Il G20 è da poco terminato, con il suo infinito strascico di polemiche e i suoi immancabili scontri nelle vie.  La maggior parte dei media ha dedicato ampi servizi all’evento, spesso definito un vero e proprio “flop”. Consci che sicuramente ci sia ancora moltissimo da fare, spesso può rivelarsi migliore e più duratura una politica di piccoli passi condivisi che tanti proclami faraonici non vissuti in una prospettiva unitaria.      

Provvedere ad una crescita forte, sostenibile ed equilibrata: è stato questo l’obiettivo dei 20 paesi riuniti a Toronto per questo primo forum sulla cooperazione internazionale.  Non senza poche difficoltà, dato che alle soluzioni europee, più legate ad una decisiva riduzione dei debiti pubblici,  si è contrapposto fin da subito il modello americano, per cui l’economia possa essere risanata solo grazie ad apposite misure e che un eccessivo rigore possa essere deleterio per una ripresa dei mercati internazionali.

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Eppure la visione europea ha prevalso, seppure non in maniera totale: nel documento finale, i partecipanti hanno accettato l’impegno di dimezzare, entro il 2013, il proprio deficit pubblico e di stabilizzare o ridurre, entro il 2016, il rapporto debito pubblico – Pil.  Un obiettivo decisamente complesso e che sarà affrontato da ogni Stato tenendo conto delle proprie peculiarità. “E’ stata accolta la nostra tesi per cui il risanamento non comprometterebbe la crescita” ha commentato a riguardo Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione Ue.  Il risanamento delle finanze è stato visto come l’elemento in grado di centrare l’obiettivo, capace anche di rispondere a nuove ed impreviste situazioni di crisi e alla sfida dell’invecchiamento della popolazione, onde  evitare di lasciare alle future generazioni un patrimonio di deficit e debito pubblico.

Rimangono esclusi alcuni provvedimenti che parte dell’Europa riteneva di notevole importanza, come la proposta di una tassa sulle banche e sulle transazioni finanziarie. Anche in questo caso, tuttavia, la partita non è persa: Nicolas Sarkozy ha affermato che, in questo campo, l’Europa potrebbe fare da apripista, poiché molti stati membri ritengono questa soluzione una strada percorribile per favorire la crescita, in un quadro ove, nonostante diffusi segnali di ripresa, permane una diffusa fragilità.  

Da questi obiettivi condivisi si deve ripartire per costruire un migliore sistema finanziario, per raggiungere quella crescita equilibrata e sostenibile che ha spinto i 20 paesi ad incontrarsi.

L’appuntamento è ora a Seul, in Corea, l’11 e il 12 novembre 2010, dove il dialogo potrà riprendere. Da nuovi orizzonti condivisi unitariamente.

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Isabella Berardi

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