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Cosa dobbiamo aspettarci dalla COP28 di Dubai?

Wopke Hoesktra, Commissario europeo per l'azione per il clima, e Ahmed Al Jaber, Presidente della COP28.

Wopke Hoesktra, Commissario europeo per l'azione per il clima, e Ahmed Al Jaber, Presidente della COP28.

Dal 30 novembre al 12 dicembre 2023, Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, ospiterà la COP28, la ventottesima edizione della Conferenza delle Parti ONU sui Cambiamenti Climatici.

Alla COP di Dubai, tra le varie priorità, i delegati si confronteranno sulla finanza per il clima e sul Global Stocktake, che consiste nella valutazione biennale dei progressi compiuti dagli Stati rispetto agli impegni assunti con gli Accordi di Parigi.

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Le Parti, inoltre, cercheranno di trovare un’intesa sulle modalità per rendere operativo il fondo per le Perdite e i Danni, un meccanismo finanziario, introdotto alla COP di Sharm el-Sheikh, che mira a fornire risorse per gli impatti irreversibili del cambiamento climatico, specialmente ai paesi più vulnerabili.

Nonostante l’importanza delle tematiche in agenda, negli ultimi mesi sono sorti dubbi e rimostranze che riguardano in particolare la presidenza dei lavori, la massiccia partecipazione di rappresentanti del settore dei combustibili fossili e la libertà di azione e manifestazione della società civile.

Le negoziazioni alla COP28 di Dubai

La presidenza della COP, a guida emiratina, ha stabilito quattro priorità per le prossime negoziazioni sul clima:

La due settimane di lavori, infine, sarà dominata dal dibattito sul Global Stocktake, un processo introdotto con gli Accordi di Parigi, che serve a valutare i progressi compiuti dagli Stati e a revisionare i loro obbiettivi di mitigazione, adattamento e finanza climatica, alla luce del loro impegno di ridurre l’aumento di temperatura di 2°C rispetto all’era preindustriale.

Le preoccupazioni della società civile alla COP28 di Dubai

Negli ultimi mesi, l’assegnazione della Presidenza della COP ad Ahmed al-Jaber ha sollevato numerose rimostranze da parte della società civile, vista la sua posizione di amministratore delegato presso la Abu Dhabi National Oil Company, principale compagnia petrolifera emiratina.

In particolare, gli attivisti sono preoccupati che il Presidente della COP possa influenzare negativamente le negoziazioni e agevolare le richieste dei rappresentanti del settore dei combustibili fossili.

Una preoccupazione acuita dal fatto che gli Emirati Arabi sono tra i dieci maggiori produttori di petrolio al mondo e che, per la prima volta, l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) avrà un padiglione dedicato all’interno della COP.

Tuttavia, secondo al-Jaber, il coinvolgimento dell’industria dei combustibili fossili è necessaria, vista la loro responsabilità storica e il possibile ruolo che potrebbero ricoprire nella risoluzione della crisi climatica, tramite investimenti e riconversioni.

In ogni caso, a tutte queste problematiche, si uniscono le numerose perplessità relative alle possibilità, per gli attivisti che arriveranno a Dubai, di far sentire la propria voce. In un Paese notoriamente conosciuto per la poca attenzione riservata ai diritti umani gli attivisti si chiedono quanto spazio di manovra avranno per manifestare e far valere il proprio diritto di advocacy.

Ma non solo: come riporta l’ONG Fairsquare, numerosi lavoratori stranieri, provenienti principalmente da Africa e Asia, stanno lavorando in condizioni non adeguate e a temperature pericolosamente alte, per ultimare le strutture che ospiteranno i negoziati.

Intanto, ci si aspetta che la COP di Dubai possa arrivare ad ospitare fino a 70.000 partecipanti, tra osservatori, giornalisti e delegati. Se così fosse sarebbe l’edizione più partecipata della storia.

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