Smorzate le effervescenze che hanno agitato i giorni immediatamente successivi alla Conferenza internazionale su sviluppo e migrazione dello scorso 23 luglio, emergono con maggiore chiarezza, al di sotto degli obiettivi dichiarati, i non-esplicitati di fondo. Nel corso del ribattezzato “Processo di Roma” la premier Giorgia Meloni, con la regia oculata del ministro degli esteri Antonio Tajani, ha riunito alla Farnesina 21 Paesi di Europa, Medioriente e Africa per intavolare una piattaforma pluriennale globale con cui “prevenire e frenare i flussi migratori irregolari, prevenendo al contempo la perdita di vite umane, attraverso accordi bilaterali o multilaterali per combattere efficacemente il traffico di migranti via terra e via mare”.

Il bifrontismo del governo italiano sulla migrazione

Motore della Conferenza è stato l’incremento record – registrato in un’indagine del Ministero dell’interno – delle migrazioni in Italia, fianco dell’Europa privilegiato per l’attracco dei profughi in fuga soprattutto da Libia, Sahel e Corno d’Africa. Rispetto al primo semestre del 2021, gli ingressi sono triplicati: al 9 agosto sono 93.754 i migranti sbarcati in Italia a partire dal 1° gennaio.

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Migrazione

Migranti sbarcati in Italia negli ultimi tre anni (fonte: Dipartimento della Pubblica sicurezza)

Di fronte a questi numeri, con un decreto ontologicamente poco “meloniano”, lo scorso 7 luglio Meloni ha acconsentito all’ingresso in Italia di 425.000 stranieri fino al 2025, per coprire una domanda di manodopera stimata in 833.000 unità.

Questa apertura fa pensare che l’impegno a contenere i flussi a ogni costo – fino alla salita al governo appuntato su Fdi come un contrassegno – stia subendo un aggiustamento. Da un lato, infatti, la constatazione di Meloni che “l’Italia e l’Europa hanno bisogno di immigrazione” pare una versione parecchio aggiornata del #bastainvasione lanciato nel 2020 dall’attuale viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli; e tuttavia, dall’altro lato, il blocco delle ondate migratorie non pare riformato ma semplicemente demandato.

Il “modello Tunisia” e il non-esplicitato di fondo

Il proposito emerso nel summit di Roma sarebbe quello di sviluppare un Mediterraneo allargato, superando gli interventi isolati e avviando un’operazione di sistema sul “modello Tunisia“. Il riferimento cade sull’accordo che l’Unione europea ha siglato con il Paese del Maghreb il 16 luglio di quest’anno alla presenza della prima ministra italiana, con cui è stato previsto un sostegno finanziario dall’Europa in cambio di uno snellimento delle operazioni di rimpatrio che coinvolgono i tunisini entrati non regolarmente nei paesi dell’Unione.

Il punto di caduta ufficiale di questo modello cooperativo sarebbe la stabilità politica degli stati da cui provengono i migranti. E in effetti c’è in ipotesi l’istituzione di partenariati strategici e quella di una cassa internazionale per lo sviluppo economico e sociale delle aree più disagiate dell’Africa e del Mediterraneo. Eppure una traduzione più ufficiosa del Processo di Roma potrebbe svelare un non-esplicitato di fondo.

Detta per sommi capi: il Nord mette sul tavolo finanziamenti in cambio dei blocchi alle partenze assicurati dal Sud. Che poi questi sussidi europei vengano spesi anche per l’istruzione, la crescita economica diffusa a tutti e la tutela dei diritti umani (come da accordo formale) potrebbe non essere così decisivo. Anche perché il modello tunisino eletto a prototipo virtuoso durante la Conferenza, ha avviato alla celebrazione indiretta del presidente della Tunisia, Kaïs Saïed, che ha reso l’accordo possibile. Attivando tutti i cortocircuiti del caso.

Le speranze che il presidente della Tunisia può tradire

Saïed è stato il grande invitato. È intervenuto con toni severi ed enigmatici, confacenti allo sguardo che ha conservato. Ha ricordato Gheddafi per quell’intenzione sottesa di spiazzare la platea. Montando la propria argomentazione, ha cercato di schivare la diffidenza sui progressi politici della Tunisia pescando indietro di due secoli: “La Tunisia ha annullato la schiavitù nel 1847. Non possiamo accettare di essere Paese di passaggio nell’illegalità”.

Se l’abolizione della schiavitù sia una buona unità di misura per valutare lo stato di sviluppo di una nazione, è materia valida per i politologi. Ma pare indubbio che le speranze riposte in Kaïs Saïed esorbitino dai limiti di realtà. Da docente di diritto costituzionale sospese la Costituzione di una Tunisia considerata l’unico Paese uscito democratico dalle primavere arabe del 2011; è sostenitore della tesi del “complotto criminale secondo cui gli africani non arabi vorrebbero attuare una sostituzione etnica in Tunisia; a detta di Amnesty International, dal febbraio 2023 Saïed ha innescato un percorso di repressione, attraverso indagini fasulle e arresti nei confronti di almeno 21 persone, e una ondata di razzismo” rivolta ai subsahariani sfociata nell’arresto di almeno 840 migranti.

L’alternativa del controvertice “Counter Summit”

Proprio facendo leva su simili dati storici si sono articolate le analisi alternative. In particolare si è svolto il controvertice “Counter Summit”, organizzato a Roma da Mediterranea Saving Humans e Refugees in Lybia proprio in concomitanza alla Conferenza promossa dal governo italiano. Qui sono intervenuti attivisti provenienti da diversi paesi africani.

Per mettere in moto operazioni costruttive, di apertura regolamentata alla migrazione senza demandarla ad altri, per chi l’ha vissuta dall’interno il punto di partenza è chiaro e inaggirabile: innanzitutto vanno denunciate esattamente queste pratiche repressive, messe in atto dai governi che l’Europa considera partner strategici. Senza questo presupposto non può esserci discussione sulla migrazione. Né futuro per i migranti.

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Enrico Pruner

Enrico Pruner

Sono un insegnante di filosofia e collaboro con Buonenotizie.it e il Corriere del Trentino. Non credo nel mondo già dato, ma nei mondi da creare. E per me l'informazione fa mondo, come un creatore eclettico. Seguo il percorso di formazione per diventare giornalista pubblicista con l'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo.

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