Nella Provincia Autonoma di Trento, sta dando ottimi frutti un esperimento decisamente fuori dalle righe: la convivenza fra malati psichici gravi e rifugiati politici provenienti da diversi paesi messa a punto dal Servizio di Salute Mentale e dal Servizio Attività Sociali del Comune di Trento. “Neri per casa” è un progetto di integrazione decisamente anomalo, il cui principale punto di forza consiste  in un radicale capovolgimento di ruoli: in questo caso, infatti, sono gli immigrati ad “accogliere” e offrire assistenza agli Italiani.

Le storie da raccontare sarebbero tante, troppe forse. C’è per esempio la storia di Jean: ivoriano, sbarcato a Lampedusa come tanti altri, selezionato per partecipare a un corso di formazione organizzato dal Sevizio di Informazione sull’Immigrazione Cinformi e messo subito dopo a capo di un’anomala “famiglia di fatto” costituita da tre persone affette da gravi disagi psichici. Luca è uno di loro: un ragazzo di 19 anni di origine brasiliana, adottato da una famiglia italiana e successivamente segregato in casa di cura a causa di gravi problemi di violenza. Con Jean, Luca ha trovato pane per i suoi denti: al primo tentativo di alzare le mani, il giovane ivoriano ha sollevato il ragazzo in silenzio guardandolo negli occhi e limitandosi a dirgli di non provarci mai più. Nient’altro: poche parole che sono state più che sufficienti a reimpostare una logica di rapporti di forza differente e a stabilire un salutare punto e a capo.

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Di diverso colore è la storia di Marzia e di Eliane, prima esperienza di co-abitazione sperimentata e primo decisivo punto a favore nel bilancio di “Neri per casa”. Marzia, quarant’anni suonati, figlia di una famiglia trentina doc, ha vissuto – come si suol dire – rimbalzata da una casa di cura all’altra. Un vissuto anaffettivo alle spalle ed evidenti disagi psichici: il tutto distillato in un carattere impossibile. Con questi presupposti, poteva sembrare quantomeno azzardato trovare per Marzia una coinquilina come Eliane, rifugiata politica che veniva dall’altra parte del mondo (dal Togo, per la precisione). L’azzardo, se azzardo c’è stato, ha però questa volta giocato in favore della “strana coppia” e quella con Eliane si è trasformata per Marzia  in una convivenza forse un po’burrascosa ma senza dubbio risolutiva. “A volte è difficile vivere con lei perché per avere attenzione diventa provocatoria – racconta Eliane – quando vuole proprio farmi arrabbiare mi chiama “negretta”, e ho anche minacciato di andarmene portando la valigia all’ ingresso, ma a quel punto è corsa a chiedermi scusa”.

 

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3 Commenti

  • Alberto ha detto:

    Non è carino che un progetto si chiami Neri per Casa, né tantomeno che dei malati psichici (così come definiti nel vostro articolo) siano inglobati in un progetto che non sembra aver nulla a che fare con quelle che sono le esigenze di rifugiati politici, e viceversa! Come a dire che un rifugiato politico è uno psichiatrico e uno psichiatrico è un rifugiato politico. Sono problematiche totalmente differenti!
    Stavolta la provincia di Trento ha decisamente toppato!