I fenomeni atmosferici estremi del nostro tempo pongono problemi di giustizia ambientale, secondo la visione che considera l’ambiente elemento essenziale in termini di equità e diritti sociali.

Sara Segantin, comunicatrice scientifica, assieme alle attiviste per la giustizia climatica, Alice Franchi e Magdalene Pellegrin, ha ideato il progetto “Diritto a REsistere”. La forma grafica della seconda parola intende sottolineare il senso del “Resistere per esistere”, si vuole porre l’accento sul diritto dei popoli a sfidare i cambiamenti climatici, opponendosi pacificamente alle ingiustizie e allo sfruttamento delle risorse.

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Le tre donne, in viaggio dal 30 ottobre, stanno incontrando la popolazione indigena del Messico per trovare soluzioni per la salvaguardia della giustizia ambientale, concepita secondo la visione integrata che pone in relazione la tutela dell’ambiente, la protezione e la promozione della biodiversità con il rispetto dei diritti umani.

Il progetto “REsistere” per la giustizia ambientale

Le tre attiviste mirano a documentare i cambiamenti climatici registrati nell’America centrale nell’ultimo secolo a causa di deforestazione e riduzione della biodiversità: lo spirito è quello di seguire il sentiero tracciato da Harriet Chalmers Adams, la prima esploratrice e fotoreporter del National Geographic.

Chalmers Adams ha viaggiato per il mondo, da pioniera, con determinazione, nel primo Novecento, un’epoca in cui il ruolo delle donne era restare a casa, girando per tre anni in tutti gli stati del centro e del Sudamerica e descritto quei territori sul piano antropologico documentandone la biodiversità e la cultura. La fotoreporter ha anche raccontato il colonialismo testimoniando le modalità di conquista occidentale e nordamericana, quando era rischioso farlo.

Oggi le attiviste Segantin, Franchi e Pellegrin seguono le sue tracce per rivendicare il ruolo delle donne per tutela della giustizia ambientale, con l’intento di tessere relazioni e reti fra le indigene, dando visibilità alla loro lotta per la difesa del pianeta e dei diritti umani, perché interdipendenti.

Il quotidiano scientifico Radio3 scienza, condotto da Marco Motta, in collegamento con Sara Segantin, il 9 novembre ha trasmesso le prime testimonianze su “Casa Na’atik” e l’attivismo di Araceli Domínguez Rodríguez.

“Casa Na’atiK”, un progetto di giustizia ambientale

“Casa Na’atiK” è un centro di permacultura, ossia l’arte di prendersi cura delle persone e del pianeta, ripensando gli spazi e le risorse per condividerli in modo equo e in armonia con la natura. Il centro è gestito dall’architetta Amanda Di Castro e il permacultore Santiago Aguilar, si trova in mezzo alla foresta ed è costruito con materiali locali e tecniche non inquinanti. Nel centro i visitatori vivono in sintonia con la natura,  apprendono la policoltura, il compostaggio, il filtro delle acque grigie, a diretto contatto con le persone, le tradizioni e la cultura del luogo.

I due fondatori hanno costruito la struttura coinvolgendo gli abitanti del villaggio Maya poco distante da una ricchissima oasi di biodiversità. Il centro si pone come dimostrazione di sviluppo alternativo alla ferrovia “Tren de Maya”, nata per collegare diversi stati e rendere più accessibili i luoghi d’interesse turistico internazionale.

“Tren de Maya”, secondo Amanda Di Castro, sta comportando la devastazione di ampie aree naturali e la distruzione di grotte e di siti archeologici, inoltre non tiene conto dei diritti delle comunità locali, infine non offre prospettive di sviluppo ecosistemico e prosperità equa per le popolazioni autoctone.

Il turismo massivo, infatti, sta distruggendo le culture locali: le persone lasciano i loro villaggi in cerca di lavoro, si dimenticano le tradizioni perché i giovani perdono interesse a mantenerle vive. Un turismo responsabile invece presta attenzione alle culture locali per consentire loro di continuare a vivere.

Un’ecologista leggendaria a tutela dello Yucatan

Dallo Yucatàn, con Sara Segantin, Araceli Domínguez Rodríguez, attivista ecologista, spiega che il turismo è la risorsa necessaria a garantire condizioni migliori per la popolazione, ma prevale l’interesse dei grandi investitori spagnoli che possiedono l’80% degli alberghi, crescono le zone del turismo massivo e non i servizi urbani quali strade, scuole, rete idrica e fognaria. Insomma, non c’è uno sviluppo parallelo fra turismo e comunità.

Un problema di giustizia ambientale è anche l’iperproliferazione delle alghe sargassi, che arrivano a dismisura dal Brasile e quando si decompongono producono sostanze tossiche e maleodoranti. Le amministrazioni territoriali procedono allo smaltimento delle alghe morte gettandole nei pozzi, con conseguente contaminazione delle falde acquifere e ricaduta negativa sulle attività agricole e turistiche locali.

Secondo la ricercatrice Sara Kaleb, questo fenomeno comporta la rottura della precedente biodiversità di cui le sargassi fanno parte: gli studi confermano l’ipotesi che a determinare l’eccessiva proliferazione delle alghe concorrano l’innalzamento della temperatura e i fertilizzanti provenienti dall’agricoltura intensiva.

Rodríguez non si ferma: da più di 40 anni sfida gli ecocidi, il profitto spietato, la corruzione politica e lotta per i diritti delle donne contro il turismo sessuale e del narcotraffico. Inoltre, l’attivista ha sollecitato l’approvazione della legge che vieta in Messico il commercio dei delfini destinati ai parchi divertimento ed è riuscita anche a far salvaguardare un’area marina per la nidificazione delle tartarughe.

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Lucia Muscetti

Lucia Muscetti

Laureata in Scienze Politiche, docente emerita in discipline giuridiche ed economiche presso i Licei di Scienze Umane. Leggo e approfondisco saggi sui diritti umani e di politica per scrivere e praticare l’arte del vivere bene insieme. Partecipo al laboratorio giornalistico di BuoneNotizie.it

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