La comunità scientifica umanitaria Medici Senza Frontiere pratica il principio della cooperazione fra operatori di tutto il mondo, provenienti anche da Paesi tra di loro in conflitto. Nei contesti di guerra, accademici e professionisti della salute lavorano fianco a fianco con lo scopo comune di curare e salvare le persone, superando le questioni divisive. Evitare la degenerazione violenta dei conflitti, in nome del contributo scientifico e umanitario, diventa, pertanto, un possibile imperativo comune.

Con la Dichiarazione di Siviglia sulla violenza,  studiosi di diverse discipline e di vari Paesi hanno stabilito che l’aggressività, la violenza e la guerra non sono necessità biologiche di evoluzione della specie, quindi non sono inevitabili.

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Al riguardo la sintesi conclusiva del documento recita: “Concludiamo affermando che la biologia non condanna l’umanità alla guerra. Così come le guerre cominciano nella mente degli esseri umani, anche la pace comincia nella nostra mente. La stessa specie che ha inventato la guerra può inventare la pace. In questo compito ciascuno di noi ha la sua parte di responsabilità”

La cooperazione e la pace si possono praticare istituendo comunità scientifiche umanitarie orientate alla loro realizzazione.  Medici Senza Frontiere interviene in tale direzione applicando il sapere scientifico in tutte le emergenze sanitarie nel mondo: gestione ospedali, chirurgia di guerra, supporto psicologico,  lotta alle epidemie in zone di guerra.

La comunità scientifica di Medici Senza Frontiere

Durante la guerra civile in Nigeria, intercorsa dal 1967 al 1970, alcuni medici volontari, intervenuti per portare medicine e cibo alla popolazione, rimangono sconvolti dal disastro umanitario provocato dalla repressione militare nei confronti dell’etnia Igbo nel Biafra. I volontari, sconcertati difronte al silenzio attorno a un evento che ha assunto le dimensioni del genocidio, decidono di fondare, nel 1971 Medici Senza Frontiere.

L’organizzazione umanitaria nasce con l’intento prioritario di coniugare azioni di pronto intervento e professionalità con l’indipendenza e la testimonianza.

Curare e salvare vite umane, ma anche raccontare, denunciare: l’idea è quella di non confondere il silenzio con la neutralità.

“Non siamo sicuri che le parole possono salvare delle vite, ma sappiamo con certezza che il silenzio uccide”, dichiara James Orbinski, l’allora Presidente di MSF in occasione del Nobel per la Pace riconosciuto all’organizzazione nel 1999.

Oggi MSF opera, con progetti in oltre 80 paesi nel mondo avvalendosi del supporto umanitario e professionale di 65mila operatori e assume i connotati di una comunità scientifica internazionale in cui ricerca e diritti umani si incontrano, in cui l’etica della pace diventa prioritaria e, contestualmente, pratica di gestione non violenta dei conflitti.

Che cos’è l’antibiotico-resistenza

Attualmente l’organizzazione è impegnata, fra gli altri, in progetti per il contrasto all’antibiotico-resistenza, maggiormente riscontrata nelle aree colpite dalle guerre. La resistenza agli antibiotici è determinata dalla capacità dei microorganismi di contrastare l’azione dei farmaci e quindi dalla loro attitudine a proliferare e sopravvivere mettendo in atto meccanismi biologici in grado di resistere ai medicinali.

Alcuni batteri, ad esempio, sono dotati di un enzima in grado di inattivare l’antibiotico. Si può anche verificare che la molecola attiva del farmaco non riesca a penetrare all’interno del batterio o è possibile che alcuni ceppi di batteri sviluppino mutamenti genetici che li rendono non più attaccabili dall’antibiotico.

Autorevoli comunità scientifiche hanno stabilito che la prima causa di antibiotico-resistenza sia l’uso eccessivo e inappropriato degli antibiotici nel mondo occidentale, dove si registra maggiore utilizzo di questo  tipo di farmaci. I referenti di Medici Senza frontiere confermano, inoltre, l’esistenza di uno stretto nesso fra guerra e allarmante diffusione all’antibiotico-resistenza in Medio Oriente, Iraq, Siria, Ucraina e nei paesi poveri.

MSF sviluppa l’Antibiogo

Secondo quanto dichiarato da MSF, nei contesti di guerra ricorrono alcune criticità che maggiormente determinano l’acuirsi di malattie infettive antibiotico-resistenti. Infatti, lacerazioni profonde, tipiche delle ferite di guerra, sviluppano velocemente gravissime infezioni; inoltre il potere distruttivo delle armi colpisce sistemi sanitari spesso strutturalmente già precari.

In simili condizioni, individuare il tipo di agenti patogeni delle infezioni è difficile, le diagnosi e le relative terapie sono spesso non specificamente mirate. Ne deriva un uso improprio di antibiotici ad ampio spettro con l’effetto di favorire lo sviluppo di germi resistenti al principio attivo del farmaco.

In guerra, inoltre, le contaminazioni dai metalli pesanti delle armi comportano la proliferazione degli agenti patogeni più capaci di sviluppare l’antibiotico-resistenza e favorire la diffusione delle malattie infettive.

Per contrastare la farmaco-resistenza, Medici Senza Frontiere ha sviluppato l’applicazione Antibiogo con certificazione UE, uno strumento diagnostico scaricabile gratuitamente dai tecnici di laboratorio di tutto il mondo. La rivoluzionaria tecnologia permette, anche ai non esperti, di interpretare il test di sensibilità batterica ai diversi antibiotici e individuare quelli più efficaci da somministrare ai feriti, pertanto, il trattamento delle infezioni con gli antibiotici più appropriati favorisce la riduzione all’antibiotico-resistenza e la guarigione dei pazienti.

Antibiogo, accessibile gratuitamente agli operatori umanitari nel mondo, rappresenta un concreto esempio di connubio fra scienza e cooperazione solidale internazionale. Così l’operato di MSF si innesta efficacemente nel variegato, insostituibile universo delle comunità scientifiche a servizio della pacifica convivenza.

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Lucia Muscetti

Lucia Muscetti

Laureata in Scienze Politiche, docente emerita in discipline giuridiche ed economiche presso i Licei di Scienze Umane. Leggo e approfondisco saggi sui diritti umani e di politica per scrivere e praticare l’arte del vivere bene insieme. Partecipo al laboratorio giornalistico di BuoneNotizie.it

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