La malattia professionale è un problema di salute contratto a causa dell’attività lavorativa di solito per un danno, per l’esposizione prolungata a sostanze nocive o la mancata osservanza delle regole della sicurezza sul lavoro. Tra queste rientra anche la sindrome burnout: secondo lo studio Stress e rischi psicosociali di OshaEuropa, un lavoratore su due lo ritiene comune sul lavoro e questo causa quasi la metà delle giornate perse.

La popolazione occidentale attuale si può definire iperconnessa, la tecnologia aiuta l’uomo a svolgere attività in ogni ambito della sua vita. La digitalizzazione di alcune mansioni lavorative ha limitato gli infortuni fisici, ma ha alimentato i disagi mentali e si è diffusa in tutti i tipi di azienda una forma di stress dovuta all’uso dei dispositivi elettronici: il tecnostress.

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Tecnostress è la sindrome burnout causata dalla tecnologia

Lo psicologo americano Craig Brod, nel libro “Technostress: the human cost of computer revolution” del 1984 ha coniato il termine tecnostress per indicare “una moderna malattia dell’adattamento causata dall’incapacità di far fronte alle nuove tecnologie informatiche in modo sano”. Gli psicologi Michelle Weil e Larry Rosen lo hanno ampliato in “qualsiasi impatto negativo su atteggiamenti, pensieri, comportamenti o sulla psicologia causati direttamente o indirettamente dalla tecnologia”. Il tecnostress oggi è la sindrome da stress causata dall’utilizzo eccessivo di ICT – information and communications technology –, cioè tecnologie dell’informazione e della comunicazione come computer e telefoni, che ha impatti sia sul rendimento lavorativo che sulla vita sociale dell’individuo.

La sindrome burnout è una vera e propria malattia professionale e nel 2007 lo è diventato anche il tecnostress: questo significa che ne vanno obbligatoriamente analizzate cause ed effetti sui dipendenti, e valutati i rischi ai sensi del “Testo Unico” per la sicurezza sui luoghi di lavoro.

La prevenzione del tecnostress nelle aziende

E’ necessario per chi dirige l’azienda o ha una attività conoscere il tecnostress per avere pronti degli strumenti per contrastarlo, in modo di essere più produttivi possibile senza subire le conseguenze negative dell’eccesso. Ogni azienda dovrebbe occuparsi di effettuare un piano di prevenzione che eviti episodi di tecnostress tra i dipendenti, creando cioè le condizioni adatte per il benessere. Il giornalista informatico e insegnante di comunicazione digitale Gianluigi Bonanomi indica le soluzioni per ridurre il tecnostress in azienda in una matrice di quattro quadranti: da una parte quelle individuali o collettive e dall’altra quelle tecniche o culturali.

In quelle personali tecniche c’è il metodo del pomodoro ideato da Francesco Cirillo negli anni Ottanta e ispirato al timer da cucina: fare 5 minuti di pausa ogni 25 di lavoro. Nelle soluzioni personali culturali Bonomi consiglia di impostare lo smartphone su scala di grigi per evitare che le applicazioni siano così attraenti. Nelle soluzioni collettive tecniche c’è l’uso di un unico programma di produttività per unificare il lavoro di un intero team, indispensabile per lo smartworking: ad esempio Trello e Asana. Infine nelle soluzioni collettive culturali entra il diritto di disconnessione, norma francese del 2017, che obbliga le aziende con più di 50 dipendenti a negoziare con loro il diritto a non rispondere a mail e telefonate al di fuori degli orari stabiliti.

Liberare la mente per superare il burnout

Individualmente, ognuno può fare qualcosa per limitare gli effetti negativi della tecnologia su di esso ed evitare di cadere nella sindrome da burnout, come prendersi cura del proprio corpo e dei propri bisogni fisici, creare delle abitudini che permettono di staccare il flusso che si crea tra la persona e l’apparecchio digitale. Può essere utile passare online solo un determinato periodo di tempo, per esempio limitarlo solo alle ore di lavoro, nel resto impegnarsi a trovare cose diverse per stimolare la mente: passare del tempo a contatto con la natura, fare sport ed esercizi di respirazione, o trattamenti olistici.

La meditazione e la mindfulness sono entrambe tecniche da praticare in casa per liberare la mente e aumentare la consapevolezza di se stessi, sono utili per evadere non solo dallo stress psicologico ma per guardare con chiarezza alla vita e alle proprie giornate. La meditazione prevede un tempo di focus di almeno 10 minuti al giorno, in cui ci si concentra su inspirazione ed espirazione arrivando alla consapevolezza del respiro e quindi del momento presente. La mindfulness contiene la meditazione ma raggiunge il qui ed ora anche attraverso tecniche di auto osservazione e riconoscimento dei meccanismi automatici in alcuni momenti della giornata.

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Alice Pietrella

Alice Pietrella

Sono una webmaster freelance specializzata nella realizzazione siti web con codice CSS ( webopera.it )e un'aspirante giornalista iscritta al percorso dell'associazione italiana di giornalismo costruttivo. Scrivo di Italia e società nei settori del Made in Italy e dello spettacolo. Visita il mio sito web: alicepietrella.it

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