Dopo anni di conflitto, la Siria si risveglia sotto una luce diversa pronta per affrontare le elezioni che trasformeranno il 2025 e il Medio Oriente. Le prime elezioni parlamentari dall’uscita di scena del regime di Bashar al-Assad, avvenuta nel dicembre 2024, hanno segnato l’inizio di una nuova fase per il Paese.
Le urne si sono aperte tra l’8 e il 10 ottobre in un clima sorprendentemente sereno, con una partecipazione civica superiore al 60%. La vittoria di Ahmed al-Sharaa, ex leader dell’opposizione moderata, ha confermato la volontà popolare di costruire un futuro più equo, inclusivo e stabile.
La parola chiave è chiara: riconciliazione. La Siria del 2025 non vuole più essere terreno di scontro, ma di dialogo. È l’inizio di un nuovo capitolo e, questa volta, le pagine vengono scritte collettivamente.
I primi passi verso una democrazia partecipativa
La fase elettorale appena conclusa non rappresenta solo un rito formale, ma un segnale concreto della volontà di cambiare. Per la prima volta dopo oltre un decennio, candidati provenienti da diversi contesti etnici, religiosi e politici hanno potuto competere in modo relativamente libero.
Il nuovo Parlamento, che comprende anche esponenti della società civile, della diaspora e delle minoranze curde, alawite e cristiane, avrà il compito di scrivere una nuova Costituzione entro il 2026. È una sfida enorme, fragile, ma carica di potenzialità. In un Paese frammentato per anni dalla guerra e da una forte divisione interna, la costruzione di un sistema democratico basato sulla rappresentanza e sul rispetto delle differenze è già, di per sé, un traguardo rivoluzionario.
Tra i primi provvedimenti annunciati, ne spiccano tre densi di significato per il cambiamento del Paese: la creazione di una commissione per la giustizia transitoria, il lancio di programmi per il ritorno sicuro degli sfollati, la riorganizzazione delle forze armate in un unico esercito nazionale.
Tutti segnali di un intento costruttivo e di una leadership che, almeno per ora, appare più orientata alla ricostruzione che alla repressione. Il messaggio della Siria è semplice: «Abbiamo sofferto troppo. Ora è tempo di ricominciare insieme e scrivere una nova storia, che segnerà un cambiamento già percepibile in questo 2025».
Ricostruzione economica e investimenti regionali
Sul piano economico, la Siria ha davanti a sé una sfida titanica, ma anche molte opportunità. Le infrastrutture, sino a questi mesi del 2025, sono state gravemente danneggiate, il PIL pro capite è crollato e milioni di persone vivono ancora in condizioni precarie.
Tuttavia, il clima politico più aperto ha già iniziato ad attrarre l’interesse di attori esterni. Arabia Saudita, Emirati Arabi e Turchia stanno finalizzando accordi di investimento in settori chiave come l’energia, le telecomunicazioni e l’edilizia. La Cina e alcuni paesi europei, come l’Italia e la Germania, stanno valutando forme di cooperazione umanitaria ed economica.
Un punto particolarmente positivo riguarda il lancio di un nuovo Piano di Ricostruzione Nazionale, coordinato insieme all’ONU e alla Banca Mondiale, che punta a creare 1 milione di posti di lavoro nei prossimi cinque anni. È il primo tentativo concreto, da oltre dieci anni, di pensare alla Siria come a un luogo dove si può vivere, lavorare, crescere, anziché fuggire.
Le iniziative locali, guidate da giovani imprenditori siriani rientrati dall’estero, contribuiscono a far fiorire nuove idee, imprese sociali e laboratori culturali. La Siria del 2025, insomma, sta lentamente tornando a essere una casa, e non solo un campo di battaglia.
Una nuova Siria per un nuovo Medio Oriente
Il cambiamento non riguarda solo la Siria. La trasformazione del Paese sta avendo già un impatto significativo anche sul contesto regionale. I primi segnali di disgelo tra Damasco e Beirut, l’apertura di canali diplomatici con Amman e il riavvicinamento al Cairo sono indizi di un nuovo approccio siriano: costruire ponti, non muri. Persino i rapporti con le autorità curde nel nord-est si stanno evolvendo in senso costruttivo, con un accordo storico per l’integrazione delle Forze Democratiche Siriane nell’esercito regolare.
In una regione spesso segnata da fratture profonde, la Siria potrebbe diventare un modello per altri Paesi, in un 2025 segnato da guerre e dall’instabilità nelle altre regioni del Medio Oriente: Ahmed al-Sharaa, seppur con le sue contraddizioni, da ex leader di Al Qaida, a nuovo presidente, potrebbe essere l’esempio di come si possa passare dal conflitto alla coesistenza, essendosi già presentato a Mosca nel settembre 2025 e ad altri leader europei, come nessun altro esponente siriano aveva fatto.
Certo, nulla è garantito. Il rischio di instabilità rimane alto e le forze contrarie al cambiamento non mancano. Ma il vento, oggi, soffia in un’altra direzione. E per la prima volta, dopo molto tempo, quella direzione porta verso la pace.
La Siria del 2025 è ancora un cantiere aperto: ma è un cantiere vivo, partecipato, ricco di idee, volti nuovi e speranze antiche. Le elezioni non hanno risolto tutto, ma hanno aperto uno spazio. Un varco attraverso il quale i siriani possono finalmente iniziare a immaginare il futuro. E forse, proprio in questo momento così fragile e prezioso, il mondo dovrebbe guardare alla Siria non con paura o rassegnazione, ma con solidarietà e fiducia. Perché se la pace è possibile qui, allora è possibile ovunque.
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