Il 28 novembre alla scadenza dei primi quattro giorni di tregua concordati, il Qatar e gli Usa hanno ottenuto altri 2 giorni per la liberazione di 20 ostaggi israeliani di Hamas e di altri detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Ora i qatarini e gli americani premono per estendere la tregua e aumentare l’assistenza umanitaria nella Striscia di Gaza.

L’accordo tra Israele e Hamas, raggiunto dal Qatar il 22 novembre, prevedeva uno stop temporaneo ai combattimenti e il rilascio degli ostaggi di Hamas. Secondo il comunicato di Doha, l’accordo prevede la liberazione di 50 persone: 12 donne e 37 bambini attualmente detenuti nella Striscia di Gaza in cambio di 150 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, inoltre, il numero dei rilasciati aumenterà nelle fasi successive dell’attuazione dell’intesa.

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Dieci giorni fa la diplomazia qatarina ha fatto trapelare che si stava per concludere l’accordo per il rilascio degli ostaggi, ma si attendeva l’assenso di Israele per la liberazione di donne e bambini palestinesi detenuti nelle carceri israeliane e il via libera al cessate fuoco o tregua umanitaria, oltre a consentire l’ingresso degli aiuti sanitari in tutte le aree della Striscia di Gaza. L’intera negoziazione è avvenuta grazie alla diplomazia del Qatar che ormai da decenni svolge questo ruolo nei conflitti nell’area mediorientale.

Mediazione, la chiave della politica estera del Qatar

Oltre a quello tra Israele e Palestina, il Qatar ha mediato in diversi conflitti quali Darfur, Etiopia-Eritrea, Libano, Somalia, Yemen e Sahara Occidentale, Siria, Indonesia e Afghanistan.

La mediazione, che ha consentito di ottenere una certa autonomia sulla scena internazionale, è infatti uno strumento adottato da parte dell’élite governativa in maniera razionale e strategica, tanto che nella Costituzione si sancisce che “la politica estera dello Stato si basa sul principio del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Si favorisce la risoluzione delle controversie internazionali con mezzi pacifici e sostenendo il diritto del popolo all’autodeterminazione e alla non ingerenza negli affari interni dello Stato e alla cooperazione con nazioni amanti della pace”.

Inoltre, il Qatar, geograficamente posizionato tra due giganti, Arabia Saudita e Iran, proprio grazie alla sua capacità di gestire ingenti risorse finanziarie e di coltivare solide relazioni economiche, è riuscito ad emergere come uno Stato chiave sullo scenario mondiale. Durante le Primavere Arabe, il Qatar ha accolto i leader di Hamas, perché gli Stati Uniti erano contrari al loro trasferimento in Siria o in Iran: la sua idea di fondo era di mutare un’organizzazione precedentemente considerata terroristica in una forza politica, dando inizio a un processo di normalizzazione

La mediazione multilaterale del Qatar

La forza del Qatar è enfatizzata da un’azione diplomatica multilaterale che dialoga con diversi attori anche contrapposti fra loro. Infatti, attualmente il Paese ospita sul suo territorio la base militare americana Al Udeid Air, l’ufficio di Hamas e una rappresentanza dei talebani. La leadership qatarina, inoltre, dialoga con l’Iran e con la Russia, rimane alleato strategico della Turchia ed ha sempre un canale aperto con gli Hezbollah libanesi.

Il Governo, infatti, ha utilizzato la mediazione anche come strategia per migliorare la sua reputazione e confermare legittimità e prestigio a livello regionale ed internazionale. In questo senso il Paese si presenta come un attore indipendente e progressista, vuole migliorare l’immagine globale e massimizzare l’influenza geopolitica, mantenendo legami stretti e linee di comunicazione aperte con amici e nemici.

Perché il Qatar è diventato un mediatore?

Dal 2013 in poi, il proposito del Qatar è stato quello di diventare un paese modello, avanzato sotto ogni aspetto e quindi capace di rivestire un ruolo di leadership nella mediazione fra l’area mediorientale e il resto del mondo, a cominciare dall’Occidente. Una posizione basata sulla potenza economica, preparazione tecnologica e importanti riserve energetiche: il Qatar è infatti il terzo Paese al mondo con riserve di gas, dopo Russia ed Iran ed è il più importante esportatore di gas liquido mondiale. 

La strategia scelta è una combinazione tra la capacità di visione della sua leadership e la ricchezza nazionale. Questi elementi hanno permesso di offuscare Egitto e Arabia Saudita, le tradizionali superpotenze del mondo arabo.

La strategia di dialogare con diversi attori regionali scomodi come Hamas, Iran e Talebani, infine, ha consentito al Qatar di ritagliarsi un ruolo di primo piano con l’Occidente e gli Stati Uniti in particolare, che sono alla ricerca di un partner affidabile in una regione altamente instabile.

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Gloria Scacchia

Gloria Scacchia

Aspirante giornalista pubblicista, ho lavorato per la Farnesina e l’OSCE, mi interesso di  Diritti Umani, Geopolitica, Società, Cultura e Attualità. Scrivo per Buone Notizie.it e frequento il master e il laboratorio di giornalismo costruttivo

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