del lavoro” – realizzata da Gi Group, in collaborazione con OD&M Consulting – per capire quali sono le aspettative dei giovani in materia di lavoro, confrontando il loro punto di vista con quello degli adulti e delle aziende. Obiettivo della ricerca – che  è stata condotta nei mesi di marzo/aprile 2012, su un campione di 1.000 ragazzi tra i 15-29 anni,  1.000 adulti tra i 40-64 anni (con almeno un figlio tra i 15-29 anni) e 30 aziende – era dare una risposta a queste domande: “Come vedono il lavoro i giovani d’oggi? Per loro cosa rappresenta? Gli adulti cosa pensano e le aziende cosa consigliano?”

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Dai dati raccolti emerge che, per i giovani, gli aspetti importanti del lavoro sono: le buone relazioni (specie con capi e colleghi), le condizioni oggettive, tra cui la sicurezza del posto di lavoro, e gli aspetti espressivi, tra cui contenuti interessanti e miglioramento dello stipendio. Meno importanti  gli aspetti legati alla crescita professionale e alla carriera (aspetti, invece, più considerati da genitori e aziende).

Sebbene il lavoro, per il 42% dei giovani, rappresenti per lo più la possibilità di portare a casa uno stipendio (e solo in seconda battuta un’occasione di realizzazione personale),  si evince che la soddisfazione dei giovani occupati è alta sugli aspetti relazionali con capi e colleghi e sugli aspetti espressivi di auto-realizzazione. Mentre è bassa sulle condizioni oggettive di lavoro e molto bassa su possibilità di carriera e retribuzione.

I ragazzi sono più propensi dei loro genitori ad accettare un “lavoro manuale” – se pure in condizioni di professionalità, stipendio adeguato o a livello temporaneo. E anche se per più di 1 giovane su 4 il settore pubblico rappresenterebbe il “lavoro ideale”, 1 su 6, se potesse scegliere, avvierebbe una propria attività (contrariamente al 25% dei genitori che, al contrario, vorrebbe il proprio figlio impiegato in una multinazionale).

I tre quarti di ragazzi e genitori valutano l’apprendistato come un’opportunità per entrare nel mercato del lavoro e 8 ragazzi italiani su 10, inoltre, dichiarano di essere disposti a trasferirsi per lavoro, anche se per lo più in altre regioni d’Italia (circa 40%) o in Europa. Da sottolineare, infine, il fatto che, nonostante il quadro negativo dell’attuale crisi economica, i giovani non si arrendono: 9 su 10 considerano, infatti, la perseveranza il fattore più importante per trovare impiego.

“Instabilità generale, mancanza di punti fermi, crisi persistente sembrano aver minato lo slancio proprio dei giovani che appaiono disincantati, pragmatici e meno rampanti rispetto al passato e ai genitori, ma più realisti e decisi a tenere duro a fronte della crisi e del crescere della disoccupazione – ha commentato Stefano Colli-Lanzi, Amministratore Delegato di Gi Group. “Si tratta di una generazione di mezzo, che sta prendendo coscienza di avere la responsabilità del proprio futuro”.

 “Anche se emerge un certo disallineamento tra quanto i ragazzi si aspettano dal mondo del lavoro e quanto imprese e organizzazioni sono in grado di offrire, i giovani sembrano sforzarsi di coniugare le proprie aspirazioni con la realtà, esprimendo il bisogno di essere aiutati in questo tentativo”, ha concluso Colli-Lanzi. “Ma, soprattutto, appaiono più realisti rispetto ai genitori, puntando ad un lavoro in linea con le capacità e le esperienze maturate, più che con gli studi fatti”.

 

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