Il 28 novembre si è tenuta a Parigi la votazione per decidere quale sarà la città ad ospitare, dopo Osaka nel 2025, l’Expo 2030. Riad stravince con 119 voti. A seguire Busan, in Corea del Sud, con 29 preferenze e Roma con 17. Amari sono i commenti italiani a seguito della votazione. Primo fra tutti, ovviamente, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che vede così sfumare un progetto di riqualificazione del territorio urbano – ma soprattutto delle periferie – che avrebbe portato a Roma 30milioni di visitatori e un impatto di circa 50miliardi.

Più duro è invece il commento di Giampiero Massolo, Presidente del Comitato di Candidatura Expo 2030, che fino alla vigilia si diceva convinto delle possibilità di Roma di spuntarla addirittura a un ballottaggio con la capitale saudita. Il nostro progetto era il migliore, noi abbiamo giocato secondo le regole della comunità internazionale” chiosa l’ambasciatore sentendo aria di “fronda” interna all’Ue (la Francia ha votato per Riad) e naturalmente di petroldollari. Relazioni internazionali, e affari miliardari. È a questo che si riduce lo spirito dell’Expo?

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Expo, cos’è e come si vota

L’Esposizione Universale, contratta nella dicitura Expo, è l’evento internazionale più importante del mondo. Ad organizzarlo è il Bureau international des Expositions (BIE), un ente internazionale con sede a Parigi. Fondato nel 1928 a seguito della stipula della Convenzione di Parigi, comincia i lavori ufficialmente nel 1931. Oggi sono 182 i Paesi membri, tutti con diritto di esprimere la propria candidatura. Una volta approvata, l’Assemblea generale discute, approva i bilanci dei progetti e ne segue i progressi attraverso commissioni e un gran numero di inviati sparsi in giro per il mondo che inviano report dettagliati. Ma sono gli ambasciatori ad avere il ruolo definitivo. Tre delegati per ogni nazione che esprimono un solo voto.

Una macchina complessa ma tutt’altro che chiusa. Qualsiasi Paese può entrare a far parte del BIE, purché sottoscriva la Convenzione del 1928 e ne segua i protocolli. Questo documento importantissimo è una dichiarazione di rinuncia alla guerra. E già quest’informazione dà un’impronta marcata allo spirito che dovrebbe animare un’esposizione universale. Una mostra, quasi una fiera globale, perché non si faccia più la guerra. Ci stiamo ancora  lavorando.

Lo spirito dell’Esposizione Universale

L’Expo 2030 dista un secolo esatto da quel lontano 1931. Eppure lo spirito che allora animava l’evento è tuttora riconoscibile. Il desiderio di conoscere altre culture, osservare e imparare da loro. Condividere e -perché no- mettersi un po’ in mostra, esporre le eccellenze di cui siamo orgogliosi e imparare da quello che non avevamo neanche mai visto. Uno degli intenti di maggior rilievo è favorire gli scambi commerciali e creare opportunità e turismo. Certo, gli affari c’entrano sempre. Per cosa in cambio? Lo sviluppo e la riqualificazione delle città. La discussione, attraverso eventi e conferenze, sui problemi attuali e sulle eventuali soluzioni. La creazione del prossimo futuro.

Tutti intenti programmatici ben presenti nella mission dell’organizzazione. E a questo punto forse ha senso il fatto che negli ultimi 30 anni, a parte la parentesi di Milano del 2015, l’Esposizione Universale si sia concentrata in Asia e Medio Oriente, una parte di mondo che ancora non capiamo troppo bene perché forse ancora non ci conosciamo reciprocamente.

E poi, bisogna considerare quando Roma ha proposto la sua candidatura (post-Covid19 ed elezioni comunali) e  quanto c’è da investire in progetti essenziali precedenti. Vale a dire della vita quotidiana di ogni cittadino. Trasporti, strade, infrastrutture e servizi. Dobbiamo considerare che, forse, l’impegno era al di sopra non delle nostre forze, ma delle nostre attuali esigenze.

Il team di esperti forse ha considerato tutto ciò, o forse è stato influenzato dalla prospettiva di affari sauditi.

Ciò che conta è: cosa possiamo fare?

Domandarci perché Roma ormai non susciti così tanto appeal internazionale e correre ai ripari. Crescere, in modo costruttivo, senza far a gara con i detrattori o concorrere con i disfattisti che dicono che i giochi erano già persi in partenza. Crescere vuol dire miglior qualità di vita per i cittadini e motivo d’orgoglio per l’intero Paese. La crescita di “uno” è il modello per tanti. Anche questo rispecchia lo spirito dell’Expo.

E se anche fossero i petroldollari a essere il motore di una crescita universale, che sia. Il risultato sarà positivo per tutti, a prescindere dal tifo e da chi giochi in casa.

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Andrea Pezzullo

Andrea Pezzullo

Redattore, autore e conduttore radiofonico. Lo sguardo ben puntato su ciò che succede oggi intorno a noi. Mi occupo di attualità, economia e lavoro. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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