Al Parco Verde di Caivano in provincia di Napoli, nel periodo tra luglio e agosto due bambine di 11 e 12 anni sono state vittime di ripetuti episodi di violenza sessuale. Il fatto delittuoso si è consumato in un quartiere degradato, che registra una elevata percentuale del fenomeno della dispersione scolastica.

Il luogo è segnalato come una delle più grandi piazze di spaccio della droga di tutta Europa, ambiente in cui albergano miseria e povertà educativa: dove bambini e ragazzi sono esposti  ai gravi  rischi di emarginazione sociale, a un passo dalla devianza minorile, soggetti ad alimentare il bacino di manovalanza della criminalità organizzata. 

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Simili contesti richiamano all’attenzione della ricerca pedagogico-didattica la questione del fallimento dell’azione educativa della scuola. A tal fine, dagli studi di settore è scaturito il modello  di “Educazione Diffusa”, una prassi didattica fortemente innovativa.

Secondo il Professore di Filosofia dell’educazione dell’Università di Milano Bicocca, Paolo Mottana, il modello può essere validamente applicato, per il contrasto alla dispersione scolastica, anche in realtà socio-ambientali molto diverse fra loro,  proprio perché suffragato da consolidato rigore scientifico.

Cos’è la dispersione scolastica

Secondo le analisi più accreditate, la dispersione scolastica non è facilmente inquadrabile entro contorni univoci e ben definiti in quanto legata alla natura fluida, spesso precaria, delle relazioni umane del nostro tempo. Tuttavia il fenomeno evidenzia le criticità legate ad aspetti di fragilità individuali, di disfunzione del sistema scolastico e di squilibri di natura socio-economica ed urbanistica in tutto similari al caso di Caivano.

In tale prospettiva, la dispersione scolastica è la dissipazione di intelligenze e di umanità e implica il fallimento dell’azione formativa della scuola. Il fenomeno è caratterizzato da mancato, incompleto o irregolare percorso scolastico dei ragazzi, abbandono scolastico e uscita precoce dai circuiti della formazione.

Le cause della dispersione scolastica

Secondo quanto pubblicato dagli istituti di monitoraggio e ricerca di  MIUR, INVALSI e ISTAT, l’Italia registra un tasso del 12,7%  di dispersione scolastica, con picchi in Sicilia (21,1%), Puglia (17,6), Campania (16,4%) e Calabria (14%). Il nostro Paese si colloca pertanto fra quelli a più elevata incidenza del fenomeno: solamente dopo il 15,3% della Romania e il 13,3% della Spagna, con uno scarto significativo rispetto all’obiettivo del 9% entro il 2030 stabilito dall’Unione Europea.

Inoltre la percentuale di NEET, giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione, raggiunge il 23% nelle regioni del Sud a fronte di una media europea del 13,%.

Molteplici sono le cause che determinano il fallimento formativo dei giovani. Fra i fattori di carattere soggettivo si individuano le difficoltà cognitive e di apprendimento, le attitudini e il senso di inadeguatezza.  Generalmente questi ultimi sono significativamente correlati alla condizione socioeconomica della famiglia e al livello di istruzione dei genitori: con il 22% di abbandono degli adolescenti i cui genitori hanno il titolo di scuola media, contro il 2,3% di giovani con genitori laureati.

Ulteriore elemento di rischio è il fenomeno dei ghetti educativi, scuole collocate in quartieri degradati con carenza di servizi scolastici, quali il tempo pieno, le mense le palestre e i centri sportivi: in esse si concentra la presenza di ragazzi fragili sul piano culturale e socioeconomico.

L’ “Educazione Diffusa” per contrastare i fallimenti del sistema formativo dell’istruzione

In risposta alla piaga della dispersione scolastica  il professore di filosofia dell’educazione nell’Università di Milano Bicocca Paolo Mottana, insieme al saggista Giuseppe Campagnoli propongono l’innovativo modello didattico della “Educazione Diffusa”. Secondo tale approccio bambini e bambine, ragazzi e ragazze, escono dal perimetro delle aule scolastiche per recarsi là dove si svolge la vita reale; dove, attraverso le esperienze concrete, autentiche, i processi di apprendimento e di crescita si strutturano più efficacemente  nel rispetto delle attitudini e della personalità di ciascun individuo.

Un’innovativa esperienza pedagogico-didattica si sperimenta nei Quartieri Spagnoli di Napoli a partire dal 2018 con il progetto Scuola Diffusa-Quartiere educantecon l’obiettivo prioritario di contrastare l’alto tasso di dispersione scolastica di questa realtà urbana.

Nel territorio tutto il corpo sociale si è costituito in comunità educante per assumersi la responsabilità di insegnare i saperi ai ragazzi: negli spazi aperti delle botteghe artigiane e degli uffici della municipalità. Così, ad esempio, gli adolescenti hanno appreso le leggi della chimica della lievitazione del pane e quelle della matematica col calcolo delle misure nella sartoria, il ciclo delle stagioni attraverso la crescita delle piante e altro ancora.

La “Scuola Diffusa” tra sfida e protocolli d’intesa”

Il modello costituisce una sfida senza pari di contrasto alla dispersione scolastica, poiché presuppone cambiamenti radicali dei paradigmi dell’educazione e della didattica. Presuppone anche la trasformazione delle realtà urbane in città educanti, dove tutti possano effettivamente svolgere il ruolo di cittadinanza attiva per la promozione del territorio e dei suoi abitanti.

In tal senso, il Ministero dell’Istruzione riconosce ai principi di “Scuola Diffusa” il rango di approccio educativo didattico di rilievo nazionale e ne promuove la concreta attuazione attraverso protocolli d’intesa fra le istituzioni in collaborazione  con le scuole. Basato sul principio del diritto allo studio di bambini e giovani il modello può essere proficuamente applicato al caso di Caivano anch’esso caratterizzato dall’ elevata dispersione scolastica.

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Lucia Muscetti

Lucia Muscetti

Laureata in Scienze Politiche, docente emerita in discipline giuridiche ed economiche presso i Licei di Scienze Umane. Leggo e approfondisco saggi sui diritti umani e di politica per scrivere e praticare l’arte del vivere bene insieme. Partecipo al laboratorio giornalistico di BuoneNotizie.it

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