Ora che nella crisi tra Hamas e Israele è stato raggiunto un breve cessate fuoco con la mediazione di Qatar e Usa, la Russia gioca a carte scoperte per ottenere di nuovo un ruolo di primo piano nel Medioriente. Il legame con l’organizzazione islamica torna alla ribalta con il rilascio di un ostaggio con doppio passaporto israeliano e russo, che secondo l’Ansa del 26 novembre Hamas ha dichiarato essere “un omaggio a Putin“.

La reazione russa non si fa attendere e tutto si svolge alla luce del sole: secondo l’Ansa, infatti, la Russia “valuta positivamente il gesto di buona volontà” di Hamas e continuerà a lavorare per “il rapido rilascio degli altri cittadini russi tenuti in ostaggio a Gaza”, lo ha ribadito il 27 novembre la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.

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L’accelerazione del rapporto con Hamas

Già in precedenza c’è stata un’accelerazione nei rapporti tra i due: il 26 ottobre la Russia aveva infatti dato segnali di sostegno ad Hamas e una delegazione dell’organizzazione guidata da Abu Marzuk ha avuto un colloquio a Mosca, insieme al Vice-Ministro iraniano per parlare della liberazione degli ostaggi e dell’evacuazione dei russi dalla Striscia di Gaza.

Ma è stato all’indomani del 7 ottobre quando il governo russo non ha condannato in modo diretto e inequivocabile l’attacco dei terroristi di Hamas nel territorio israeliano, che i rapporti con Hamas si sono rafforzati.

Solo tre giorni dopo l’attacco, il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ha semplicemente parlato di fermare il conflitto israeliano-palestinese, senza alcun riferimento esplicito ad Hamas, alludendo alla necessità della creazione di uno stato Palestinese.

Questi comportamenti riflettono i complessi rapporti diplomatici che Mosca ha cercato di stabilire nell’area: solide relazioni con Israele e allo stesso tempo sostegno della causa palestinese. In questi mesi Putin ha alzato il tiro: ambendo ad essere il faro del Sud globale e il fautore di un nuovo ordine mondiale no-global e anti-liberale. Il nuovo conflitto tra Hamas e Israele si inserisce perfettamente nel suo disegno di definire nuove alleanze.

I rapporti iniziali tra Russia e Hamas

Sin dall’inizio, Mosca non riconosce Hamas come un’organizzazione terroristica, ma la considera come rappresentante di una parte del popolo palestinese, avendo vinto le elezioni del 2006.

Nel 2010 a Gaza l’agenzia del governo che si occupa dei centri del soft power di Mosca all’estero apre un centro culturale russo Kalinka.

Nel 2013 però le relazioni fra Mosca e Hamas si incrinano, nonostante la fornitura russa dei missili anti-carro Kornet, dopo che l’organizzazione estremista palestinese ha espresso il suo sostegno militare all’opposizione armata al governo siriano. Durante il conflitto civile in Siria, la Russia e Hamas si sono trovate sui due fronti opposti e inevitabilmente i loro rapporti si sono congelati.

Riprende il dialogo tra Russia e Hamas

Il dialogo riparte nel 2019 con una serie di incontri in Qatar nel tentativo di preparare un nuovo processo di pace nella regione. Ciò ha permesso alla Russia di riavviare il rapporto privilegiato con Hamas. La Russia diventa una potenziale mediatrice tra Hamas, Israele, Egitto e Autorità Nazionale Palestinese, riuscendo così a ritagliarsi un ruolo importante nella potenziale risoluzione del conflitto. Il suo obiettivo primario è sottrarre agli Stati Uniti il monopolio all’interno del processo di pace, utilizzando Hamas che è fuori dalla sfera di influenza Usa.

Un vantaggio ulteriore che la Russia spera di ottenere è di rafforzare i legami con i Fratelli Musulmani, di cui Hamas è diretta emanazione ed avere una certa influenza anche con l’Egitto.

Gli effetti della guerra tra Russia e Ucraina

Dall’inizio della guerra tra Russia e l’Ucraina, le relazioni con Hamas si sono intensificate mentre quelle con Israele si sono raffreddate. Dal punto di vista umanitario, il governo israeliano si è impegnato nell’aiuto e nel supporto del popolo ucraino, condannando l’invasione russa e sostenendo la resistenza ucraina, in contemporanea però Israele non ha aderito alle sanzioni occidentali contro la Russia.

Se Mosca ambisce ad avere un ruolo di mediazione nella regione deve sempre lasciare un canale aperto con Israele, perché è legata ad esso da uno rapporto storico attualmente cementato dal milione e mezzo di russi di origine ebraica che  vivono nei territori di Israele.

Nel contempo la leadership russa continua ad identificare l’organizzazione di Hamas con la leadership palestinese e vuole aiutarla ad uscire dall’isolamento internazionale, riconoscendogli un ruolo di primo piano nella leadership palestinese.

L’organizzazione islamista di Gaza cerca di mobilitare l’opinione pubblica internazionale per sostenere la causa palestinese e trasformare le accuse di organizzazione terrorista in quella di resistenza. Per fare questo Hamas può contare sul partner russo per contrastare gli accordi di Abramo firmati dal presidente americano Donald Trump e portare avanti le proprie istanze al tavolo dei negoziati.

Il riposizionamento russo

A quasi due mesi dall’attacco di Hamas e dalla risposta israeliana sulla striscia di Gaza, secondo il report dell‘Institute of War statunitense, si evidenzia come il Cremlino continuerà a sfruttare l’attacco di Hamas in Israele, per trarre il maggior profitto possibile dalla riduzione dell’attenzione degli Stati Uniti e dell’Occidente nei confronti dell’Ucraina.

La Russia vuole evidenziare come gli USA ed i loro alleati avrebbero dovuto impegnarsi maggiormente per una soluzione palestinese-israeliana piuttosto che interferire con la Russia e fornire all’Ucraina aiuti militari.

Nei prossimi mesi si vedrà come la Russia vorrà sciogliere tutti questi legami intrecciati per accreditarsi nuovamente tra i principali mediatori dell’instabile Medioriente.

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Gloria Scacchia

Gloria Scacchia

Aspirante giornalista pubblicista, ho lavorato per la Farnesina e l’OSCE, mi interesso di  Diritti Umani, Geopolitica, Società, Cultura e Attualità. Scrivo per Buone Notizie.it e frequento il master e il laboratorio di giornalismo costruttivo

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