Recentemente in Groenlandia si sono tenute le elezioni per il nuovo Parlamento. Il partito Demokraatik (partito di centro-destra) ha ottenuto il 30,1% dei voti, mentre Naleraq (partito nazionalista) ha raggiunto il 24,1%. L‘Inuit (di centro-sinistra), il partito del governo uscente, ha preso solo il 21,6% e Siumut (partito ambientalista) il 14,9%.

Il partito vincitore non avendo la maggioranza assoluta, dovrà formare una coalizione di governo e delineare un percorso verso l’indipendenza, aspirazione condivisa dalla maggioranza dei cittadini groenlandesi.

Cos’è la Groenlandia e perché appartiene alla Danimarca

La Groenlandia, l’isola più grande del mondo dopo l’Australia, ha una superficie sette volte maggiore di quella dell’Italia, con una popolazione di circa 60.000 abitanti. Situata vicino al circolo polare artico, è coperta in gran parte da ghiacci perenni. Da secoli abitata dal popolo Inuit, chiamata Kalaallit Nunaat, è stata terra di conquista da parte di esploratori norreni ed evangelizzatori cristiani, poi è diventata colonia norvegese e danese.

Nel 1721 il missionario norvegese Hans Egede fondò le prime colonie commerciali lungo la costa. La Groenlandia nel 1814 passò sotto il dominio di Copenaghen, dopo la separazione della Danimarca dal Regno di Norvegia e solo nel 1953 divenne una regione regolarmente rappresentata nel Parlamento danese.

Nel 1973 la Groenlandia entrò a far parte dell’Unione Europea, con la Danimarca. Dopo il 1978 una legge ne riconosceva una discreta autonomia e nel 2009 un referendum sancì l’autogoverno e la gestione indipendente delle risorse naturali.

Il legame con la Danimarca e l’Unione Europea

Il referendum del 2009 ampliò ulteriormente l’autonomia groenlandese, conferendo al governo locale il controllo su molte competenze interne come sanità e istruzione. Oggi la Groenlandia è di fatto più autonoma in molte aree, ma la politica estera e la difesa restano sotto il controllo di Copenaghen.

Il legame più forte con la Danimarca è però rappresentato dagli oltre 500 milioni di euro che ogni anno da Copenaghen arrivano a Nuuk, capitale dell’isola, e che rappresentano una parte consistente del suo PIL.

È importante ricordare che la Groenlandia è parte integrante del Regno di Danimarca, e pur non facendo più parte dell’Unione Europea (da cui è poi uscita dal 1985), oggi è considerata uno dei territori d’oltremare dell’UE (Overseas Countries and Territories).

Più di recente l’interesse della Commissione Europea e dei Paesi dell’Unione per la Groenlandia è aumentato significativamente, a causa della necessità di ottenere accesso ai minerali e alle terre rare indispensabili per proseguire nella transizione energetica, senza dipendere da attori esterni come Cina o Russia.

L’UE punta a investimenti nel periodo 2021-2027 pari a 225 milioni di euro: nuovi progetti infrastrutturali, educazione, mitigazione del cambiamento climatico e in ambito di risorse strategiche.

Perché la Groenlandia è al centro degli interessi geostrategici

La Groenlandia è geograficamente posta tra diversi continenti: quello nordamericano a cui appartiene geograficamente, quello europeo da cui dipende politicamente ed economicamente, e l’area artica, con la sua costa nordorientale che si affaccia sull’Oceano Artico, di fronte alla Russia.
Trump aveva già lanciato l’idea di acquistare la Groenlandia durante il suo primo mandato, proposta prontamente respinta dalle autorità danesi e groenlandesi. Il neoeletto presidente americano, durante il suo nuovo insediamento, torna sul progetto di controllo della Groenlandia come strumento per salvaguardare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, in un contesto dove l’interesse cinese e russo per la regione artica è in crescita.

L’aspirazione dell’amministrazione Trump di controllare la Groenlandia è motivata anche dalla prospettiva di scioglimento dei ghiacciai artici, questo scenario porterà l’apertura di nuove rotte e la creazione di nuovi equilibri. Un’altra motivazione cruciale è proprio la presenza delle terre rare: sotto la calotta polare sembra ci sia ancora imprigionato il 20% delle riserve mondiali di tali risorse.

La Cina e la sua presenza in Artico

Gli Stati Uniti percepiscono la crescente presenza cinese nell’Artico come una minaccia. L’amministrazione americana sostiene che Pechino vuole aumentare i suoi investimenti e il coinvolgimento politico nella regione.

La Cina si definisce un Paese vicino all’Artico e nel 2018 ha pubblicato il documento strategico China Arctic Policy, in cui delineava i suoi interessi nello sfruttamento delle risorse naturali, nella lotta al cambiamento climatico e nella sicurezza.

Per via della crescente presenza cinese in Artico, la Groenlandia è divenuta oggetto di investimenti da parte di Pechino. Dal 2013 compagnie cinesi hanno partecipato a progetti di estrazione di zinco, ferro e terre rare. Questi investimenti sono stati accolti favorevolmente dal governo di Nuuk, che mirava ad ottenere maggiore indipendenza economica dalla Danimarca.

Nonostante Pechino non abbia mai supportato apertamente la separazione di Nuuk da Copenaghen per evitare ripercussioni sui propri affari interni, le preoccupazioni ambientali e le pressioni internazionali hanno portato alla sospensione di molti suoi progetti di estrazione. Ciò ha ridotto significativamente la presenza cinese in Groenlandia, spostando l’interesse di Pechino verso l’Artico russo, dove continua ad investire in estrazione di risorse naturali e infrastrutture di trasporto.

L’importanza strategica della Groenlandia per la Russia

Dal 2008, la Russia ha posto al centro degli obiettivi artici la protezione degli interessi economici e strategici. Per il Cremlino, il “GIUK Gap“, (termine militare che sta per Greenland-Iceland-United Kingdom Gap) indica un’area dell’Oceano Atlantico settentrionale che forma un punto di sbarramento che funge da “porta dell’Artico” e se non controllato potrebbe rappresentare uno strappo nel piano difensivo artico russo. Secondo la Russia, la base aerea americana di Pituffik è la prova che la presenza militare nel Mare Artico è aumentata, quindi per il Cremlino è necessario rafforzarne il controllo.

Nelle prossime settimane il leader del partito di centro-destra e futuro primo ministro groenlandese formerà una nuova coalizione di governo il cui programma dovrà elaborare “unpercorso lento e graduale verso l’indipendenza, perché prima vanno costruite salde basi economiche“. La sfida principale per la Groenlandia sarà mantenere rapporti di ferro con gli investitori esteri come UE, Stati Uniti e Cina, per poi proseguire nel processo di indipendenza. Tutto questo senza permettere a nessun attore di avere diritti esclusivi sull’isola e minacciarne così l’indipendenza politica.

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Gloria Scacchia

Aspirante giornalista pubblicista, ho lavorato per la Farnesina e l’OSCE, mi interesso di  Diritti Umani, Geopolitica, Società, Cultura e Attualità. Scrivo per Buone Notizie.it e frequento il master e il laboratorio di giornalismo costruttivo

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