Improvvisamente dopo l’attacco di Hamas si è iniziato a parlare dei kibbutz. Cosa sono, quando sono nati e cosa sono diventati? Il kibbutz, termine ebraico che in italiano significa “ritrovo”, è un piccolo villaggio autosufficiente, una comunità volontaria tipica di Israele, un modello irripetibile in altre parti del mondo.

Quando nasce il kibbutz a Israele

La storia del kibbutz inizia nei primi anni del Novecento, quando gruppi di giovani ebrei dell’Europa orientale emigrano in Palestina ispirati dai principi del socialismo e sionismo. Durante il quinto Congresso Sionista in Svizzera nasce il Fondo Nazionale Ebraico proprio per finanziare l’acquisto dei terreni in Israele, con l’obiettivo di creare comunità agricole cooperative, piccole unità produttive di 30 o 40 persone, chiamate kvutzot ossia “gruppo”, prevalentemente concentrate nell’agricoltura.

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La filosofia dietro la creazione del kibbutz

Nel 1909 nasce il primo kibbutz a sud del lago di Tiberiade, nel punto di congiunzione con il letto del fiume Giordano, chiamato Degania Alef, il cui nome deriva dall’ebraico dagan, cioè chicco di grano . L’obiettivo iniziale è coltivare la terra e costruire una società basata sull’uguaglianza, la mutualità e la solidarietà, i principi filosofici del sionismo laburista. Una comunità volontaria in cui le persone vivono secondo uno specifico contratto sociale, basato su principi egualitari e comunitari in un quadro sociale ed economico socialista.

Le principali caratteristiche del kibbutz sono quindi l’adesione al collettivismo della proprietà con un carattere cooperativo, uguaglianza tra uomini e donne che hanno gli stessi diritti e la consapevolezza che ogni membro sia parte di un’unità più grande della sua stessa famiglia.

Gli elementi funzionali e fondamentali

Negli anni i kibbutz hanno lasciato un’impronta indelebile nello sviluppo della produzione e della cultura israeliana: essi prevedevano che tutto il reddito generato dai suoi membri va in una cassa comune, utilizzato per gestire il kibbutz, fare investimenti e garantire aiuto reciproco tra chi li abita. I membri del kibbutz ricevono lo stesso budget (a seconda delle dimensioni della famiglia), indipendentemente dal lavoro o dalla posizione.

Il kibbutz è governato attraverso un sistema di democrazia partecipativa diretta, in cui l’individuo può influenzare direttamente le questioni e gli eventi della comunità. Durante i primi anni del 1948 e per i successivi, i kibbutz assunsero un ruolo di primo piano nel neonato stato di Israele.

Il kibbutz oggi

Nel tempo, il modello iniziale ha affrontato numerose sfide: dalla crisi economica degli anni ’80, alla crescente individualizzazione della società israeliana; molti kibbutz hanno dovuto ridefinire se stessi per sopravvivere e introdotto cambiamenti significativi, come l’adozione di pratiche più capitalistiche o la riduzione dell’enfasi sul collettivismo puro, mentre altri sono rimasti fedeli ai principi originari.

Oggi, il kibbutz continua a rappresentare un elemento unico e distintivo del paesaggio culturale israeliano: alcuni si sono adattati trasformandosi in centri di innovazione e imprenditorialità, mentre altri mantengono un approccio più tradizionale. Nonostante le trasformazioni, queste realtà rimangono testimoni di una fase storica cruciale e conservano un’eredità di solidarietà, innovazione e resistenza.

I diversi caratteri dei kibbutz sono dettati dalle loro origini storiche, dall’età dei membri, dal generale successo sociale, finanziario e dalla sicurezza; oggi l’1,7% della popolazione  israeliana vive in 267 kibbut e molti si occupano anche di industria, turismo e servizi.

Il modello NSWAS Oasi della Pace

Un caso particolare è rappresentato dal kibbutz Nevé Shalom in ebreo o Wahat al-Salam in arabo, tradotto in italiano Oasi della Pace, dove vivono insieme ebrei e palestinesi, tutti di cittadinanza israeliana. Equidistante da Gerusalemme e da Tel Aviv,  è stato fondato nel 1972 su un terreno di 100 acri preso in affitto dal vicino monastero di Latrun. All’inizio le famiglie residenti erano 30, oggi sono un centinaio e altre nuove persone vi stanno costruendo le loro case.

La comunità è fondata sui valori dell’accettazione, del rispetto reciproco e della cooperazione. Il villaggio è gestito in modo democratico e non è affiliato ad alcun partito o movimento politico. Neve Shalom Wahat al-Salam è un insieme di famiglie (l’unica, in Israele), in cui metà sono ebrei e metà palestinesi, che hanno scelto di abitare e far studiare i propri figli insieme, dando vita a un modello concreto di coesistenza alla pari e lavorano per costruire il dialogo.

Nella comunità si parlano entrambe le lingue, ebraico e arabo, coesistono le pratiche di entrambe le religioni. Il sistema educativo è bilingue e va dall’asilo dal nido alla scuola primaria e comprende corsi di educazione alla pace e gestione del conflitto per giovani e adulti. Oltre a un Centro Spirituale Pluralistico di comunità e di un Museo della pace, nel 2015 nel paese è stato inaugurato il Giardino dei Giusti.

I membri di Nevé Shalom Wahat al-Salam sono la dimostrazione tangibile che ebrei e palestinesi possono vivere insieme, un modello che continua a resistere nonostante sia circondato da un conflitto quasi permanente.

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Gloria Scacchia

Gloria Scacchia

Aspirante giornalista pubblicista, ho lavorato per la Farnesina e l’OSCE, mi interesso di  Diritti Umani, Geopolitica, Società, Cultura e Attualità. Scrivo per Buone Notizie.it e frequento il master e il laboratorio di giornalismo costruttivo

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