Sta andando benissimo la raccolta firme dal titolo “Tagli agli stipendi d’oro dei parlamentari” e il Comitato promotore è fiducioso che l’obiettivo delle 500.000 firme verrà raggiunto entro lunedì prossimo, 30 luglio 2012. E’ questo, infatti, il termine ultimo per sottoscrivere la richiesta di Referendum abrogativo parziale sulla legge per le indennità ai nostri parlamentari, ormai ribattezzato “Referendum anti-casta”. Si può ancora firmare in tutti i Comuni italiani o presso i banchetti del Comitato promotore, sparsi su tutto il territorio nazionale.

Restano pochissimi giorni per firmare e raggiungere la quota minima di 500.000 firme – richiesta per legge – affinché il Referendum anti-privilegi venga approvato, ma il Comitato promotore (nonostante  la raccolta firme sia partita in sordina lo scorso 12 maggio e nonostante il tempo stia per scadere) si dice molto fiducioso e soddisfatto della risposta della cittadinanza.

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La coordinatrice nazionale di Unione Popolare (unico componente il Comitato promotore), Maria Di Prato (nella foto sotto), da noi raggiunta telefonicamente, ci comunica entusiasta: La raccolta firme sta andando bene, anzi benissimo! Anche se, in questo momento, non siamo in grado di fare stime o previsioni, possiamo tuttavia affermare che gli italiani rispondendo benissimo alla proposta referendaria su tutto il territorio nazionale”.

Ricordiamo che Unione Popolare propone – nello specifico –  l’abrogazione dell’Art. 2 della Legge 31 Ottobre 1965, n. 1261, che recita: “Ai membri del Parlamento è corrisposta, inoltre, una diaria a titolo di  rimborso delle spese di soggiorno a Roma. Gli Uffici di Presidenza  delle due Camere ne determinano l’ammontare sulla base di 15 giorni di  presenza per ogni mese ed in misura non superiore all’indennità di missione giornaliera prevista per i magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate; possono altresì stabilire le modalità per le ritenute da effettuarsi per ogni  assenza dalle sedute e delle Commissioni”. 

Il Referendum chiede che ai nostri Parlamentari non venga più corrisposta la “diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma”. Va ricordato che resta ferma, in ogni caso, la corresponsione dell’indennità disciplinata dall’Art. 1 della stessa Legge 1261/65.

Ai detrattori del Referendum, che hanno più volte criticato la mancata richiesta di abrogare anche l’Art 1, il Comitato promotore risponde che “la scelta di non proporre l’abrogazione dell’Art. 1 della legge nasce dall’esigenza di non incorrere nel rischio  incostituzionalità del Referendum. Va, infatti, rammentato che l’Art.96 della Costituzione recita: “i membri del Parlamento ricevono un’indennità stabilita dalla legge”. Ne deriva che l’abrogazione della norma che attua il dettato Costituzionale (appunto L’art. 1 della legge 1261/65) lascerebbe un vuoto normativo in una materia coperta da disciplina costituzionale. Mentre l‘abrogazione dell’ art 2, che prevede l’erogazione di una diaria a titolo di rimborso spese, non mette a rischio la legittimità costituzionale del referendum”.

A chi contesta, invece, la scelta del Comitato di raccogliere le firme proprio in prossimità di elezioni politiche, mettendo così in pericolo la validità stessa della proposta referendaria, Maria Di Prato risponde con serenità: “In prossimità di elezioni è vietato depositare le firme, ma non è vietato raccoglierle. Per questo la raccolta firme proseguirà fino a lunedì prossimo, 30 luglio. A questo punto, proprio per scongiurare ogni rischio di invalidità o nullità, stiamo valutando di depositare le firme in Corte di Cassazione a gennaio 2013“.

L’articolo 31 della Legge in materia referendaria (Legge 25 maggio 1970, n. 352), infatti, vieta il deposito delle firme “nell’anno anteriore alla scadenza di una delle Camere”. Le firme si possono raccogliere, ma potranno essere depositate solo a partire dal primo gennaio 2013, per poter svolgere il Referendum l’anno successivo, ovvero nel 2014. Le firme raccolte finora, quindi, non correrebbero alcun rischio. E tutti i cittadini sottoscrittori, secondo il Comitato promotore, possono stare tranquilli.

Per qualsiasi informazione, è possibile scrivere all’indirizzo mail: [email protected]

Per approfondire:

Raccolta firme per ridurre gli stipendi ai parlamentari

 

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11 Commenti

  • Paola Mojitara Salvador ha detto:

    art.28. recita – Salvo il disposto dell’articolo 31, il deposito presso la cancelleria della Corte di cassazione di tutti i fogli contenenti le firme e dei certificati elettorali dei sottoscrittori deve essere effettuato entro tre mesi dalla data del timbro apposto sui fogli medesimi a norma dell’articolo 7, ultimo comma. Tale deposito deve essere effettuato da almeno tre dei promotori, i quali dichiarano al cancelliere il numero delle firme che appoggiano la richiesta. Questo articolo spiega che i moduli devono essere presentati in Cassazione entro tre mesi dalla data di vidimazione del primo modulo, quindi se raccogli da maggio a fine luglio non puoi presentarle a gennaio 2013. E’ chiaro NO? Forse qualcuno fa finta di non capire per non dire la verità ai cittadini, che sono stati invitati a firmare? di Daniele Carcea

  • Alex ha detto:

    a Varese mi hanno detto che il 26 luglio è l’ultimo giorno per firmare! Non dovrebbe essere il 30 Luglio 2012? Aggiungo,con stupore che l’addetta che faceva firmare, diceva che, terminato il foglio NON avrebbe preso più le firme per mancanza dei moduli!………………………..
    E’ vergognoso! e sinceramente penso NON corretto!

  • BuoneNotizie.it ha detto:

    Daniele,
    l’art 31 (della Legge 25 maggio 1970, n.352), che recita “Non può essere depositata richiesta di referendum nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime”, secondo autorevoli giuristi e costituzionalisti si configura come un vero e proprio “periodo di sospensione”, che si interrompe e riprende il suo corso “naturale” una volta che si è chiusa la cosiddetta “finestra elettorale”. Tale “finestra elettorale”, come previsto dall’Art 31 della suddetta legge – sempre secondo autorevoli costituzionalisti – sarebbe addirittura “non costituzionale”, poiché “sembra voler dare maggior peso alla democrazia rappresentativa che a quella diretta, ponendo dei limiti al referendum che sono troppo stretti e, in alcuni passaggi, poco giustificabili, come il divieto di deposito nell’anno pre-elettorale.
    Il dibattito sul deposito delle firme del Referendum anti-casta è stato (ed è tutt’ora) ampiamente discusso in rete e non è il caso di portarlo anche qui: tutti i nostri lettori possono leggere le varie opinioni (pro e contro), valutarle attentamente e, infine, decidere – in assoluta autonomia, secondo coscienza e senza condizionamenti esterni – se andare a firmare o meno.
    Cordiali saluti.
    La redazione di BuoneNotizie.it

  • Paola Mojitara Salvador ha detto:

    io vado a firmare. E’ cmq un modo per manifestare il mio disappunto.

  • Sandra *Danda* ha detto:

    che poi basta stamparli da internet………..

  • Lazza ha detto:

    Quindi il referendum sarebbe nel 2014? Vuol dire altri 2 anni di spese folli e inutili. Tra parentesi, perché non si fa un referendum per rendere obbligatorio il software libero e open source nella PA? Sarebbero 675 milioni di euro all’anno risparmiati…

  • Elena Cracco ha detto:

    dopo aver letto i vari commenti mi sembra che sia la solita pagliacciata. Io sono andata a firmare inutilmente. Nel 2014 potrei anche essere morta. I politici e i loro servi hanno messo il silicone alle loro sedie. Non si muoveranno. Si apprestano a fare campagna elettorale e gli italiani andranno a votarli… Tutto come prima.

  • JOGGER ha detto:

    tutte balle, mi spiace, non ci è stato possibile firmare, causa mancanza moduli dovuta pare a problemi interni al movimento, tutto rimandato a data da fissare e comunicare….. 27/07/2012

  • giulianols ha detto:

    Come già scritto altrove, rimango perplesso dalla storia di questo referendum.
    Credo siamo tutti ugualmente esasperati dalla situazione politica, sociale ed economica del nostro Paese.
    Però, mi pare semplice un ragionamento.

    Se giochiamo con le loro regole, e quindi con un referendum, queste regole sarebbe bene conoscerle. Per evitare di fare figuracce che gli confermino quanto si possono approfittare di noi, per portare a casa un risultato (per piccolo che sia), per evitare di far sentire a tutti coloro che han firmato che la loro azione è inutile. E soprattutto per evitare che tale referendum possa eventualmente semmai essere accettato a seguito di un lungo dibattito fra “autorevoli giuristi”, dato il meraviglioso risultato della commissione che doveva adeguare gli stipendi dei parlamentari italiani a quelli dei parlamentari europei.

    Se, viceversa, si ha l’intenzione di giocare con altre regole, non credo che un referendum per togliere ai parlamentari la diaria sia un grande segnale di rivoluzione. Credo invece che se anche passasse sarebbe disatteso (come quello per il finanziamento ai partiti), che sarebbe quasi un modo di dire che la classe politica ci va bene così ma dovrebbe farsi pagare un po’ meno per tutte le porcate che fa e per tutto quello che non fa. Allora, forse, giocare con altre regole sarebbe organizzare una volta tanto un qualcosa che riunisca davvero tante persone, finendola con i mille distinguo intellettuali, politici etc e che mobiliti la gente in massa. Che cosa avverrebbe se un giorno qualsiasi 10 milioni di italiani lavoratori evitassero di andare a lavoro? Cosa se 10 milioni di italiani si impegnassero per un giorno solo a non comprare nulla, ma proprio nulla? Cosa se 10 milioni di italiani (di quelli che possono) per una settimana lasciassero tutti la macchina a casa? E così via.
    Forse sentiremmo improvvisamente degli enormi scricchiolii in tutta la struttura. Situazioni che sarebbero davvero pesanti anche per tutti gli italiani coinvolti, senz’altro. Ma che forsse una volta tanto permetterebbero di far notare che anche la gente ha un peso.

    In alternativa ad entrambi i sistemi, rimangono le chiacchiere da bar. Tanto simili, in piccolo, all’inutile discutere del Parlamento italiano.

  • giulianols ha detto:

    Non conosco i numeri nel dettaglio, ma appoggerei questo referendum subito. Ci sarebbe da valutare il tempo necessario per spiegare ai funzionari l’uso del software libero, certo, e questo potrebbe richiedere una certa pazienza. Oltre alla complicata scelta di quale software libero usare. Non siamo mica il Brasile con Linux qua, eh! :P
    Riusciremmo a sostituire in un lampo i 60 milioni di commissari tecnici con altrettanti esperti di Open Source pronti ad uccidere per affermare Debian piuttosto che Ubuntu, Mandriva piuttosto che Fedora :P

    Ottima idea, comunque!

  • Lazza ha detto:

    “Non siamo mica il Brasile con Linux qua, eh! :P”
    Cioè?
    “Riusciremmo a sostituire in un lampo i 60 milioni di commissari tecnici”
    In realtà no, sarebbe molto più comodo un passaggio graduale SERIO, a cominciare da LibreOffice, eccetera, il problema è che in Italia la maggior parte della popolazione è insensibile alla tematica e se ne frega, o peggio in alcuni casi sostiene questo tipo di spese inutili. Per questo “a mali estremi, estremi rimedi”: è necessario un obbligo per legge.

    Tra parentesi: ti sembra normale che i dipendenti degli uffici pubblici, gli insegnanti o in generale gli statali pretendano di lavorare con Windows? Immagina un tassista che obblighi la sua azienda ad acquistare automobili solo di una determinata marca, non sarebbe semplicemente ridicolo?