Viviamo in un mondo contraddistinto da numerosi scenari di instabilità che contribuiscono ad accrescere la tensione in molte regioni del Pianeta: dall’invasione russa dell’Ucraina, agli scontri decennali tra Israele e Palestina, fino alle violenze che imperversano tra bande armate in Africa e Sudamerica.

Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), nel 2022 la spesa militare mondiale si è attestata intorno ai 2.240 miliardi di dollari. Un dato che dal 2015 a questa parte risulta in continuo aumento: rispetto alle rilevazioni del 2021 è cresciuto del 3,7%, ma se si guarda al 2013 è aumentato del 19%.

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2.240 miliardi di dollari corrispondono al 2,2% del PIL mondiale, quindi, facendo un semplice calcolo, si stima che nel solo 2022 siano stati spesi circa l’equivalente di 282 euro per persona, tra armamenti, veicoli militari e spese varie.

Quanto riservano gli Stati alla spesa militare

Nel 2022, quindici Paesi hanno totalizzato l’82% della spesa militare complessiva, pari a 1842 miliardi di dollari. Rispetto alle annate precedenti, però, ci sono stati alcuni avvicendamenti importanti in questa speciale classifica, in gran parte da attribuire allo scoppio della seconda fase della guerra in Ucraina, iniziata nel febbraio 2022.

La Russia, ad esempio, ha aumentato la propria spesa militare del 9,2%, passando dal quinto al terzo posto tra i Paesi che spendono di più, mentre l’Ucraina, costretta a difendersi dagli attacchi del Cremlino, ha visto un aumento del 640%.

Gli Stati Uniti (che nel nel 2022 hanno totalizzato il 39% della spesa militare mondiale) e la Cina (13%) sono i Paesi che spendono di più. Seguono Russia (3,9%), India (3,6%) e Arabia Saudita (3,3%).

Nel 2022, la spesa militare europea è cresciuta del 13%, per un valore di 480 miliardi di dollari, ed è aumentata, nel decennio 2013-2022, del 38%.

La spesa dei Paesi dell’Europa centrale e occidentale, inoltre, ammonta a 345 miliardi di dollari, il dato più alto registrato dalla fine della Guerra fredda.

L’import, l’export e la produzione di armi

Per il periodo 2018-2022, il SIPRI ha registrato come venticinque Paesi esportatori controllassero il 98% del volume complessivo degli affari. In questa speciale classifica l’Italia si trova al sesto posto dietro Germania, Cina, Francia, Russia e America, le quali, se conteggiate insieme, producono il 76% del fatturato totale.

Per lo stesso lasso di tempo, il SIPRI ha preso in considerazione 163 Paesi importatori. I principali acquirenti sono India e Arabia Saudita, con l’11% a testa, seguiti da Egitto, Australia e Cina.

Ciò nonostante, è interessante notare come, ad aver ricevuto il maggior numero di armi, nel periodo 2017-2021 siano soprattutto i Paesi dell’area dell’Asia Orientale e del Pacifico, ossia quelle regioni maggiormente interessate dai riposizionamenti militari e politico-economici degli ultimi anni (Paesi, questi, importatori del 48% del totale). Non è un caso, infatti, che gli stessi Stati Uniti abbiano deciso di allontanarsi da alcuni scenari considerati periferici, come dimostrato dalla ritirata afghana del 2021, per concentrarsi maggiormente sul teatro asiatico e sulla minaccia cinese.

Infine, SIPRI analizza la produzione di armi per il decennio 2010-2022 ed evidenzia come gli Stati Uniti ne rappresentino il principale produttore, con una spesa di 2,880 miliardi. Al secondo posto c’è il Regno Unito, con 481,5 miliardi di dollari, mentre al terzo c’è la Cina con una spesa di 356,8 miliardi. L’Italia si trova in sesta posizione con un investimento di 179 miliardi.

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Marzio Fait

Marzio Fait

Marzio Fait. Mi occupo di comunicazione per il non-profit. Ho partecipato come observer alla COP 27 e alla COP28. Mi occupo di attualità, di diritti umani e di giustizia climatica. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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