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24 gennaio: Giornata mondiale dell’Educazione, per ripensare il sistema d’istruzione

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La Giornata mondiale dell’Educazione si celebra oggi in tutto il mondo. L’Assemblea delle Nazioni Unite l’ha istituita il 3 dicembre 2018 con la risoluzione 73/25, come monito per sensibilizzare l’opinione pubblica sul ruolo fondamentale dell’istruzione nel costruire società sostenibili e resilienti, da difendere in quanto “un diritto umano, un bene pubblico e una responsabilità civile”.

Al di là del valore simbolico del riconoscimento, questo “tributo” serve a ribadire la volontà politica di far virare il sistema educativo attuale verso maggiore inclusività, equità e qualità per tutti.

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La stessa Unione Europea ha inserito tra i primi posti degli ormai celebri 17 obiettivi dell’Agenda 2030, l’istruzione di qualità (Goal4), per promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti.

Questo diritto peraltro ha una funzione “attivante” nel raggiungimento di molti degli altri obiettivi prefissati, primi tra tutti sconfiggere la povertà (obiettivo n.1) e la parità di genere (obiettivo n.5).

 I numeri della povertà educativa  

La povertà educativa è “il processo che limita il diritto dei bambini a un’educazione e li priva dell’opportunità di imparare e sviluppare competenze di cui avranno bisogno da adulti”.

Ma chi sono le vittime della povertà educativa? Ecco i dati nel mondo:

La situazione in Italia non è molto più rosea, almeno in termini relativi:

Il dato dei nidi d’infanzia potrebbe apparire estraneo agli indicatori utili a quantificare la povertà educativa, considerato legittimamente un servizio d’élite dati i costi nel nostro paese.

In realtà rappresenta l’unità di misura del legame tra povertà educativa e materiale, in quanto affida il lavoro di cura a un coniuge (quasi sempre donna) che sacrifica le proprie aspirazioni lavorative e non produce reddito per la famiglia stessa.

Peraltro lo sbilanciamento culturale che vede la donna come più “idonea” a restare tra le mura domestiche alimenta parallelamente anche il divario di genere, a cui si faceva riferimento sopra.

Alla base di questo fenomeno, c’è un nesso di causalità vicendevole tra povertà educativa e povertà economica, il quale diviene uno status socio-economico che si trasmette a livello intergenerazionale nelle famiglie.

L’impatto della pandemia sulla scuola

La pandemia ha esasperato la condizione preesistente, anche nel campo dell’educazione. Come in molti altri ambiti della vita quotidiana, l’emergenza sanitaria ha rubato attenzione, opportunità e mezzi al contrasto della povertà educativa.

Al contrario, ha affossato ulteriormente le condizioni economiche di molte famiglie aumentando così la forbice delle disuguaglianze.

Il processo era già degenerato a partire dalla crisi del 2008, che ha portato a triplicare il tasso di bambini in povertà assoluta dal 3,7% al 12,5%. Su queste basi si è registrato poi un ulteriore aumento di 1 punto percentuale nel 2020 (1,4 milioni), arrivando a superare il 20% dei minori se si ragiona in termini di povertà relativa (2,2 milioni).

Se sommiamo complessivamente i due indicatori, il risultato sono circa 3,6 milioni di minori poveri, il 33% del totale (meno di 10 milioni).

L’Unesco – agenzia Onu per l’educazione, la scienza e la cultura – è la principale promotrice della giornata dell’educazione e ha presentato lo scorso novembre un rapporto biennale sul futuro dell’educazione nel mondo.

Le nuove strategie indicate per “Re-immaginare il nostro futuro” hanno come presupposto necessario l’effetto che ha avuto la pandemia sulla vita di circa 1,6 miliardi di studenti in oltre 190 paesi.

“La pandemia è un promemoria pesante della nostra fragilità e interconnessione. La dipendenza dalle tecnologie digitali per l’apprendimento ha reso più profonde l’esclusione e le disuguaglianze di genere”.

Il sistema scolastico in Italia tra ripensamenti e investimenti

Il tema di questa quarta celebrazione della giornata mondiale dell’educazione è: “Cambiare rotta, trasformare l’istruzione”.

Di certo la pandemia ha imposto una migrazione obbligata verso il digitale per tutti. Parlando di istruzione, la DaD ha investito da un giorno all’altro gli insegnanti ma soprattutto bambini e ragazzi, con esiti piuttosto controversi.

Dato questo cambio di rotta, si è aperto il dibattito sul nostro modello scolastico, in particolare sulle metodologie didattiche e sui modelli alternativi a cui ricorrere. Non ultimo, hanno preso piede sempre più scelte educative che scardinano la dimensione tradizionale alunno-insegnante in un luogo esterno alla propria abitazione. Qualcosa di molto simile a ciò che è successo nel mondo degli adulti con la conversione dello smart working in una modalità lavorativa permanente.

Provare a trasformare l’istruzione richiede ovviamente grandi investimenti, come previsto dal PNRR che ha stanziato 17,59 miliardi di euro per il sistema scolastico, al fine di migliorare competenze didattiche e infrastrutture e combattere il grosso divario territoriale.

Al di là dei cambiamenti sistemici strutturali che richiedono tempo e risorse ingenti, ci sono già progetti che contrastano su piccola scala, a livello locale, la povertà educativa.

E’ il caso dei “Punti luce” di Save the Children Italia, che dal 2014 ha attivato ad oggi ben 26 “spazi ad alta densità educativa”, nei quartieri e nelle periferie italiane, finalmente con un’ottima distribuzione sul territorio.

Qui bambini e ragazzi dai 6 ai 17 anni trovano sostegno allo studio, laboratori artistici e musicali, promozione della lettura e accesso a nuove tecnologie, gioco e attività motorie. Mentre ai loro genitori sono offerte consulenze legali, psicologiche e pediatriche.

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