Da un po’ di tempo, ci sono ambiti  in cui la storia sembra aver premuto sull’acceleratore: il mondo del lavoro è senz’altro uno dei settori in cui i cambiamenti si sono avvicendati a ritmo vertiginoso e talvolta in modo traumatico. In meglio o in peggio, difficile dirlo. Basta considerare le bufere che si sono scatenate in merito al Jobs Act per capire quanto ogni opinione – spesso, troppo spesso – rischi di suonare partigiana e aleatoria. Alcuni punti fermi, tuttavia, ci sono. Ciò che è certo, per esempio, è che a partire dal 2000 (non solo in Italia, ma nel mondo) le riforme del settore mirano a riformulare il vetusto concetto della job property – ossia la tutela del posto fisso – in qualcosa di totalmente nuovo: la flex-security, con un netto spostamento del focus sulle politiche attive per il ricollocamento.

Ovvio, che in un contesto di cambiamento così intricato servano – oggi più che mai – figure di riferimento: consulenti del lavoro che abbiano saputo stare al passo coi tempi aggiornando costantemente le proprie competenze. Come Simone Colombo: da piccolo voleva fare il calciatore ma poi, strada facendo, ha scoperto la sua vera vocazione, paradossalmente proprio all’interno di quel mondo (quello degli studi di consulenti del lavoro) che all’inizio gli sembrava così prosaico. “Oggi il mio lavoro non è fatto solo di norme, disposizioni, atti amministrativi, al contrario è fatto soprattutto di ascolto dei bisogni, di relazioni virtuose e di strategia” racconta Simone. “Ogni giorno supporto gli imprenditori nella gestione del personale, svolgendo per loro il ruolo di direttore del personale in outsourcing grazie alla collaborazione con altri professionisti (avvocati, giuslavoristi ed esperti di selezione). In molti casi la mia collaborazione con un’azienda inizia con la gestione di una pratica di licenziamento. Alcune, le più dolorose, sono dovute alla necessità di ridurre personale a causa della crisi, altre invece sono più simili a dei divorzi tra dipendente e datore di lavoro. In ogni caso, una separazione è spesso un trauma sia le persone sia per l’impresa“.

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Di che si tratta in pratica? Quella che emerge dalle parole di Simone è una vera e propria nuova figura professionale. Uno degli effetti collaterali positivi della crisi è infatti stato proprio questo: accanto al tramonto di professioni diventate ormai obsolete, sono sorte nuove figure più aderenti alle esigenze di un mercato in costante cambiamento. Nel caso di Simone, la figura del direttore del personale in outsourcing, viene incontro alle esigenze delle piccole e medie imprese che si trovano a gestire il complesso momento del licenziamento: una fase traumatica tanto per il dipendente, quanto per il datore di lavoro. Nello specifico, questo tipo di figura professionale offre all’imprenditore – che dovrebbe altrimenti assumere un direttore del personale all’interno dell’azienda – l’indubbio vantaggio di poter disporre di una figura intermediaria competente e allo stesso tempo esterna.

La presenza di un intermediario, peraltro, serve sempre quando si parla della fine di un rapporto di lavoro: non solo per gli aspetti meramente gestionali della pratica, ma anche per la complessità dei fattori psicologici in gioco. Perché – che lo si voglia o meno – la fine di un rapporto di lavoro è sempre traumatica e ha ragione, Simone Colombo, quando paragona il legame professionale a una storia d’amore. “Se ci pensate – scrive nel suo libroQuando un rapporto di lavoro finisce‘ – anche un rapporto di lavoro inizia spesso con un colpo di fulmine. C’è un incontro, la sensazione di essere fatti l’uno per l’altro. Come nel matrimonio, viene sancita un’unione con un contratto. Il rapporto prosegue attraverso regole di convivenza e a volte termina, nel bene o nel male, con una separazione“.

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