Il 24 ottobre scorso la commissione per l’ambiente del Parlamento europeo ha espresso la sua posizione in materia di packaging, una decisione che avrà un impatto notevole nella nostra vita di tutti i giorni. Il 30 novembre si voterà in sessione plenaria, quindi effettivamente, ciò che ad oggi rimane solo un provvedimento.

Riuso o riciclo? La proposta è quella di regolare non solo la produzione e l’utilizzo e l’eventuale riuso, di contenitori ed imballaggi, ma anche l’organizzazione dell’intera filiera, dal produttore al consumatore. Tale prassi vorrebbe e dovrebbe garantire due cose, entrambe positive: la qualità del prodotto e l’abbattimento dell’impatto che i materiali da imballaggio hanno sull’ambiente. Non proprio scatolette, se si considera che i rifiuti provenienti da questo comparto costituiscono l’8% dei rifiuti complessivi in Italia.

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La norma, oggi

L’Europa, per il futuro, punta sul riuso. Buona pratica già attuata in molte realtà. Dare altra vita agli imballaggi che altrimenti finirebbero nella spazzatura. Se possibile. Il problema è che per quanto riguarda alcuni comparti, come quello agroalimentare, a volte il riuso puro e semplice non è possibile poiché non esistono ancora alternative al mono-dose. L’Europa intende vietare questi tipi di imballaggi. Significherebbe dire addio all’usa e getta, come le confezioni di frutta e verdura inferiori al chilogrammo, alle lattine di bibite così come le conosciamo oggi, ma anche contenitori di cosmetici, o gli involucri dei medicinali. Il risultato è, in sintesi, minor presenza di questi contenitori, quindi minor impatto ambientale.

Messa così sembrerebbe tutto idilliaco. Chi, in coscienza, avrebbe da ridire di fronte a benefici tanto evidenti? Ma sorgono criticità non irrilevanti riguardo l’attuazione del progetto. Basti considerare l’esito della votazione alla proposta sul packaging: 53 a favore, 23 contrari e 5 astenuti. Per quanto, in linea di massima, tutti sono d’accordo sul principio fondante la norma, l’Italia si trova ad essere scettica riguardo gli esiti finali di questa proposta, così com’è formulata oggi. CIA, una delle maggiori associazioni italiane di produttori e imprenditori agricoli, e Confindustria all’unisono si definiscono “preoccupate perché a rischio il nostro sistema vincente”. Ma qual è questo sistema?

In sintesi: “Favorire il riuso sì, ma non a scapito del riciclo”

L’Italia, infatti, con un anticipo di anni rispetto agli obiettivi Ue fissati per il 2030, ha impostato la propria produzione basandola sul riciclo. Per fare un esempio pratico: secondo il principio del riuso come lo vorrebbe l’Europa, un bidoncino di detersivo in plastica si ricarica. In Italia finisce nella spazzatura. Ma da lì inizia un ciclo che lo porterà ad essere un nuovo bidoncino, sanificato e sicuro, o un’altra cosa. Abbattimento dell’impatto ambientale anche in questo caso. Per un Paese privo di questo tipo di materie prime, questa è una mossa vincente e possibilmente redditizia. E le aziende italiane ci hanno investito molto. Secondo le stime Conai (Consorzio nazionale imballaggi), sono più di 700mila le imprese che attualmente applicano questo metodo e più del 70% il materiale da imballaggi trattato e rimesso in circolazione.

Il nostro Paese è il secondo in Europa per quantità di materiale riciclato, nonostante la buona pratica della raccolta differenziata ancora sia da migliorare in alcuni contesti. Un lavoro di 25 anni che non è ancora finito. Anche il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) continua a stanziare fondi per lo sviluppo dell’economia circolare che crea valore, innova ed esporta stando attenta all’ambiente. In questo senso l’Italia gioca in difesa del proprio modello, che sarebbe inattuabile di fronte a un sistema unico basato sul solo riuso. Ciò vanificherebbe sforzi e investimenti di singole aziende fondati sul packaging, metterebbe a rischio posti di lavoro. Aumenterebbe i costi del produttore e, quindi, conseguenti ripercussioni sui nostri consumi.

Ma siamo sicuri che il sistema del riciclo non abbia dei limiti? Il fatto di essere il migliore in questo momento non implica che sia l’unico attuabile. La pluralità di soluzioni non è mai un problema.

Dobbiamo proprio scegliere?

Quello degli imballaggi è certo un tema importante per il nostro Paese. Una discussione che, a discapito delle preoccupazioni attuative ed economiche, ha il merito di riunire e innescare un nuovo dibattito tra associazioni, aziende e istituzioni, regionali, nazionali, europee. Con un’unica meta: la soluzione migliore. Vari livelli e grandi tavole rotonde. Ma anche una buona dose di individualità. Il cittadino, è chiamato nella questione in prima persona, perché si parla anche di lui e soprattutto della sua sicurezza e della sua salute. Temi centrali che un sistema efficiente, fondato sul riciclo e riuso che sia, ben regolamentato e sostenibile, garantisce.

E non è detto che riuso e riciclo non possano coesistere. Il nuovo regolamento Ue non costituisce in nessun modo un aut aut. È difficile immaginare che un organo come l’Europa promuova una direttiva unica e acritica senza considerare le specificità e la pluralità dei singoli Paesi membri. Purché si raggiunga l’obiettivo: che è quello del bene comune e del Pianeta. Questa è l’unica scelta da fare.

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Andrea Pezzullo

Andrea Pezzullo

Redattore, autore e conduttore radiofonico. Lo sguardo ben puntato su ciò che succede oggi intorno a noi. Mi occupo di attualità, economia e lavoro. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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