Il numero di bambini palestinesi uccisi nella guerra tra Israele e Palestina ha superato il totale annuale di quelli che hanno perso la vita nelle zone di conflitto in tutto il mondo dopo il 2019. Questo allarme è stato emesso da Save the Children, un’organizzazione internazionale che da oltre 100 anni si impegna nella lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro. In questo contesto così crudo e difficilmente accettabile l’educazione alla pace diventa un atto concreto di costruzione e parlare con i bambini della guerra si configura come una pratica efficace e costruttiva.

Le vittime della Striscia di Gaza, soprattutto minori

Secondo i dati forniti dai Ministeri della Sanità di Gaza e Israele, dal 7 ottobre, il numero di morti palestinesi nella guerra tra Israele e Palestina ha superato la cifra di 10.000.

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In particolare, il Ministero della Sanità di Gaza ha riportato che tra il 6 e il 7 novembre sono stati registrati 306 palestinesi uccisi nella regione. Il triste bilancio dei bambini palestinesi morti dall’inizio delle ostilità si attesta a 4.000, con altri 1.350 considerati dispersi e potenzialmente intrappolati o sepolti sotto le macerie, in attesa di soccorso.

Le informazioni sono state divulgate da Luca Tremolada attraverso Il Sole 24 Ore e sono reperite dal sito dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) nei territori occupati. È possibile esaminare i dati relativi al periodo tramite la dashboard disponibile sul sito.

Parlare in maniera costruttiva della guerra e della violenza

Internet è un serbatoio di immagini, molte delle quali possono essere facilmente accessibili ai giovani. La narrazione è estesa e spesso priva di controllo, talvolta con parole cariche di sovrastrutture. Da settimane, si parla dei numerosi bambini palestinesi uccisi, il che può suscitare nei bambini che vivono una realtà diversa la difficile comprensione che un destino simile possa toccare anche a loro, ponendoli in uno stato di vulnerabilità e fragilità.

Psicologi e pedagoghi sostengono quanto sia rilevante e necessario dire la verità ai bambini. Anche se si tratta della guerra. La censura non è quindi il metodo consigliato e capire quali dubbi e insicurezza possono nascere è l’unica strada percorribile per aiutarli nella comprensione.

Un buon modo è quello di iniziare ad ascoltare le domande che si pongono e orientare il dialogo verso ciò che per loro è davvero importante. E se la pace non si fa da soli ma si costruisce, come la parola stessa ricorda (significa legare, unire, saldare) secondo il pedagogista Massimo Luciano Sidoti in un articolo su Orizzonte Scuola: “la costruzione della pace è un compito educativo“.

Costruire la pace è opera dell’educazione: ma come parlarne?

I bambini sono spesso vittime della guerra. Nella guerra tra Israele e Palestina i numeri dei bambini palestinesi uccisi sono in aumento e al momento l’organizzazione Save the Children esorta tutte le parti in conflitto ad adottare misure immediate per proteggere la vita dei minori. In questo contesto di violenza quali sono gli strumenti per parlare con i bambini della guerra?

La prima cosa da fare è capire quanto ne sanno dell’argomento. Cosa hanno visto, cosa hanno sentito e quale idea si sono fatti. Analizzare quindi le notizie e lasciare spazio alle domande. Affrontare le emozioni, anche quelle negative. Invitare il bambino a disegnare quello che prova per spiegarsi meglio può essere una strategia da mettere in atto.

Far comprendere poi che cosa c’è alla base della pace. Ovvero l’amore e l’empatia verso il prossimo e lavorare sulla lotta al pregiudizio. L’educazione alla non violenza serve a crescere un bambino gentile e rispettoso della diversità altrui.

Costruire la pace è opera dell’educazione. È urgente far comprendere la necessità di uno sforzo concorde e collettivo anche per la costruzione della pace. L’educazione costruttiva della pace non può limitarsi alla scuola e all’istruzione: è un’opera di portata universale.” spiega Sidoti.

L’educatore (che sia insegnante o genitore) può essere paragonato a un giornalista, poiché possiede un notevole potere nel fornire al suo pubblico, in questo caso il bambino, informazioni accurate per comprendere i conflitti armati. Riflettendo sui principi del giornalismo di pace elaborati da Johan Galtung, emerge la riconciliazione come la cura degli effetti della violenza passata, la costruzione della pace come lo studio e l’azione per prevenire la violenza futura e la trasformazione del conflitto come la ricerca di metodi per mitigarlo, delineando così anche le fondamenta dell’educazione di un bambino alla pace.

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Carlotta Vercesi

Carlotta Vercesi

Parlo della nostra società e di come essa comunica. Il mio obiettivo è di scardinare la narrazione catastrofista e di raccontare le buone idee senza dimenticare i piani politici, sociali, economici. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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