Il 28 novembre il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha scritto sul social X (ex Twitter) le testuali parole: “Continuare sulla strada del terrore, della violenza, degli omicidi e della guerra significa dare a Hamas ciò che cerca”.

Una presa di posizione forte ed inequivocabile, quella del presidente degli Stati Uniti, che evidentemente teme ripercussioni su vasta scala in tutta la regione mediorientale. Si tratta di un messaggio chiaro, indirizzato soprattutto al governo israeliano, affinché non scivoli sul terreno di Hamas e lavori per la soluzione “due popoli – due Stati”.

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Le preoccupazioni di Biden

Lo scenario che teme maggiormente Joe Biden è probabilmente quello descritto dagli analisti Watson e Cropsey sull’ultimo numero della rivista statunitense National Review. Nella loro analisi – scrive il giornalista Federico Rampini sul Corriere del Sera il mondo è sottoposto all’offensiva di un nuovo Asse, analogo a quello che unì la Germania nazista, l’Italia fascista, e il Giappone militarista”.

Il “nuovo Asse” sarebbe formato da Russia, Cina e Iran. Ora, in uno scenario simile, premere il pedale dell’acceleratore nello scontro frontale con Hamas, significherebbe cadere esattamente nella trappola ordita dall’organizzazione palestinese,  favorendo così il consolidamento dell’asse anti-occidentale.

Hamas, infatti, dipende massicciamente dal sostegno iraniano e dalla sua longa manus che opera nel sud del Libano, cioè Hezbollah. D’altra parte, va ricordato che dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino, Teheran ha rinverdito la sua alleanza con Mosca e Pechino, ridando lustro ad un fronte anti-occidentale che patisce divisioni religiose, culturali e geopolitiche difficili da colmare.

Gli sforzi di Biden per impedire che attorno ad Hamas si compatti un fronte anti-occidentale

Eppure, la risposta energica del governo israeliano, che da giorni tiene sotto scacco la Striscia di Gaza, potrebbe avere l’effetto di sanare proprio le divisioni del fronte anti-occidentale.  Ed è questo il motivo per cui il segretario di Stato statunitense Antony Blinken si è recato per la terza volta dall’inizio del conflitto, a Tel Aviv. Il segretario di Stato sta spingendo la dirigenza israeliana ad un’estensione della tregua a Gaza.

Fonti del Washington Post riferiscono che il dialogo avvenuto il 30 novembre tra questi e le autorità israeliane, sia stato assai duro. Il segretario di Stato americano ha richiamato i suoi interlocutori, compreso Netanyahu, al rispetto del “diritto umanitario internazionale”. Sempre il quotidiano statunitense riferisce inoltre l’impegno di Blinken per “rilanciare la riflessione su un piano di governance per i territori palestinesi una volta finiti i combattimenti”. (Blinken delivers sharp message to Israel as resumption of war looms, 30 novembre)

Anche perché Biden e il suo entourage temono fortemente lo scoppio di un terzo fronte a Taiwan. Per il momento la dirigenza di Pechino sembra voler proseguire nella strada del dialogo. Ad ogni modo, secondo Washington, non bisogna abbassare la guardia. Occorre fare del tutto per smorzare il conflitto mediorientale, arrivando al più presto ad una tregua duratura. Tregua che dovrebbe poi condurre alla nascita di uno Stato palestinese, questa volta con tutti i crismi.

La consapevolezza dei rischi da parte di Biden e le forzature di Hamas

Certi timori, da parte della dirigenza statunitense, sembrerebbero essere avvalorati dalle forzature di Hamas. Infatti, come se non bastasse, il 30 novembre l’organizzazione islamica ha compiuto un altro attentato a Gerusalemme, che è costato la vita a tre vittime.

Biden si trova quindi stretto tra una realtà in continua evoluzione, e la preoccupazione che la situazione possa sfuggire completamente di mano. A tal proposito, le indiscrezioni pubblicate dal Times, il 1° dicembre, di certo non facilitano la situazione. Nelle mani del quotidiano londinese è piovuto un rapporto nel quale si attesta che le autorità israeliane erano a conoscenza, già da un anno, del piano di guerra di Hamas.  Tuttavia, funzionari e intelligence non lo hanno ritenuto credibile, derubricandolo a mera velleità senza alcun rischio per l’incolumità pubblica. (Israeli officials ‘dismissed Hamas attack plan as too ambitious’, 1° dicembre)

L’aspetto positivo è che esiste in seno alla dirigenza statunitense e cresce nell’opinione pubblica la consapevolezza che il persistere delle ostilità non giovi a nessuno. La frase di Biden rappresenta, dunque, qualcosa di più di un semplice messaggio. Suona piuttosto come monito e, al contempo, come direzione da imboccare per evitare rischi ben peggiori. Ed è proprio sulla strada di una maggiore consapevolezza dei pericoli che si corrono, su cui è necessario continuare a puntare.

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Diego B. Panetta

Diego B. Panetta

Giurista con specializzazioni in campo notarile, societario e canonistico. Accanto alle norme, una grande passione per la retta filosofia, senza la quale codici e leggi possono ben poco. Autore di tre libri, collabora inoltre con riviste specializzate e testate online, tra cui BuoneNotizie.it.

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