La sedicesima Conferenza ONU sulla Biodiversità 2024 (COP16) si è tenuta dal 21 ottobre al 2 novembre in Colombia. È stata la prima volta che un Paese del Sud America ospitava l’evento. L’obiettivo della COP16 era quello di rafforzare gli impegni internazionali per la conservazione e l’utilizzo equo e sostenibile delle risorse della Natura. Il vertice è arrivato in un momento di rapido declino degli ecosistemi a livello globale. In questo momento “è fondamentale fare Pace con la Natura“, come affermava lo slogan della COP16 .
Cos’è la Conferenza ONU sulla Biodiversità
La COP, acronimo di Conferenza delle Parti, è stata istituita tra gli Stati che hanno firmato la Convenzione ONU sulla Diversità Biologica (CBD). La CBD è un trattato internazionale che è stato ratificato durante la Conferenza Mondiale sulla Terra, a Rio de Janeiro nel 1992. La Conferenza delle Parti è l’organo decisionale della CBD, che si riunisce ogni due anni.
Lo scopo della COP sulla Biodiversità è di definire impegni e piani d’azione per la conservazione e l’utilizzo sostenibile della biodiversità. Rappresenta inoltre un importante momento di discussione e decisione per la conservazione dell’ambiente. Quindi definisce le strategie e le azioni concrete per affrontare le sfide legate alla perdita di habitat e alla diminuzione delle specie.
La COP16 2024 in Colombia
In qualità di ospite della Conferenza delle Parti, la Colombia ha accolto oltre 190 Paesi, affrontando le sfide globali più urgenti nella salvaguardia della biodiversità. Con un numero record di oltre 21.000 delegati preregistrati, la COP16 si è configurata come l’incontro più grande nella storia delle COP sulla biodiversità.
Il sedicesimo vertice sulla biodiversità è stato presieduto da Susana Muhamad, ministra dell’ambiente della Colombia, che nel suo discorso inaugurale ha dichiarato: “Dobbiamo riconnetterci con la natura e solo allora potremo riacquistare il senso di umanità e far rivivere i valori del multilateralismo che hanno portato alla fondazione delle Nazioni Unite e di altri forum multilaterali”.
Le aspettative deluse sull’accordo quadro globale delle biodiversità
La COP15 di Montreal del 2022 aveva prodotto un accordo ben definito: il Quadro Globale sulla Biodiversità (Global Biodiversity Framework). Si tratta di una tabella di marcia per proteggere il 30% della biodiversità delle terre e il 30% dei mari entro il 2030. Entro il 2025 è previsto un fondo per finanziare le attività per la conservazione delle specie nei Paesi in via di sviluppo. La COP15 aveva stabilito che i contributi annuali, pari a 200 miliardi di dollari, dovessero essere versati dai Paesi più sviluppati e ricchi verso quelli con meno risorse.
La COP16 ha quindi cercato di creare il fondo previsto dalla COP 15, ma senza successo: Stati Uniti, Vaticano, Corea del Nord e Yemen non hanno infatti aderito. C’è stato un tentativo di proporre degli indicatori comuni per gli investimenti, per rassicurare gli Stati più sviluppati, le banche e le istituzioni internazionali, come l’UE per sbloccare lo stallo, ma non è bastato. I negoziati saranno ripresi il prossimo anno, durante l’incontro intermedio a Bangkok entro il 2025.
I risultati raggiunti dalla Conferenza ONU sulla Biodiversità 2024
Durante i 12 giorni della COP16, le Parti sono comunque riuscite ad approvare alcuni accordi strategici per la conservazione della Biodiversità. Il primo, anche se risulta un tema assai controverso, è l’accordo sulle Digital Sequence Information (DSI): l’informazione genetica digitalizzata di animali e piante. L’accordo si basa sul principio che le aziende che sfruttano le DSI per creare i loro prodotti, dovrebbero pagare un corrispettivo ai Paesi che ospitano il patrimonio originario della biodiversità.
C’è stata inoltre l’attesa approvazione dell’accordo globale per identificare e conservare le aree marine ecologicamente significative nei mari e negli oceani di tutto il mondo. Questo segna il passo necessario per arrivare a proteggere il 30% della biodiversità dei mari entro il 2030. La notizia ha particolare rilevanza anche per il nostro Paese, perché tra le aree marine identificate c’è anche quella degli ecosistemi del Mediterraneo nord-occidentale che comprende il nord della Sardegna, il Mar Tirreno settentrionale, gran parte della costa toscana e di quella ligure.
Il riconoscimento storico per le popolazioni indigene
Forse, il risultato più importante della Conferenza ONU sulla biodiversità del 2024 è stato l’approvazione del gruppo di lavoro per le popolazioni indigene nelle delegazioni permanenti. La Conferenza ha stabilito la creazione di un organo sussidiario al quale è garantita la partecipazione dei popoli indigeni. Quest’organo avrà voce in capitolo nelle decisioni che riguardano la tutela degli ecosistemi. Si è riconosciuto finalmente un ruolo più centrale ai popoli indigeni in tutte le fasi del processo negoziale, data la loro connessione ancestrale, nonché il loro ruolo cruciale nella conservazione della biodiversità.
La COP16 ha trasformato Cali nella capitale mondiale della biodiversità ed è riuscita a mobilitare e attivare la sua economia locale e nazionale. Ha istituito delle “Zone verdi”, epicentri di eventi culturali e del commercio green, che sono state visitate da oltre 900.000 persone, quadruplicando il numero di persone attese. È stata la prima volta che si è permesso l’ingresso del pubblico all’interno di una COP sulla biodiversità, consentendo così un avvicinamento concreto delle persone a uno dei temi più cruciali per la nostra stessa esistenza.

