Great Resignation, un termine divenuto ormai noto che indica il fenomeno delle “grandi dimissioni o dimissioni volontarie“, coniato da Anthony Klotz, professore di Management all’Università del Texas. Una questione che riguarda principalmente i giovani: Millennials e Gen Z, sostenitori della filosofia YOLO (you only live once – si vive una volta sola), sempre più attenti al benessere e all’equilibrio tra il tempo dedicato al lavoro e alla vita privata.

Great Resignation: in Italia il fenomeno continua

Secondo uno Studio di Randstad 2023 in Italia il 29% dei lavoratori starebbe cercando attivamente un nuovo impiego e rispetto a questo indicatore il Paese si pone al terzo posto della classifica a livello globale. Tuttavia, come sottolineato dalla dottoressa Paola Rossi, consulente e business coach che da più di 20 lavora nell’ambito delle risorse umane, “la percentuale di persone che sta cercando un nuovo impiego sale al 38% se si considera solo la fascia d’età compresa tra i 25 e i 34 anni e in Italia, il fenomeno appare tutt’altro che concluso: il 44% delle organizzazioni registra un aumento di dimissioni volontarie negli ultimi 12-18 mesi. Dagli Stati Uniti arrivano dei segnali di assestamento che fanno presumere che tale movimento stia per concludersi, ma non è detto che questo capiti anche qui da noi, dove il mercato del lavoro è molto diverso”.

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Dimissioni volontarie: fuga o rinascita per i lavoratori?

Il periodo Covid e post Covid ha portato molte persone ad interrogarsi in merito alla propria situazione lavorativa e se questa rispondesse alle proprie aspirazioni. “In un primo momento – racconta Rossi – abbiamo assistito a dimissioni mosse dal desiderio delle persone di dedicarsi a impieghi totalmente nuovi. Nel post Covid poi, non abbiamo assistito solo a dimissioni di massa, ma anche ad un aumento importante delle separazioni e dei divorzi. È stato un periodo in cui ognuno ha messo in discussione ciò che aveva fatto fino a quel momento con il conseguente aumento dei due fenomeni sopramenzionati. Ben vengano le dimissioni se derivano da un percorso di riflessione che ha sviluppato una maggior consapevolezza e chiarezza su ciò che si vuole fare nella vita. Penso ad esempio a persone che hanno lasciato il posto fisso per dedicarsi ad attività in proprio, più in linea con le proprie passioni, in questo caso non parlerei di fuga ma di ‘rinascita'”. Considerazioni diverse, invece, vanno fatte per quelle persone che hanno dato le dimissioni perché non si sentivano apprezzate, non vedevano possibilità di crescita.

Le aziende possono trasformare le dimissioni volontarie in opportunità

Le aziende che hanno saputo leggere il fenomeno e che hanno aperto il dialogo con i propri collaboratori sono quelle che sono riuscite ad essere più attrattive e ad instaurare rapporti di fiducia con i lavoratori. “Sulla base della mia esperienza – continua Rossi – posso dire che sono aziende che già da anni avevano introdotto una cultura di attenzione alle esigenze dei collaboratori, con l’introduzione di welfare a sostegno delle famiglie, un concetto del lavoro basato sugli obiettivi e sulla capacità delle persone di essere autonome. Credo pertanto che la Great Resignation in Italia sia un’opportunità per le aziende di rivedere le loro politiche nei confronti del personale: comprendere le esigenze dei dipendenti, promuovere forme di flessibilità che aiutino a conciliare la vita privata con la vita lavorativa, ridurre le spese di mobilità, ma soprattutto trasmettere il senso dello scopo, dell’autonomia assegnando task e obiettivi precisi”.

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Giulia Angelon

Giulia Angelon

Mi piace esplorare l’esistenza, osservandone i misteri e sperimentando la forza creatrice che genera l'atto di comunicare quando nasce dall’ascolto e dal dialogo. Per BuoneNotizie.it scrivo di benessere e innovazione in chiave culturale, imparando l’arte di esserci nelle cose con intensa leggerezza.

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