“Desideriamo ispirarti attraverso la visione di un mondo migliore”. E’ la mission di questa testata, da qualche anno a questa parte, a cui abbiamo dovuto aggiungere “dal 2001”, giusto perché non si confondesse con l’omonima e recente iniziativa del Corriere della Sera (e su questo dedicheremo certamente un approfondimento).

Ma le “buone notizie” esistono? E soprattutto cosa intendiamo per “buone notizie”? Abbiamo iniziato 16 anni fa con l’idea di proporre ai lettori un’alternativa alla mole di notizie negative e scoraggianti che, ancora oggi, dominano su tutti i mass-media.

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Da oggi non vogliamo più parlare di buone notizie, ma di giornalismo costruttivo perché la nuova domanda che dobbiamo farci è un’altra.

Che impatto avranno nella tua giornata le notizie che leggerai oggi? Non distinguiamo più, quindi, le cattive notizie da quelle buone, tutte soggette al giudizio, diverso, di ciascuno di noi. Distinguiamo piuttosto le notizie che lasciano il lettore senza speranza, senza visione del futuro, senza soluzione, e con un senso di impotenza, rabbia e frustrazione, e le notizie che riportano i fatti in modo oggettivo e con un approccio che esplora chi e come altre comunità, paesi, governi, organizzazioni, persone, hanno trovato una soluzione al problema, al fatto che ci si limita a descrivere per quello che è.

Un nuovo giornalismo è possibile se si adotta un orientamento proiettato verso il futuro, con l’obiettivo di generare ispirazione e fiducia, se il giornalista si pone come facilitatore rispondendo a domande come “Cosa faremo dopo questo fatto? Quale soluzione potremmo adottare per evitare che accada di nuovo? Come è stato risolto problema altrove? Quali sono state le best practise nel passato?”, con la curiosità e lo spirito anche che anche il giornalismo investigativo si è sempre posto, ma che ha svolto finora il lavoro del giudice alla ricerca di vittime e colpevoli per lasciarci alla fine con un inutile pugno di mosche e tanta indignazione.

Secondo un sondaggio del Reuters Institute svolto nel 2017 (Reuters Digital News Report 2017)

il 48% degli intervistati ha dichiarato di non seguire più le notizie perché hanno un impatto negativo sul loro umore

sondaggio_reuters_news_avoidance

Il secondo motivo per cui gli utenti non si informano più è che non credono più alle notizie

Ecco dunque un’altra conseguenza del modo di fare informazione oggi: la perdita di credibilità verso la professione giornalistica. Secondo un sondaggio che viene condotto ogni anno in Danimarca, la fiducia del pubblico nella professione del giornalista è in fondo alla scala insieme ai tassisti, gli agenti immobiliari, i venditori di auto e i politici (fonte Constructive Institute). E non è un problema solo nord-europeo.

sondaggio_credibilita_giornalisti

Che sia giunto dunque anche per i media il tempo di cambiare? Come disse Victor Hugo:

“Niente è più potente di un’idea quando è arrivato il suo momento”

 

Editoriale di Silvio Malvolti, fondatore di BuoneNotizie.it 

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Silvio Malvolti

Silvio Malvolti

Ho fondato BuoneNotizie.it nel 2001 con il desiderio di ispirare le persone attraverso la visione di un mondo migliore. Nel 2004 ho costituito l'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo, che oggi gestisce questa testata: una sfida vinta e pluripremiata.

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