Il 20 novembre 2023, l’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, ha pubblicato l’Emissions Gap Report, il rapporto annuale che analizza l’evoluzione nel tempo delle nostre emissioni di gas ad effetto serra, le prospettive di crescita e contenimento e le possibili soluzioni per invertire la rotta.

Il rapporto, nonostante riconosca un miglioramento degli sforzi globali, evidenzia che gli attuali impegni, adottati con gli Accordi di Parigi, non sono sufficienti per prevenire l’emergenza climatica, evidenziando la necessità di un’impegno molto più vigoroso.

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A tal proposito, la pubblicazione dell’Emissions Gap Report di quest’anno coincide con un momento importante per l’azione climatica globale: alla COP 28 di Dubai si concluderà il Global Stocktake, un processo che porterà alla valutazione e alla revisione degli sforzi fatti da governi e decisori politici negli ultimi anni.

Nel corso della Conferenza ONU sui cambiamenti climatici, infatti, i Paesi individueranno gli obiettivi per il prossimo ciclo di NDC, i Contributi Determinati a Livello Nazionale, ossia i piani nazionali di azione climatica che dovranno adottare per raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi.

Dobbiamo cambiare rotta“, avverte l’UNEP, “Se non lo faremo, ci ritroveremo a dire la stessa cosa l’anno prossimo, e l’anno dopo, e l’anno dopo, come un disco rotto“.

Cosa dice l’Emissions Gap Report

Nonostante il calo nei costi delle energie rinnovabili e l’adozione, da parte di alcuni Paesi, di politiche climatiche più ambiziose, le emissioni globali di gas serra, tra il 2021 e il 2022, sono aumentate del 1,2%, stabilendo un nuovo record storico, che ammonta alla produzione di circa 57,4 gigatonnellate di anidride carbonica equivalente. Una rilevazione che riflette un ripristino delle emissioni globali rispetto ai cali segnalati durante la pandemia di COVID-19

La principale causa dell’aumento delle emissioni di gas serra è l’anidride carbonica proveniente dai combustibili fossili, che rappresenta circa due terzi del totale. Un quarto delle emissioni, poi, proviene da metano, protossido di azoto e gas fluorurati, mentre la parte rimanente è causata dalla cattiva gestione del suolo, come avviene per la deforestazione.

Nonostante tutto, l’aumento delle emissioni è correlato a investimenti sempre maggiori nell’estrazione di combustibili fossili in tutto il mondo. A questo proposito, secondo il rapporto dell’UNEP, i governi stanno pianificando di produrre più del doppio della quantità di combustibili fossili rispetto a quanto sarebbe sostenibile fare per limitare il riscaldamento a meno di 2°C.

Emissions Gap Report: emissioni storiche, contributo al riscaldamento globale, attuali emissioni di gas serra, popolazione attuale.

Emissioni storiche, contributo al riscaldamento globale, attuali emissioni di gas serra, popolazione al 2021 (Fonte: Emissions Gap Report).

Il rapporto sottolinea come, per riuscire a rispettare le tappe indicate dagli Accordi di Parigi, che prevedono il contenimento della temperatura a 2°C rispetto all’era pre-industriale, sia necessaria una riduzione del 28% delle nostre emissioni di gas serra entro il 2030, e del 42% per arrivare a rispettare l’obiettivo di contenimento di 1,5°C.

Ora come ora, l’implementazione dei Contributi Determinati a Livello Nazionale attuali, porterebbe a un aumento della temperatura di 2,9°C al di sopra dei livelli preindustriali entro la fine del secolo. Uno sforzo insufficiente che aprirebbe il campo a scenari insostenibili per le comunità umane del futuro.

Emissions Gap Report: emissioni complessive ed emissioni procapite

Emissioni complessive ed emissioni procapite. (Fonte: Emissions Gap Report)

Le possibili strategie di azione

Il rapporto esorta tutte le nazioni ad accelerare il processo verso una trasformazione dei modelli di sviluppo, affinché siano incentrati su una bassa emissione di carbonio su scala nazionale. I paesi con le maggiori responsabilità storiche, ma soprattutto con maggiori capacità, afferma l’UNEP, dovrebbero adottare azioni più ambiziose e fornire supporto tecnico e finanziario ai Paesi in via di sviluppo, così da favorire una crescita sostenibile e a basse emissioni di carbonio.

A tal proposito, i Paesi a basso e medio reddito contribuiscono a oltre due terzi delle emissioni globali di gas serra. Per questo motivo è prioritario che perseguano un modello di sviluppo basato su un’economia a basse emissioni, affrontando la domanda energetica e promuovendo catene di approvvigionamento energetico pulite.

Commentando le principali rilevazioni del rapporto, il Segretario generale dell’ONU, António Guterres ha affermato: “Le energie rinnovabili non sono mai state così economiche e accessibili. Sappiamo che è ancora possibile l’obbiettivo 1,5 gradi. E sappiamo come arrivarci. Occorre estirpare la radice avvelenata della crisi climatica: i combustibili fossili”.

In ogni caso, come sottolinea Oxfam nel rapporto Climate Equality: A Planet for the 99%, bisogna tenere in considerazione un altro aspetto: ad inquinare il Pianeta non è un entità astratta, che possiamo identificare nello Stato, ma le persone che detengono grandi capitali, sia nelle economie più ricche, sia in quelle in via di sviluppo. L’1% più ricco della popolazione mondiale, evidenzia Oxfam, 77 milioni di persone, emette in un anno quanto il 66% più povero, 5 miliardi di individui.

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Marzio Fait

Marzio Fait

Marzio Fait. Mi occupo di comunicazione per il non-profit. Ho partecipato come observer alla COP 27 e alla COP28. Mi occupo di attualità, di diritti umani e di giustizia climatica. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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