È il più grande trattato commerciale multilaterale della storia.

Il 15 novembre 2020, in una cerimonia virtuale ad Hanoi, si sono riuniti 15 paesi dell’Asia e del Pacifico per firmare l’Rcep (Regional Comprehensive Economic Partnership), il più grande trattato commerciale multilaterale della storia.

Il trattato si sovrappone parzialmente al Cptpp, il partenariato dei paesi del transpacifico. Un accordo senza la presenza della Cina, cui gli USA di Obama avevano aderito, per poi uscirne con Trump.

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L’attuale RCEP è meno vincolante, ma vincente, in quanto coinvolge, sul piano economico, paesi differenti: monarchie, come la Thailandia, paesi musulmani, come l’Indonesia e altri di stampo socialista come la Cina. L’obiettivo è quello di accontentare i paesi più ricchi e interfacciarli con quelli con un Pil minore, tenendo conto della situazione reale per crescere globalmente e ridurre i dazi.

Il trattato e i suoi elementi di forza. Non solo per l’Asia.

Il trattato ha posto delle domande in Europa: la paura è quella di dover competere contro un’economia sempre più veicolata dal mercato asiatico e di trovarsi in una posizione scomoda fra gli USA e la Cina.

Per poter comprendere questo andamento è stato intervistato Ing Cai Maosheng, presidente dell’Associazione in Italia Ex Alumni di Zhejiang University, una delle più prestigiose in Cina: “Il mercato è cambiato in maniera molto rapida: fino a pochi anni fa si registrava un fortissimo scambio fra Cina e USA, successivamente fra Cina e CEE, ma dal secondo mandato Trump ad oggi, il mercato si è perimetrato fra Asia e Pacifico. Questo dimostra una maggior coesione a livello di mentalità per i paesi orientali che, insieme, sono riusciti a gestire in maniera rapida gli effetti economici del post pandemia, tornando ad investire e lavorare. L’RCEP coinvolge quasi tutta l’Asia e i membri dell’Asean, la coalizione dei 10 paesi in partnership, in cui non compariva la Cina. I criteri del passato erano più ampi e coinvolgevano il copyright, mentre ora il trattato è di stampo economico. Per me è positiva la presenza di paesi culturalmente molto diversi: socialisti, musulmani, monarchici; inoltre ci sono paesi ricchi come il Giappone e l’Australia, contrapposti a paesi con un Pil più basso come il Laos o medio come  il Vietnam“.  

Cosa potrebbe cambiare (in meglio) per l’Europa?

Fra le maggiori forze che emergeranno, ci sarà il triangolo formato da Cina, Corea del Sud e Giappone, che punteranno sulla creazione di un mercato unico e l’abolizione di dazi.

Il punto di forza del trattato – continua Maosheng – è che i Paesi saranno liberi di fare accordi bilaterali fra di loro. Sono convinto che vi saranno molti vantaggi per l’Europa, sfruttando le alleanze commerciali. Molti paesi all’interno dell’Rcep sono anti alleati degli USA, per motivi storici ed economici: questo potrebbe creare un nuovo asse d’intesa e un maggior interesse per l’Europa a sfruttare le proposte dell’Rcep. Tra i risultati più auspicabili di questo trattato ci saranno: il blocco del mercato unico, la condivisione di lavoratori e materiali per progetti comuni. Il Sud Est asiatico metterà a disposizione manodopera, l’Australia e la Nuova Zelanda materie prime, mentre il Giappone, la Corea del Sud e la Cina tecnologia avanzata, come il 5G e l’imminente 6G. Il trattato avrà un impatto positivo globale e avvicinerà l’Europa: soprattutto in questo periodo dove gli USA si sono allontanati da molti accordi commerciali. Se il governo Biden, decidesse di rientrare in contatto con l’Asia, il mercato unico globale diventerebbe davvero un’opportunità per tutti. Si prevede che, entro il 2025, il Pil di molti paesi interni al trattato ed europei aumenti. Il trattato Rcep si attuerà per beni e servizi senza seguire uno schema politico”.

Il trattato che trasforma la crisi in occasione

L’impatto di questo trattato a livello mondiale potrebbe quindi essere positivo, in quanto si registrerà una diminuzione dei costi anche per l’Europa e gli USA. Gli investimenti fra la Cina e l’Europa saranno stimolati dal RCEP già entro la fine del 2020, quando si firmeranno nuovi accordi.

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Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, giornalista, autrice, archeologa, antropologa, viaggiatrice, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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