Avere una dipendenza significa “non riuscire a funzionare senza qualcosa”, che si tratti di sostanze o comportamenti. I giovani che si trovano ad affrontare uno stato di questo tipo spesso necessitano di un solido sostegno del mondo adulto, che con loro dovrebbe mettersi in discussione. Un lavoro di autoconsapevolezza condiviso, infatti, può rappresentare per i giovani un passaggio essenziale per uscire dalle dipendenze.

Ciò che caratterizza lo stato di dipendenza – spiega la Dottoressa Ameya Gabriella Canovi, psicologa di sostegno con un dottorato di ricerca sulle emozioni in ambito della psicologia dell’educazione e autrice dei libri “Di troppo amore” e “Di troppa (o poca) famiglia” – è la reiterazione di un atteggiamento nel quale la persona ha la sensazione di non riuscire a fermarsi, di non poter scegliere. Dal mio punto di vista, la dipendenza affettiva è la madre di tutte le dipendenze. Tutta la nostra società è affetta da horror vacui, ovvero il terrore del vuoto ed è proprio il vuoto relazionale il tratto comune che caratterizza le dipendenze“.

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Le dipendenze di oggi nel mondo dei giovani

Oggigiorno le dipendenze più diffuse tra i giovani non sono più solo le “old addictions” (come alcol, fumo e droghe), ma quelle correlate all’offerta di “oggetti e prodotti sociali”, le “new addictions” tra cui rientrano ad esempio la tecnologia, il gioco d’azzardo, la sesso dipendenza, la shopping addiction, la sport addiction, le nuove droghe sintetiche… e altre.

Giovani e adulti, un lavoro condiviso per affrontare le dipendenze alla radice

I giovani sono connessi radicalmente ad un contesto, fatto di famiglia e gruppi sociali come la scuola, le società sportive, le reti amicali. “Sfortunatamente – continua Canovi – questi gruppi stanno sempre più scomparendo, a favore delle comunità virtuali, dove manca il rinforzo occhi negli occhi, che consente il rispecchiamento, la comprensione di sé, degli altri, del contesto”. I contesti reali sono spazi per mostrarsi per ciò che si è. “In questi contesti – dichiara Canovi – noi adulti in primis non dovremmo nascondere le nostre fragilità. La finzione smerciata oggi attraverso le immagini di un mondo illusorio, fintamente perfetto porta i giovani che non hanno una muscolatura emotiva per affrontarlo, a nascondersi in quei rifugi che diventano dipendenze”.

Sviluppare la capacità di “stare nelle emozioni” per rafforzare la propria interiorità

Imparare a stare, a guardare in faccia la nostra umanità, fatta di chiari e scuri è una scelta fondamentale. “Sostare, ‘restare a maggese’, come sosteneva lo psicoanalista britannico Masud Khan dovrebbe essere l’insegnamento che portiamo ai giovani – dichiara Canovi. Nelle scuole bisognerebbe istituire dei momenti nei quali ognuno sta con sé stesso, rimane, senza scappare più. Al contempo, i giovani vanno sostenuti nell’espressione di ciò che sono, attraverso laboratori creativi, emotivi, grazie a spazi e contenitori dove veicolare le proprie emozioni in maniera sana. Quando si manifestano pulsioni distruttive, ‘chi sta fuori’, chi è più grande dovrebbe fare contenimento, proponendo linguaggi diversi, senza reprimere. I giovani sono delle officine viventi di idee, ma se il mondo adulto è il primo a non riuscire a stare in ascolto, non ne usciamo”.

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Giulia Angelon

Giulia Angelon

Mi piace esplorare l’esistenza, osservandone i misteri e sperimentando la forza creatrice che genera l'atto di comunicare quando nasce dall’ascolto e dal dialogo. Per BuoneNotizie.it scrivo di benessere e innovazione in chiave culturale, imparando l’arte di esserci nelle cose con intensa leggerezza.

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